Ogni volta che ci avviciniamo a un archivio, ci immergiamo idealmente in una sorta di poesia del tempo. Faldoni ingialliti e usurati negli anni che ci sussurrano storie. La memoria custodita in un archivio è un’eredità che portiamo con noi, un bagaglio di conoscenze e di emozioni che ci aiuta a navigare nel presente e a dare forma al futuro. Storie che si tramandano di generazione in generazione.
Siamo a Napoli, via dei Tribunali. Vicoli stretti, mercati all’aperto. Un luogo che riflette pienamente lo spirito della città, nota al mondo per quell’atmosfera affascinante che da sempre sorride alla vita. Palazzo Ricca, è sede della Fondazione Banco di Napoli e del suo Archivio Storico che, dal XV secolo fino ai giorni nostri, conserva documenti di circa 17 milioni di clienti. Dal 1500 si raccontano commerci, matrimoni, viaggi, intrighi politici e aspetti di semplice vita quotidiana. Un patrimonio così unico da essere stato inserito nel Registro Internazionale del Programma UNESCO “Memory of the World”, un riconoscimento che celebra il suo valore come memoria universale dell’umanità.
Entrare nell’archivio ti mette subito in contatto con qualcosa di estremamente affascinante. Conservato e reso fruibile al pubblico mantenendo un aspetto di mistero attraverso luci soffuse e ambienti che potremmo paragonare a un romanzo di altri tempi. Si entra e si ha subito il desiderio di camminare lentamente, osservare i faldoni esposti, i sigilli dipinti sulla costa e con attenzione leggere le storie. Ogni documento, ogni manoscritto, ogni lettera sono pezzi di una narrazione più grande, che raccontano storie di persone, di società, di emozioni vissute. Guardando dentro ed oltre ogni scritto ci sono volti, storie, desideri umani che, anche se sbiaditi dal tempo, continuano a parlare. Le persone che se ne occupano con cura e professionalità mi raccontano che nel 1500 e negli anni a seguire, per prelevare o versare una somma era necessario descrivere la motivazione. Ed è così che si è potuta ricostruire la storia di quell’epoca, dai commerci, alle feste e agli intrighi. Leggendo si trovano personaggi illustri come Velázquez e Verdi, ma anche vicende legate a San Gennaro o all’omicidio passionale di Maria D’Avalos per mano del grande musicista Gesualdo da Venosa. L’acquisto di vino o cibo per le feste tracciato nei libri della Banca. La testimonianza dello sfarzo e dell’alta società, degli accordi commerciali.

Così si leggono anche la corrispondenza e le storie degli emigrati italiani in America. Il viaggio della vita, del sogno americano, che terminava, dopo tanti giorni di navigazione, con l’apparire della Statua della Libertà e il grido “America”. Nel 1907, Giuseppe Apicella racconta il suo viaggio alla moglie Ninnella attraverso molte lettere ancora conservate nell’archivio. “Acqua, solo acqua” scriveva di quell’interminabile viaggio. Partì per primo, per esplorare quella terra che avrebbe portato salvezza e opportunità. E l’America, a Giuseppe Apicella, ha dato la libertà. Diventato proprietario della più grande pescheria di New York, all’82 di Beyer Street. Quando Ninnella lo raggiungerà, scriverà alla nonna dei successi ottenuti in quell’America dove la ruota del tempo gira veloce. Racconterà della Processione della Beata Vergine del Carmelo e di Giuseppe, che nel frattempo è diventato corrispondente del Banco di Napoli in America.
Gli archivi storici sono una testimonianza del nostro passato. Il presente è il risultato di eventi dei quali custodiamo la memoria, emozioni, lotte e conquiste. Sono come scrigni di conoscenza che ci permettono di far luce su chi siamo, da dove veniamo e come le nostre radici affondano nel tempo. L’archivio storico della Fondazione Banco Napoli assume per questa ragione un valore inestimabile che va oltre al concetto di raccolta documentale. Borges diceva “Ogni storia è una memoria del passato, e ogni memoria è una porta che si apre sul futuro”.