La CBT è ampiamente riconosciuta come una delle metodologie psicologiche più efficaci nel trattamento di una vasta gamma di disturbi, tra cui ansia, depressione, e disturbi comportamentali. Nel contesto della violenza di genere, la CBT è stata applicata per modificare i pensieri disfunzionali e le reazioni emotive impulsive che alimentano comportamenti violenti. Diversi studi hanno dimostrato che lavorare sui modelli di pensiero errati, come la giustificazione della violenza o la visione distorta delle relazioni, è essenziale per ridurre l’aggressività e prevenire il comportamento violento.
La mindfulness, invece, favorisce l’autoconsapevolezza e la regolazione emotiva, insegnando agli individui a vivere nel presente e a gestire lo stress senza ricorrere alla violenza. Vari studi hanno evidenziato come l’approccio mindfulness possa aiutare le persone a riconoscere i segnali precoci di emozioni come la rabbia e la frustrazione, che possono portare a comportamenti violenti. Le tecniche di mindfulness, come la meditazione e l’auto-compassione, migliorano la gestione dei conflitti e promuovono una comunicazione non violenta, riducendo l’aggressività e la predisposizione al controllo nelle relazioni interpersonali.
Integrando la CBT e la mindfulness con arte e letteratura, si aprono nuove possibilità per sensibilizzare ed educare la società sui temi della violenza di genere. L’arte, nella sua forma più ampia, ha il potere di stimolare riflessioni profonde sulle dinamiche di potere, controllo e violenza. La letteratura, in particolare, permette di raccontare storie che esplorano le esperienze vissute da chi subisce la violenza, offrendo uno spazio per l’elaborazione emotiva e per la comprensione dei meccanismi psicologici che alimentano il comportamento violento.
Nel mio progetto educativo, nato dal mio ultimo libro di poesia «Di un’altra voce sarà la paura», utilizzo la poesia per dare voce a chi ha vissuto la violenza e per sensibilizzare il pubblico riguardo alla sofferenza che essa comporta. La combinazione di arte e mindfulness crea un percorso terapeutico, che aiuta le persone a esplorare le proprie emozioni e a sviluppare maggiore consapevolezza riguardo alle proprie reazioni e ai comportamenti disfunzionali, promuovendo un cambiamento interiore che può influire positivamente sulle relazioni interpersonali.
Le ricerche moderne hanno messo in luce il ruolo di fattori biologici nella predisposizione alla violenza. In particolare, la metanalisi sui disturbi del comportamento e sulla violenza di genere ha evidenziato come la distribuzione delle caratteristiche sessuali e la struttura cerebrale influenzino in modo diverso il comportamento aggressivo tra i sessi. Studi di neuroscienze hanno mostrato che, sebbene ci siano differenze nel modo in cui i cervelli maschili e femminili rispondono alla violenza e agli stimoli emozionali, non esiste un “binario” rigido tra le due componenti. Un altro aspetto rilevante che emerge dalla metanalisi riguarda il dismorfismo sessuale, cioè le differenze biologiche e psicologiche tra i sessi che influenzano i comportamenti violenti. Sebbene le differenze siano evidenti in termini di ormoni, struttura cerebrale e socializzazione, i recenti studi suggeriscono che l’esistenza di un mosaico di caratteristiche sia maschili che femminili in entrambi i sessi, può influire positivamente sul superamento delle dinamiche violente.
La violenza di genere non può essere ridotta a un semplice confronto tra un maschile aggressivo e un femminile passivo, ma deve essere vista come un fenomeno che attraversa le dinamiche relazionali in tutte le forme di espressione di potere e controllo. La ricerca sta cominciando a considerare la fluidità di genere e l’importanza di superare il binarismo tradizionale che ha caratterizzato per lungo tempo la comprensione dei comportamenti violenti. Uno dei principali concetti della CBT è che le emozioni e i comportamenti sono spesso il risultato di pensieri disfunzionali. Quando una persona giustifica la violenza o ha una visione distorta delle relazioni (per esempio, credendo che il controllo o l’aggressività siano legittimi in una relazione intima), questi pensieri possono condurre a comportamenti violenti. Modelli di pensiero errati come il pensiero dicotomico (o tutto o niente), la generalizzazione e la “catastrofizzazione”, quando applicati nelle dinamiche relazionali, possono portare a una visione distorta del partner e dei conflitti.
Studi recenti hanno anche mostrato come la consapevolezza (derivante da pratiche come la mindfulness) e l’integrazione delle componenti maschili e femminili nella psiche possano ridurre la violenza, poiché promuovono l’auto- accettazione e una visione più equilibrata delle proprie emozioni e reazioni. L’integrazione di queste pratiche permette di abbattere le barriere mentali, che spingono le persone a rimanere ancorate a stereotipi di genere rigidi e a comportamenti violenti legati a tali stereotipi. L’approccio integrato tra mindfulness, CBT ed arte incoraggia la comprensione di come queste differenze si esprimono nella vita quotidiana e come le persone possano utilizzare la consapevolezza per esplorare e migliorare i propri comportamenti, sia come individui che come membri di una società.
Nel corso dei miei studi, ho avuto l’opportunità di esplorare e approfondire il legame tra pensieri errati e comportamento violento. Durante le presentazioni del mio ultimo libro, «Di un’altra voce sarà la paura», che accompagna il mio progetto educativo itinerante, ho avuto modo di sensibilizzare il pubblico riguardo alla violenza, utilizzando la mia esperienza e le mie riflessioni come strumento per promuovere il cambiamento. In queste occasioni, spesso sottolineo quanto sia fondamentale comprendere i modelli di pensiero disfunzionali, e come la loro consapevolezza possa giocare un ruolo cruciale nel ridurre l’aggressività e prevenire i comportamenti violenti. Infine, sono fermamente convinta che la Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT), combinata con il potere trasformativo della letteratura, abbia la capacità di intervenire efficacemente sulla distorsione cognitiva che alimenta la violenza.