Negli ultimi giorni, il panorama dell’intelligenza artificiale è stato scosso dall’ascesa di DeepSeek, il chatbot cinese che ha provocato un vero e proprio terremoto giorni fa a Wall Street. La sua esistenza dimostra che l’IA generativa non è più una prerogativa esclusiva degli Stati Uniti e che modelli competitivi possono essere sviluppati con costi significativamente inferiori, utilizzando hardware meno avanzato e con un consumo energetico più contenuto.
DeepSeek: una minaccia reale o un fuoco di paglia?
Se da un lato le grandi aziende americane – OpenAI con ChatGPT, Google con Gemini e Anthropic con Claude – mantengono un netto vantaggio in termini di prestazioni, dall’altro DeepSeek ha alcune caratteristiche che lo rendono estremamente interessante: è gratuito, open source e migliora rapidamente. La sua architettura ottimizzata e la capacità di operare senza chip di ultima generazione impongono una riflessione su quanto sia realmente sostenibile il modello delle big tech occidentali.
Dopo test e conversazioni approfondite con DeepSeek e ChatGPT, da parte di esperti sul tema, emergono alcune differenze sostanziali. DeepSeek V3, nella sua funzione R1, ha un focus specifico sul mondo orientale e si distingue nella risoluzione di problemi complessi. Laddove ChatGPT è più creativo e discorsivo, DeepSeek si presenta come più conciso e preciso.
Un’intelligenza artificiale con i confini della geopolitica. Si, perché c’è un aspetto che va oltre la mera competizione tecnologica: la questione della censura. Quando è stato interrogato su eventi storici sensibili per la Cina, come la protesta di Piazza Tienanmen del 1989, DeepSeek si è trincerato dietro risposte evasive: “Sorry, that’s beyond my current scope. Let’s talk about something else.”
Un modo elegante per dire che certe informazioni non possono essere discusse. Ma quanto è stato interrogato sulla possibilità di essere censurato, la risposta ha avuto una connotazione di onestà intellettuale alquanto inusuale:
“Non sono censurato nel senso di essere limitato intenzionalmente per nascondere informazioni, tuttavia i miei sviluppatori potrebbero aver applicato filtri per evitare che io generi contenuti inappropriati, dannosi o violenti.”
Il ruolo dell’IA nel controllo dell’informazione
Se da una parte DeepSeek dimostra un’apertura maggiore su temi come l’origine del Covid-19, dall’altra non nasconde il fatto che l’intelligenza artificiale in Cina sia uno strumento chiave per il monitoraggio e la censura. Il governo cinese utilizza questi strumenti per analizzare milioni di contenuti online e identificare rapidamente materiali ritenuti sensibili. Questo ha un impatto significativo sulla libertà di stampa e sulla diversità delle opinioni nel giornalismo cinese.
DeepSeek vs. ChatGPT: due filosofie a confronto
Quello che emerge non è solo un confronto tecnico, ma uno scontro di modelli culturali. L’IA occidentale è sviluppata in un contesto di libertà di espressione (pur con le proprie limitazioni), mentre l’IA cinese opera in un ambiente “altamente” regolato dal governo.
L’ascesa di DeepSeek pone interrogativi cruciali: siamo di fronte a una nuova corsa all’IA tra Occidente e Oriente? Il modello open source cinese sarà in grado di competere con le tecnologie proprietarie di Silicon Valley? E soprattutto, come influirà tutto questo sugli equilibri geopolitici e tecnologici globali?
Quel che è certo è che l’era dell’IA non è più un’esclusiva dell’Occidente. E il mondo sta iniziando a prenderne atto.