Il potere dell’arte e della cultura emerge come un alleato fondamentale nella lotta contro la violenza di genere. Infatti l’arte ha la capacità di evocare emozioni, stimolare riflessioni e raccontare storie che possono cambiare la percezione della violenza. Per esempio, attraverso il teatro, la musica, la danza e le arti visive, gli artisti possono affrontare tematiche complesse, rendendo visibili le esperienze di coloro che hanno subito violenza. Opere teatrali come “The Vagina Monologues” di Eve Ensler o il progetto “One Billion Rising” hanno messo in luce le problematiche legate alla violenza, creando uno spazio per il dialogo e la condivisione.
L’arte offre anche spazi di riflessione e guarigione per le vittime di violenza. Progetti artistici che coinvolgono le persone colpite possono diventare strumenti di empowerment, permettendo loro di esprimere le proprie esperienze e di riprendersi il controllo della propria narrazione. Iniziative come il “Women’s Storytelling Project” hanno dimostrato come il racconto attraverso l’arte possa favorire un processo di cura e reintegrazione.
Ci sono, poi, diversi studi sul potere della letteratura nell’influenzare le opinioni e le norme sociali. La letteratura potrebbe essere uno strumento efficace che accompagna diverse forme d’arte, promuovendo campagne artistiche per sfidare gli stereotipi di genere e creare modelli positivi di relazioni tra i sessi. Dentro i film può essere presente la poesia, così come dentro le canzoni, quindi le diverse forme d’arte, insieme, possono trattare temi di violenza e resilienza, ispirare il cambiamento e mobilitare le comunità.
Lezioni d’amore e nuove rappresentazioni tramite l’arte
La rappresentazione positiva delle donne e il racconto delle loro storie di successo contribuiscono a costruire un’immagine alternativa rispetto alla narrativa dominante. A questo scopo le collaborazioni intersettoriali sono fondamentali, perché massimizzano l’impatto dell’arte e della cultura.
Le collaborazioni tra artisti, educatori, attivisti e istituzioni creano delle sinergie tra questi diversi attori. In questo modo, si possono creare progetti innovativi su larga scala, capaci di raggiungere un pubblico ampio e diversificato. Questo perché l’arte e la cultura non sono solo strumenti di intrattenimento, ma risorse vitali per affrontare le questioni sociali e promuovere un cambiamento positivo.
Investire in iniziative artistiche e culturali può contribuire significativamente a combattere la violenza di genere, creando una società più giusta, empatica e consapevole. La bellezza dell’arte risiede nella sua capacità di unire le persone, stimolare il pensiero critico e, infine, promuovere la pace e il rispetto tra i generi. Le proposte possono essere innumerevoli e diversificate. Attraverso dipinti, sculture e installazioni, dialoghi poetici, dibattiti letterari, gli artisti possono veicolare il tema della violenza di genere anche in una chiave propositiva, creando opere che non solo raccontano storie, ma stimolano riflessioni profonde e coinvolgono il pubblico in un dialogo necessario.
Dialoghi artistici per proporre nuovi schemi comportamentali
Il dialogo comporta coinvolgimento, nuove idee, ma anche consapevolezza che la società è una somma di tutti noi, che rappresentiamo la totalità. Ciascuno di noi può fare la differenza. Per esempio, pensiamo all’arte visiva: ha un enorme potere di penetrazione e, mentre scrivo, mi viene in mente l’opera “La Donna che Piange” di Pablo Picasso. Questa celebre opera, realizzata nel 1937, è un potente simbolo di sofferenza e perdita. Sebbene non sia specificamente dedicata alla violenza di genere, la sua intensa espressione emotiva parla della fragilità umana e delle esperienze dolorose che molte donne vivono. Picasso, attraverso l’uso del colore e della forma, riesce a trasmettere il dolore e la vulnerabilità, invitando lo spettatore a riflettere sulle ingiustizie.
E come non citare Frida Kahlo! Mitica icona dell’arte femminista, che usò perfino il suo corpo e le sue esperienze personali per esplorare temi di identità e sofferenza. In “The Broken Column”, Kahlo rappresentò la sua vulnerabilità fisica e psicologica dopo un incidente stradale, ma il dipinto può essere interpretato anche come una metafora della violenza subita dalle donne. La colonna vertebrale spezzata simboleggia la rottura del corpo e dell’anima, richiamando l’attenzione sulla fragilità delle donne di fronte a esperienze traumatiche. Sempre Frida Kahlo, nel 1935, descrisse la violenza omicida contro le donne nella sua opera “Pocos Piquetitos” (Pochi taglietti). In questo dipinto l’artista è partita da un fatto di cronaca che raccontava di un uomo ubriaco che per gelosia aveva pugnalato venti volte la sua fidanzata e che, senza pensarci troppo, sosteneva di averle fatto solo “qualche taglietto”. Attraverso le opere di artisti come Frida, che affrontano il tema della violenza di genere, possiamo non solo riconoscere e denunciare questa realtà, ma anche lavorare per costruire una cultura di rispetto e uguaglianza.
Se pensiamo poi all’effetto delle immagini, unito a quello della gestualità, delle parole, il teatro ha da sempre svolto un ruolo fondamentale nella riflessione sociale e nella formazione di opinioni. Attraverso la rappresentazione di storie reali e immaginarie, il teatro può contribuire a creare modelli positivi e a promuovere la parità di genere. Opere teatrali che affrontano il tema della violenza di genere, come “The Vagina Monologues” di Eve Ensler, non solo danno voce alle esperienze delle donne, ma incoraggiano anche il pubblico a confrontarsi con le proprie convinzioni e pregiudizi. Le performance teatrali possono fungere da piattaforme per l’empowerment, offrendo agli attori e alle attrici l’opportunità di esplorare ruoli complessi e sfumati, lontani dagli stereotipi tradizionali. Attraverso la narrazione di storie di superamento, il teatro promuove modelli di comportamento positivi e relazioni sane, ispirando il pubblico a riflettere su come agire nella propria vita quotidiana. Inoltre, il teatro comunitario può coinvolgere direttamente le persone nelle discussioni sui temi della violenza di genere.
Laboratori e produzioni che invitano il pubblico a partecipare attivamente non solo aumentano la consapevolezza, ma offrono anche uno spazio sicuro per l’espressione e il dialogo. Questa interazione può creare un senso di comunità, facilitando la costruzione di reti di supporto e la diffusione di messaggi di rispetto e uguaglianza.
In tutte le forme d’arte c’è spazio per la parola poetica, che senza dubbio si manifesta attraverso l’uso di immagini che ci riportano a tessuti simbolici per condividere esperienze di illuminazione. Arricchite dalla contaminazione con altre forme d’arte, utili a inaugurare un modello di cosmogonie efficace, perché arricchito da tante dimensioni simboliche (come la musica, il cinema, la pittura, la scultura, il teatro), la poesia è dove cristallizzare nuovi schemi di relazione, non solo cognitivi, ma esperienziali, corporali, che rinviano a realtà palpabili, capaci di sorreggere la riflessione.
Creazione di una rete artistica culturale e pedagogico-educativa
La rete che si crea è complessa e di varie tonalità, temi, modelli rappresentativi, con momenti di ricchezza estetica, intellettuale, emotiva. Consapevole di tutta questa ricchezza, con il mio libro «Di un’altra voce sarà la paura», pubblicato da Leonida edizioni, per trattare la violenza di genere, durante le presentazioni ho pensato e trasmesso dei contenuti al pubblico sull’importanza di progettare laboratori artistici nelle scuole per promuovere nuovi moduli comportamentali. Ho pensato all’utilità di rivisitare il linguaggio artistico e poetico per orientare le nuove generazioni verso il cambiamento.
La comunicazione è la perla della bocca e l’arte del linguaggio ha la capacità di rischiarire le immagini mentali fino alla trasparenza. Giudico tale capacità, più di ogni altra, adatta a risolvere un dissidio che sovente ci turba con violenza, il dissidio tra la parvenza esteriore e la profonda realtà della vita.
L’arte non ha fini ma può divenire uno strumento di “purovisibilismo”, che entrando in rapporto con la violenza, libera… di una liberazione che lacera convenzioni, pregiudizi, creando nuovi mondi pur rimanendo nel mondo. La poligenetica unificata del linguaggio artistico, può divenire un metodo per ricomporre non solo l’indicibile molteplicità dei comportamenti umani ma potrebbe usare il metodo evocativo per sviluppare empatia verso l’altra persona, con un reticolo congetturale, che con trama movimentata, crea nuove soluzioni per affrontare sentimenti come perdita, possesso, rabbia e pulsioni istintive.
L’arte è uno strumento da sfruttare per l’education peer, per aprire il dibattito, per potenziare la sensazione del pubblico di essere soggetti agenti del cambiamento sociale, in grado di trasmettere nei pari le conoscenze, gli atteggiamenti che consentono di sviluppare una maggiore consapevolezza e una maggiore comprensione del fenomeno.
Una campagna di comunicazione che usa la poesia e le altre forme d’arte per creare un iniziale sconvolgimento dei presenti, una mimesi del fenomeno violenza di genere e per parlare della drammaticità del trauma di stupro, può proporre anche il contrario della violenza, può documentare il benessere che un gruppo di persone o una società potrebbe godere se si crea empatia verso l’altro, se si educa alla stima, al rispetto reciproco tramite un’educazione sentimentale ed emotiva. Tutto questo senza lasciarsi travolgere da una società in cui predominano condizioni di produzione e accumulo di oggetti, in cui l’arte diviene solo un accumulo di spettacoli. Il vissuto deve accompagnare la rappresentazione e l’arte si deve impegnare nel recupero dell’immagine che sia atto di pensiero, addentrarsi nella realtà acquistando non solo durata ma dando vita a un contesto spazio-temporale, che esalti l’importanza del linguaggio, con un nuovo atteggiamento, capace di seminare il seme della liberazione incontaminato, che allontani quel sistema di produzione che fa immaginare il corpo femminile come un’altra merce.
L’arte si deve poi impossessare del vuoto tra cultura e vita, penetrare l’esistenza, conservando la propria carica sovversiva e provocatoria, per guadagnare una funzione sociale, con un alto quoziente didattico, gnoseologico e pragmatico, atto a trasformare la tendenza alla violenza dell’uomo.
Conclusioni
L’arte non è terapeutica, perché non ha un fine, né una funzione; non può curare, né trascendere, né cambiare le persone o il mondo, ma può aiutare emozionalmente a guarire senza che si sappia come e perché. L’arte ha i suoi mezzi per riparare, attraverso il linguaggio, sia esso verbale, gestuale, visivo. Usare l’arte come strumento può fare parte di quegli interventi culturali volti a cambiare le narrazioni di genere.
Per questi motivi e con queste premesse viene a configurarsi un’unione solidale degli artisti con la storia dei singoli, della loro responsabilità di singoli di fronte all’impegno morale della vita.
Come ben si sa, la cultura permea tutti gli aspetti della vita umana: dagli aridi testi giuridici ai colori vibranti, ai ritmi ed emozioni della creatività e del gioco artistico e scientifico. La cultura è il modo in cui assegniamo significato alle cose. I lessici culturali possono essere modulati tramite l’arte per migliorare la nostra comprensione, risposta e impegno nei confronti del mondo umano, naturale e fabbricato.
La cultura incarna la nostra umanità collettiva, è capace di nutrire grandi menti creative e promuovere innovazione, anche attraverso il piacere. L’arte è uno strumento utile per modificare i comportamenti, per agire sulla mentalità e cambiare gli schemi mentali di una società, quindi strumento per cambiare modelli culturali.
La cerniera tra ricostruzione di un nuovo modello formale, tra il momento di riconoscimento dei valori della donna in una società è guidata dalla cultura, ma l’arte può essere una componente fondamentale e un veicolo privilegiato per comprendere che evolversi vuol dire relazioni basate sul rispetto ed equilibrate.