Hai presente quel pacco che hai aspettato per un mese e che alla fine non è mai arrivato? O quella volta in cui hai aperto un barattolo della tua crema spalmabile preferita solo per scoprire che non aveva lo stesso sapore di sempre? Oppure quella volta in cui hai comprato online un paio di cuffie di marca, pensando di aver fatto un affare, ma ti sei accorto che il jack si è usurato dopo pochi utilizzi?
Ebbene, nulla di tutto questo è colpa tua. In un mondo dove le aziende hanno abbandonato da decenni il modello fordista, smettendo di produrre tutto in house ed affidandosi ad una miriade di fornitori che a loro volta collaborano con altrettante aziende, può succedere che qualcosa vada storto: un camion carico di materie prime viene rubato prima di arrivare nello stabilimento del produttore; nei campi di coltivazione di cacao di alta qualità subiscono un controllo e vengono sequestrati – costringendo lo stabilimento a rivolgersi a un’altra azienda con standard qualitativi che potrebbero essere inferiori a quelli necessari -; un negozio online crede di aver fatto l’affare del secolo e si ritrova con una replica scadente sullo scaffale perché non si è affidato al produttore originale delle cuffie.
Questi piccoli intoppi nelle catene del valore, che oggi possono coinvolgere decine tra fornitori, terzisti, distributori e rivenditori, colpiscono non solo i clienti, ma anche e soprattutto le stesse aziende produttrici. In un sistema economico dove la reputazione precede il marchio, diventando un asset più importante del prodotto stesso, è fondamentale controllare ogni singolo passaggio della merce, dalla sua ricezione in magazzino fino alla vendita al dettaglio.
Un fornitore potrebbe non rispettare più i requisiti normativi, potrebbe andare in bancarotta o essere coinvolto in pratiche dannose per l’ambiente, in violazioni dei diritti umani o nel finanziare conflitti armati nel mondo. Questi sono fattori che danneggiano la reputazione di un’azienda, specialmente se portati alla luce da inchieste giornalistiche.
In più, nelle aziende di produzione, il vero fulcro del business è quello dei trasporti che, spesso, viene affidato in outsourcing a grandi società di logistica. Queste ultime, pur avvalendosi di network consolidati, a volte sono costrette a cercare nuovi trasportatori per evadere i propri ordini.
Diventa allora fondamentare avere degli strumenti per verificare lo stato economico/patrimoniale e reputazionale di questi nuovi trasportatori, che spesso sfuggono al controllo delle aziende affidatarie del trasporto e, soprattutto, di quelle che producono i beni trasportati.
Qui entrano in gioco le Due Diligence Reputazionali di terze parti: uno strumento che dovrebbe diventare una best practice per ogni azienda prima di intraprendere qualsiasi rapporto commerciale. Attraverso queste informazioni, reperibili in banche dati specializzate o affidandosi ad aziende esperte, le imprese possono analizzare la situazione economico/patrimoniale e reputazionale dei loro partner.
Per questa ragione esistono algoritmi e sistemi di monitoraggio che individuano le criticità dei partner che potrebbero compromettere la reputazione del cliente. In Telejnform utilizziamo più algoritmi per classificare i fornitori attraverso un sistema di Rating Reputazionale visionabile sulla nostra piattaforma Nandonline.COM. In questo modo riusciamo a monitorare costantemente i dati delle aziende, aggiornandoli automaticamente e segnalando eventuali variazioni ai clienti. La piattaforma fornisce valutazioni sull’affidabilità di aziende e persone, fornendo un’analisi completa ed aggiornata della reputazione e della credibilità delle imprese.
L’obiettivo principale di effettuare Due Diligence Reputazionali è aiutare le aziende a ridurre e prevenire i rischi economici e reputazionali. Anche aziende che potremmo definire colossi, si scontrano con la necessità di controllare i processi e le condizioni lavorative dei partner ai quali si affidano.
Sarebbe impensabile assumere migliaia di dipendenti da inviare in giro per il mondo, a vigilare sulla produzione di chi fornisce la stoffa dall’India, chi spedisce i bulloni dall’Australia o chi assembla componenti elettronici in Cina; è altrettanto impensabile lasciare al caso l’andamento della propria reputazione.
Telejnform si è concentrata a far capire il valore della reputazione aziendale, avendo sempre quale must le famose frasi di Warren Buffett e di Henry Ford:
Ci vogliono 20 anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla
Warren Buffett
Le due cose più importanti non compaiono nel bilancio di un’impresa: la sua reputazione ed i suoi uomini
Henry Ford
Gli Imprenditori devono sempre tenere a mente l’esigenza di salvaguardare la propria immagine e quella della propria azienda che spesso ne porta anche il proprio nome. Questa esigenza deve essere anche ribaltata anche sui Manager. Una volta capito questo, il prossimo passo è attivarsi per trovare le risorse adeguate a difenderla. Nella speranza – ma non l’illusione – che tanti altri, come noi, facciano lo stesso e abbiano la stessa attenzione per la propria reputazione.
Così, la prossima volta che aspetti un pacco, apri un barattolo o indossi un paio di cuffie, potrai farlo con la serenità di sapere che dietro c’è un sistema solido e affidabile.