Quando i morti hanno un’eco diversa per media e opinione pubblica

La cartina di tornasole della Storia sono alcune nazioni: Israele da sempre. I curdi da un secolo.

Il conflitto tra Hamas e Israele, scatenato con un eccidio infame, ha dato luogo a un movimento di massa contro Israele in tutte le nazioni liberaldemocratiche, sfruttando il paravento dell’estremismo di Benjamin Netanyahu. I media mainstream hanno per settimane dimenticato di dire che il numero di morti a Gaza viene fornito da Hamas: il gruppo terrorista sciita utilizza un bollettino quotidiano a fini di propaganda, e con risultati importanti. Ma non è solo questione di cifre. E’ però anche questione di cifre.

In Ucraina i morti russi e ucraini sono almeno 250.000, dato che secondo la Radio Svizzera Italiana a settembre 2023 erano 200.000. Sono morti più russi che ucraini, ma c’è in questo dato una spiegazione logica, la stessa che non è stata chiarita abbastanza per il Secondo conflitto mondiale. Stalin usava la prima linea sovietica per fare pulizia etnica e liberarsi di possibili oppositori. Più ne morivano e più la storiografia bolscevica in Occidente avrebbe potuto glorificare il “sacrificio” di quei milioni di morti dei quali al Cremlino interessava solo poterli computare. Oggi come ieri, in Ucraina combattono pochi russi dell’area tra l’oblast di Mosca e quello di Pietroburgo, mentre sono molti i “volontari” in cerca di guadagno originari degli “Stati indipendenti” al di là degli Urali, oppure i carcerati che vengono reclutati col miraggio della libertà, di una (piccola) ricchezza e di possibili bottini e stupri, ma al prezzo di una facile morte.

Non sembra però che siano sfilati in corteo protestatari di sinistra o di destra, indignati per i 250.000 morti nell’Ucraina invasa dall’esercito russo.
Non risulta nemmeno una denuncia al tribunale internazionale dell’Aja da parte del Sudafrica contro i massacri compiuti dall’esercito di Putin.

Di sicuro l’opinione pubblica occidentale (i giovani, soprattutto, e purtroppo molti docenti, come quelli che in Italia hanno firmato inviti a boicottare i prodotti culturali di Israele) tende a “comprendere” le ragioni di Vladimir Putin e di Hamas più di quelle degli ucraini e degli israeliani. Ed è così da tempo.

Non ci si è indignati per i 12190 morti in Sudan, che sono solo quelli visibili, il numero andrebbe ricalcolato basandosi sul numero dei sette milioni di rifugiati.
I media rivestiti di pacifismo e i bruciabandiere israeliane potevano almeno indignarsi per la metà (facendo un insostenibile computo numerico) di quanto han fatto per gli hamasizzati -così chiamerei i morti civili di Gaza, per i quali Hamas ha molta responsabilità-. Invece niente.

Non ci si indigna per gli orrori commessi in Siria, dove da decenni domina la famiglia Assad, legata alla minoranza sciita degli alawiti e al partito Ba’ath (lo stesso partito partito nazionalista panarabo e socialista, finanziato dai nazisti nato in Iraq nel 1940, cui apparteneva anche Saddam Hussein). Ebbene, nella guerra siriana, in cui quasi nessuno dei belligeranti è immune da peste bubbonica, nel 2013 vi erano già due milioni di siriani rifugiati (700mila nel Libano), mentre nel 2016 i morti erano 301mila -ma l’Osservatorio siriano per i Diritti civili stimava 430.000 deceduti-. Nel 2023 il totale dei morti sarebbe salito a 503mila secondo l’Osservatorio Siriano Diritti Umani, o a 613mila secondo altre fonti.
Secondo Amnesty International, Bashar al-Assad avrebbe massacrato e torturato 13mila civili ammassati nella prigione di Saydnaya.

Nessuno è sfilato nelle strade in nome dei morti di Saydnaya. Il Sudafrica -non esente da assalti ai negozi e alle case degli indiani immigrati- non si è indignato. I tg ne hanno parlato poco o nulla. L’indignazione cresce solo quando c’è di mezzo Gerusalemme? Precisano pure: -Io non ce l’ho con gli ebrei, ce l’ho col loro governo… E allora perché sul governo dell’Iran non dite niente?

Sarebbe opportuno indagare meglio dentro noi stessi, evitando di fare delle contabilità indebite e differenziate a seconda dei belligeranti. Il pacifismo a senso unico non ha alcun senso. Anzi, diventa un supporto alla parte peggiore dei belligeranti, di solito.

Un’altra cartina di tornasole di questa intolleranza monomaniaca è l’ideologia secondo la quale Cristoforo Colombo è stato una specie di Torquemada dei nativi americani. Lo è stato il condottiero Hernàn Cortez, piuttosto. Se Nicolò Machiavelli non ha previsto il voto alle donne ciò non significa boicottare gli scritti politici di Nicolò Machiavelli.

Qui veniamo alle cause dell’errore di rotta. I media e la politica vanno quasi sempre in direzione sbagliata: quando lavorano per propagandare il “bene”, catechizzano il popolo perché si comporti civilmente e ottengono l’effetto contrario, perché appaiono come un Grande Fratello orwelliano.
Quando si inteneriscono per le lentiggini di Putin o per gli ayatollah iraniani o per i sanfrancesco di Hamas, indignandosi solo contro gli “americani” e contro gli “ebrei”, producono disastri micidiali. Per esempio far dimenticare alla popolazione che gli europei e gli italiani sono stati salvati dalla nazione americana a ogni guaio sopraggiunto: nel corso della Prima e della Seconda Guerra mondiale, nel corso della Guerra Fredda, nel corso della prima guerra contro la Jihad islamica, terminata con la cattura di Osama bin-Laden, e -speriamo- nel corso della guerra contro il Quartetto composto da Russia, Iran, Nord Corea e (speriamo di no ma temiamo di sì) dalla Cina.

Disse il presidente egiziano Gamal abd el Nasser (fu probabilmente una ex spia nazista nel corso della Seconda guerra mondiale) prima della guerra mossa dagli Stati arabi nel 1967: “Cammineremo contro Israele scalando montagne di ossa ebraiche”. Oggi le cose sono diventate più sottili.

Assistiamo all’ascesa bipartizan del qualunquismo di massa, una deformazione dell’opinione pubblica di matrice nazionalista e socialista, ma causata anche da alcune demenze delle democrazie.
Parlo del frutto di  una cattiva politica e di pessimi media che si autodemoliscono in nome di un fatuo e suicida successo.
Questo però è anche il frutto di una “zona grigia” creata in un inferno flashy e morbido come une suite al Rui plaza di Times Square, creata per i nuovi “Vili” alias “Ignavi” danteschi. Il Qualunquista di massa si pavoneggia come l’attore di un film sui riot di Caracas, si ricolma di un’indignazione mirata, di un’ignoranza marcata, di un’ipocrisia diffusa. Datemi qualcuno da crocifiggere, fosse anche il Messia, grida il Qualunquista anche oggi. Riecheggia quell’ambasciatore giapponese che -estasiato di fronte all’efficienza del regime nazista e dal suo successo presso il popolo tedesco- rispose all’ufficiale che lo invitava a fare altrettanto anche in Giappone “Noi purtroppo non abbiamo degli ebrei da odiare”.

Pubblicato anche da L’Opinione

Picture of Paolo Della Sala

Paolo Della Sala

Paolo Della Sala è uno scrittore e musicista che trova ispirazione nella musica mentre lavora ai suoi articoli e racconti. Ha collaborato con Gianni Celati e ha ricevuto influenze da figure come Paolo Fabbri, Carlo e Natalia Ginzburg e Umberto Eco. Attualmente, scrive per diverse testate, tra cui Il Settimanale, Reputation Review e L’Opinione, concentrandosi su geopolitica e cultura. Ha esperienza anche con Il Secolo XIX, Rai Radio Tre e altre testate. Ha pubblicato "Alice Disambientata" con Gianni Celati e curato l'archivio di Gianni Rodari. Nel cinema e nella TV, ha lavorato come promoter per Portofino Film Commission e come aiuto regista in videomusica e pubblicità, oltre ad essere stato interprete-musicista per La Chambre des Dames.

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