Immigrazione, legalità e ordini esecutivi: il parere di un avvocato

Antonietta Brancaccio-Balzano, avvocato esperta in diritto dell’immigrazione e Console Onorario d’Italia, spiega perché le azioni di Trump sono legittime, cosa sta cambiando per migranti e studenti, e perché non si può accusare la classe forense

Negli ultimi quattro anni, l’ondata migratoria che ha interessato gli Stati Uniti ha avuto dimensioni senza precedenti. Milioni di persone hanno attraversato il confine, spesso senza autorizzazione, in cerca di una nuova vita. Come promesso, l’ex Presidente Trump ha firmato numerosi ordini esecutivi volti al rimpatrio degli immigrati illegali, in particolare quelli con precedenti penali, ma non solo. Alcuni hanno sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale di queste azioni. Ritengo, però, che tali preoccupazioni siano infondate.

La Costituzione americana è chiara: il Presidente è Commander in Chief, responsabile dell’attuazione delle leggi e della sicurezza nazionale. L’uso degli ordini esecutivi per garantire l’ordine pubblico non è una novità. Presidenti come Carter, Bush e Clinton hanno agito con la stessa autorità in situazioni d’emergenza. Lo stesso ha fatto Biden, firmando 535 ordini esecutivi – molti dei quali in materia migratoria – durante il suo mandato, superando persino il record del predecessore Trump (472). La sezione 212 dell’Immigration and Nationality Act (INA) conferisce esplicitamente al Presidente il potere di sospendere l’ingresso di stranieri se ritenuto contrario all’interesse nazionale.

Negli anni recenti, abbiamo assistito a una gestione delle frontiere estremamente permissiva. Il 2021 ha segnato un picco storico: 1,7 milioni di ingressi illegali, secondo i dati ufficiali della CBP (polizia doganale aeroportuale). I migranti non arrivavano solo dall’America Latina, ma anche dall’Europa e persino dal Vietnam. Con loro, sono aumentati i sequestri di droga – cocaina e fentanil in particolare – e sono emerse presenze inquietanti: migliaia di membri di gang violente come MS-13, Barrio 18 e Tren de Aragua, quest’ultima legata al regime di Maduro in Venezuela. Il governo ha definito la situazione una crisi nazionale e ha invocato il Enemy Act per procedere con le deportazioni.

Il 20 gennaio 2025, Trump ha firmato un nuovo pacchetto di ordini esecutivi che ha profondamente cambiato la politica migratoria. Sono stati revocati tutti i provvedimenti di Biden in materia di riunificazione familiare e protezione umanitaria. Tra i cambiamenti principali:

  • Tolleranza zero per chi è senza visto: chiunque non sia in possesso di un visto valido verrà rimpatriato, indipendentemente dalla fedina penale. Nella precedente amministrazione, la priorità era data a chi aveva precedenti; ora la linea è più rigida.
  • Registrazione obbligatoria: dagli 11 aprile, tutti gli immigrati irregolari dai 14 anni in su devono registrarsi su una piattaforma governativa. In caso contrario, rischiano sanzioni civili e penali. I genitori rispondono per i figli minorenni. Lo scopo è la tracciabilità.
  • Laken Riley Act: il provvedimento impone la detenzione obbligatoria per gli immigrati irregolari accusati di reati gravi, soprattutto quelli che causano morte o lesioni. La legge prende il nome da Laken Riley, studentessa di 22 anni uccisa da un immigrato venezuelano irregolare.

C’è poi la questione, delicatissima, della revoca dei visti studenteschi. Negli ultimi tempi, molti studenti si sono visti annullare il visto senza motivazioni apparenti, nonostante non avessero violato le condizioni del permesso. Il Segretario Marco Rubio ha spiegato che tali studenti avrebbero partecipato a manifestazioni politiche violente, considerate una minaccia all’ordine pubblico. Alcuni visti sono stati ripristinati, ma il governo sta lavorando a un nuovo sistema per affrontare il problema.

Un altro tema scottante riguarda il Temporary Protected Status (TPS), un permesso concesso a cittadini di Paesi colpiti da guerre, disastri naturali o emergenze politiche – come la Somalia (1991), Haiti (2010), Siria (2015), Venezuela (2021). L’amministrazione Trump ha deciso di terminare molti TPS, ritenendo venuti meno i presupposti per il loro mantenimento. Il risultato? Migliaia di persone costrette a lasciare il Paese. Tuttavia, ricorsi legali da parte di ONG e Stati hanno momentaneamente sospeso alcune deportazioni. Il 31 marzo, un giudice di San Francisco ha ordinato al Dipartimento per l’Immigrazione di continuare ad accettare richieste di TPS per i venezuelani, ma l’esecutivo si è appellato, rivendicando l’esclusività della propria competenza in materia.

Infine, è impossibile ignorare il clima teso che si respira nei confronti della classe forense. Lo scorso 25 aprile, un giudice del Wisconsin è stato arrestato con l’accusa di favoreggiamento: avrebbe aiutato un immigrato illegale a fuggire dal tribunale, fornendo indicazioni false. È un segnale forte. L’amministrazione vuole dimostrare che nessuno è al di sopra della legge, nemmeno un giudice.

Anche noi avvocati siamo coinvolti. Un ordine esecutivo ha aumentato la nostra responsabilità nei casi di asilo politico: se una richiesta viene giudicata fraudolenta, il legale potrebbe essere sanzionato. Capisco lo sconcerto di molti colleghi dinanzi ad alcune email inviate ai nostri studi, che invitavano a “lasciare il Paese immediatamente” – comunicazioni in realtà rivolte ai nostri clienti. Ecco, per queste mail si è persino parlato di un ritorno al nazismo. Ma sarebbe il caso di tornare a toni più pragmatici, smettendo di allarmarci per ogni minima cosa.

Certo, la frase che più mi ha colpito è apparsa il 29 aprile sui siti ufficiali del Dipartimento per l’Immigrazione:

“I tempi in cui si poteva approfittare dell’immigrazione sono finiti.”

Credo sia ingiusto accusare noi avvocati di alimentare l’illegalità. Come i penalisti, anche noi avvocati immigrazionisti applichiamo la legge vigente. Non è certo colpa della categoria se milioni di persone hanno attraversato il confine. Il nostro ruolo è garantire che ogni persona riceva una difesa giusta, come previsto dallo Stato di diritto.
È vero, esistono i cosiddetti notarios – individui senza titolo che si spacciano per avvocati e truffano gli immigrati – ma, appunto, quelli non sono colleghi.

Difendere la legalità significa anche difendere chi la legge la fa rispettare.

Picture of Antonella Brancaccio

Antonella Brancaccio

Nata a Napoli, è stata recentemente nominata Console Onorario del Consolato Generale d'Italia. Fondatrice di Brancaccio & Associates, studio legale italo-americano di diritto internazionale e immigrazione, è riconosciuta come uno dei più preziosi avvocati dagli Stati Uniti. Ha conseguito la laurea in giurisprudenza all’Università Federico II e un master all’Università di Miami.

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