L’inclusione nella vita pubblica passa anche per la Lingua dei Segni

L’inclusione nella vita pubblica passa anche per la Lingua dei Segni

Sono molte le persone che credono che esista una sola lingua dei segni, universale e condivisa da tutte le persone sorde del mondo, e che questa sia stata inventata, creata a tavolino da chissà chi. In realtà è importante sottolineare che esistono molte lingue dei segni nel mondo e che sono tutte diverse tra loro.

Immaginatevi di essere sordi. Ora facciamo finta di essere in terza superiore, durante una lezione di storia. Siete in prima fila perché così riuscite a leggere meglio le labbra della professoressa. Riuscite a seguire la maggior parte della spiegazione, anche grazie allo schema che vi ha fornito il professore di sostegno. Vi perdete qualche informazione che dà la professoressa, ma nulla di fondamentale. La professoressa indica una compagna dietro di voi, forse perché ha fatto una domanda? Vi girate velocemente sperando di riuscire a capire cosa stia chiedendo, troppo tardi: vi perdete l’inizio della frase e non capite cosa stia dicendo. Vi girate verso la professoressa per capire almeno la risposta. Niente, troppo tardi anche questa volta. La professoressa, dopo aver risposto, si gira per scrivere alla lavagna una serie di date. Non riuscite a leggere le labbra perché è di spalle. A cosa faranno riferimento quelle date? Cercate negli schemi. Nulla. I compagni si alzano e cominciano a girare per la classe. Forse è suonata la campanella? Provi a fare quattro chiacchiere con un compagno di classe ma sta mangiano un panino e fai troppa fatica a leggere le sue labbra. Finita la ricreazione entra il professore di sostegno. Ti aiuta per quanto possibile, ma fai fatica anche con lui: non parla la Lingua dei segni italiana, la tua lingua, la lingua con la quale per te sarebbe tutto molto più semplice.

Questo che per noi è stato solo un breve gioco di immaginazione è la realtà di molte scuole italiane, dove gli studenti sordi hanno un accesso solo parziale alle lezioni e alla vita di classe. La maggior parte degli studenti sordi si trovano in classe con compagni e insegnanti udenti che non conoscono la Lingua dei segni italiana (LIS) e non hanno alcuna conoscenza riguardante la sordità. Gli studenti più fortunati sono affiancati da un’assistente all’autonomia e alla comunicazione che, a volte, conosce la LIS. Questa professione non è però riconosciuta dallo Stato e a volte i professionisti selezionati hanno poche o scarse competenze, e anche quando sono competenti, sono spesso sottopagati, rimbalzati da una scuola all’altra senza obbligo di continuità e presenti a scuola per poche ore alla settimana.

La Lingua Italiana dei Segni (LIS)

Sono molte le persone che credono che esista una sola lingua dei segni, universale e condivisa da tutte le persone sorde del mondo, e che questa sia stata inventata, creata a tavolino da chissà chi. In realtà è importante sottolineare che esistono molte lingue dei segni nel mondo e che sono tutte diverse tra loro. In Italia, per esempio, si usa la lingua dei segni italiana (LIS), che è diversa dalla lingua dei segni tedesca (DGS) o dalla lingua dei segni keniota (KSL). Questo perché le lingue dei segni non sono state create, ma si sono sviluppate naturalmente esattamente come è successo per le lingue vocali, alcuni studiosi pensano addirittura che siano nate prima le lingue dei segni delle lingue vocali. 

La comunicazione visivo-gestuale nell’antichità

La prima testimonianza scritta riguardante una comunicazione visivo-gestuale tra persone sorde, tuttavia, la si trova nel Cratilo di Platone. In questo dialogo Socrate discute con Ermogene dell’ipotetico scenario di non possedere la voce e propone come alternativa l’uso di quelli che lui definisce i “gesti dei muti” descrivendoli come un’espressione naturale basata sull’imitazione della realtà attraverso le mani ed il corpo. Non possiamo sapere con sicurezza se questo metodo comunicativo riportato da Platone sia un antenato delle attuali lingue dei segni, ma è interessante notare come lo stesso filosofo descrive questo metodo comunicativo come naturale e veicolato attraverso le mani ed il corpo, esattamente come le lingue dei segni attuali. Nel successivo periodo storico comincia a crearsi una vera e propria discriminazione delle persone sorde che, nel diritto romano, risultano prive di diritti e il cui metodo comunicativo, nel medioevo, viene considerato come pantomima e condannata dall’ambiente religioso come una forma di espressione animalesca e legata a passioni terrene ed incontrollate. Ma è proprio grazie ad alcune realtà religiose che la comunicazione visivo-gestuale si sviluppa e viene trasmessa. Nelle comunità dei monaci cistercensi, osservanti della regola del silenzio, vengono infatti utilizzati i segni monastici, utili a comunicare all’interno degli edifici religiosi senza proferire parola. Non è possibile, ancora una volta, trovare una correlazione tra i segni utilizzati all’epoca in ambito religioso e quelli delle lingue dei segni nonostante alcuni linguisti ritengano che esistano alcune somiglianze tra i segni utilizzati dai monaci e quelli di alcune lingue dei segni attuali. 

Le riflessioni sul linguaggio gestuale

La nascita del metodo manuale nel Settecento è dovuta ad alcune riflessioni condotte nei due secoli precedenti: la prima riportata dal filosofo Descartes in Discours de la Méthode. Composto nella prima metà del ‘500. L’autore sottolinea come il linguaggio sia una caratteristica propria ed imprescindibile dell’uomo, tale che perfino gli individui “sordi e muti”, come definiti dal filosofo, sviluppano autonomamente alcuni segni che diventano poi il loro mezzo di comunicazione. Anche un secondo filosofo, Francis Bacon fa riferimento alla comunicazione visivo-gestuale sottolineando come non solo si vedano persone sorde che comunicano attraverso i segni, ma come questi instaurino conversazioni anche con udenti che hanno appreso questo metodo di comunicazione. Agli inizi del Settecento, infine, Diderot compara le lingue dei segni alle lingue vocali sottolineando come anche queste intrattengano un rapporto diretto con il pensiero umano, che risulta essere diverso da quello delle lingue orali, ma ad esso equiparabile. 

La sintesi delle lingue dei segni

Le persone sorde e le lingue dei segni sono state, soprattutto in tempi antichi, private dei loro diritti e del loro status, considerate inferiori e discriminate. Il primo a portare l’attenzione della comunità scientifica dell’effettivo valore delle lingue dei segni è, nel 1960, William Stokoe con la sua opera Sign Language structure. Per la prima volta la struttura delle lingue dei segni viene del tutto equiparata a quella delle lingue orali. Sulla scia delle ricerche condotte sulla Lingua dei segni americana (ASL) le lingue dei segni hanno cominciato a destare sempre più interesse nella comunità linguistica e dei ricercatori. In Italia solo alla fine del secolo scorso iniziano a fiorire ricerche linguistiche sulla LIS e sulle lingue dei segni. Anche in tali ricerche gli autori rilevano come lingue dei segni e lingue orali siano simili e differiscano non per complessità o potenza semantica, ma semplicemente per l’utilizzo di diversi canali quali il visivo-gestuale per le prime e l’acustico-vocale per le seconde. Anche la LIS viene quindi definita linguisticamente come vera e propria lingua, avente la stessa complessità e ricchezza delle lingue vocali. È importante sottolineare come LIS, così come le altre lingue dei segni, ha inoltre una grammatica propria, diversa da quella dell’italiano, ed è una vera e propria lingua con una sua fonologia, una sua sintassi e una sua storia, indipendente da quella dell’italiano orale.

Il riconoscimento della LIS

Nonostante le ricerche linguistiche siano concordi nell’affermare il valore delle lingue dei segni come pari a quello delle lingue orali, moltissimi Stati non riconoscono la propria lingua dei segni come tale, togliendo di fatto diritti ed accessibilità alle persone sorde e contribuendo così allo stigma che vede le lingue dei segni come lingue di serie B. Il Parlamento italiano ha finalmente riconosciuto la LIS il 19 maggio 2021, approvando l’articolo 34-ter del Decreto Sostegni con il quale «la Repubblica riconosce, promuove e tutela la Lingua dei Segni Italiana (LIS) e la Lingua dei Segni Italiana Tattile (LIST)», riconoscendo inoltre la figura professionale degli interpreti LIS e degli interpreti LIST. Ultimo tra gli Stati europei, anche l’Italia ha quindi riconosciuto alla LIS lo status di lingua rendendo quindi possibili una serie di diritti linguistici, e non solo, alle persone sorde. Dal 19 maggio 2021 ad oggi, purtroppo però, non è stato fatto alcun passo avanti a livello statale. I luoghi pubblici come scuole, comuni e ospedali rimangono ancora inaccessibili alle persone sorde e il riconoscimento della lingua dei segni italiana rimane ancora, pur se di valore, una scritta su un foglio di carta.

LIS a Scuola: Un Approccio Educativo Progressivo

È interessante come la storia delle lingue dei segni europee e della lingua dei segni americana siano strettamente legate alla storia dell’educazione delle persone sorde. È, infatti, nei secoli Cinquecento, Seicento e Settecento che si sviluppano i primi metodi educativi per persone sorde. Il principale obiettivo degli educatori è però quello di insegnare alle persone sorde le lingue orali, perché siano in grado di comunicare con le persone udenti utilizzando la lingua di maggioranza. In questi secoli si avvia un vero e proprio mercato di metodi educativi che è possibile dividere in due grandi categorie: il metodo manuale, che si sviluppa successivamente e che si basa sull’uso di alcuni segni o su una lingua dei segni, ed il metodo oralista, in cui si vieta l’uso delle mani e ci si focalizza sulla rieducazione articolatoria vocale. 

Il metodo manuale vs il metodo oralista

Intorno al ‘700 inizia un periodo di sviluppo di un’educazione dedicata alla persone sorde, ma l’accesso all’istruzione è appannaggio delle sole famiglie benestanti che potevano permettersi di assumere un educatore privato che istruisse i figli sordi.  Nel 1760 è l’abate de l’Epée, grazie a dei finanziamenti statali, ad avviare una vera e propria scuola, l’Institut National des sourds-muets, dove i bambini e ragazzi sordi francesi possono apprendere la lingua orale. De l’Epée, pur essendo il principale fautore e diffusore del metodo manuale, non riconosce, tuttavia, il vero valore delle lingue dei segni, ma le concepisce solo in funzione dell’apprendimento delle lingue orali. Nei decenni successivi si vanno a diffondere, sia in Francia che in tutta Europa, istituti per sordi dove viene utilizzato il metodo manuale. Questi istituti contribuiscono alla diffusione e allo sviluppo delle lingue dei segni. L’esponenziale crescita nell’uso del metodo manuale e lo sviluppo delle lingue dei segni come vere e proprie lingue e non più come mero strumento di rieducazione per i bambini sordi spaventa, a partire dagli inizi dell’Ottocento, la comunità degli educatori, soprattutto di quelli che rimanevano fedeli al metodo oralista. Per questo motivo nel 1880 viene organizzato, dietro la promozione da parte di tre educatori italiani, il Congresso di Milano, che avrà un forte impatto sull’uso e sullo sviluppo delle lingue dei segni nei secoli a venire. Con il congresso viene decretato il divieto dell’uso delle lingue dei segni sia durante le lezioni che al di fuori di queste, in tutti gli istituti per sordi d’Europa. Con ciò si avvia un periodo di repressione di queste lingue, che vengono fortemente ostracizzate, spingendo così le persone sorde a vergognarsi e a nascondere la propria lingua. Questo periodo si conclude ufficialmente 130 anni più tardi con il Congresso di Vancouver del 2010, nel quale vengono rigettate tutte le risoluzioni approvate nel precedente Congresso di Milano e la comunità degli educatori chiede ufficialmente scusa alla comunità sorda.

Il potenziale delle lingue dei segni nel panorama scolastico odierno

Dal 2010 le lingue dei segni sono lentamente rientrate nei percorsi educativi delle persone sorde che negli ultimi anni hanno accesso ad una didattica maggiormente inclusiva e attenta alle loro esigenze. L’introduzione delle lingue dei segni nelle scuole darebbe agli studenti sordi la possibilità di avere pieno accesso all’istruzione, al pari dei compagni udenti. Le difficoltà di accesso all’istruzione delle persone sorde è infatti puramente linguistica: nelle scuole italiane non è presente un interprete di LIS, ma gli studenti vengono affiancati da insegnanti di sostegno o assistenti alla comunicazione che spesso non sono specializzati e non sono in grado di veicolare le informazioni in LIS. Successivamente all’approvazione dell’articolo 34-ter del Decreto Sostegni, alcune regioni hanno cominciato ad investire nella formazione in lingua dei segni italiana e lingua dei segni italiana tattile. La Regione Veneto e la Regione Sicilia hanno, nel 2021, approvato il Piano triennale 2021-2023 degli “Interventi per l’inclusione sociale, la rimozione delle barriere alla comunicazione e il riconoscimento e la promozione della Lingua dei Segni Italiana e della Lingua dei Segni Italiana Tattile”, finanziando in ogni provincia delle due regioni, corsi di formazione per docenti e laboratori di LIS/LISt nelle classi in cui sono presenti alunni sordi. I progetti delle due regioni sono stati accolti con entusiasmo sia dai docenti, che si sono iscritti in maniera massiva ai corsi di formazione, che dagli studenti che hanno, molti di loro per la prima volta, potuto accedere ad una lingua che permettesse loro di comunicare con i compagni sordi. Veneto e Puglia hanno riproposto il progetto nel 2023, aggiungendo la possibilità, per i docenti e gli studenti che già hanno partecipato al piano triennale 2021-2023, la possibilità di partecipare a corsi di livello intermedio per poter migliorare le loro competenze in LIS/LISt. Queste due regioni rappresentano un faro di speranza nel panorama italiano. Gli studenti sordi di due Regioni possono finalmente utilizzare la loro lingua per comunicare con la classe e con i docenti e vedono la propria lingua e la propria cultura insegnata nella loro classe, come una vera e propria lingua, con la sua storia e il suo valore. La speranza per il futuro è che ci sia un impegno sempre maggiore nell’organizzare progetti simili a quelli proposti da Veneto e Puglia, perché gli studenti sordi possano avere sempre meno barriere e la scuola sia maggiormente accessibile. 

La lingua dei segni italiana, come molte altre lingue dei segni nel mondo, ha avuto una storia di discriminazione e repressione. Ancora oggi la maggior parte delle persone sorde risulta esclusa dalla vita pubblica: la maggior parte delle scuole, degli ospedali e degli altri luoghi pubblici rimane ancora inaccessibile. Lo Stato non garantisce interpreti LIS e nonostante si sia impegnato formalmente a riconoscere, promuovere e tutelare la LIS, nulla è stato fatto a livello statale dal 19 Maggio 2021 ad oggi. Perché l’Italia diventi davvero un Paese democratico e accessibile a tutti, l’inclusione deve partire dal Governo, e non essere legata a iniziative di singoli o di realtà territoriali o regionali che, pur essendo estremamente valide, rimangono limitate nel tempo e nello spazio.

di Nicola Noro

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Teach For Italy

Teach For Italy è un Ente del Terzo Settore che opera per rafforzare la scuola pubblica italiana, partendo dai contesti dove la povertà educativa è maggiore. L'organizzazione attrae, forma e sostiene persone motivate affinché diventino agenti del cambiamento dentro e fuori la scuola.

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