La Williamsburg ortodossa: un mondo parallelo nel cuore di New York

La Williamsburg ortodossa: un mondo parallelo nel cuore di Brooklyn, dove la tradizione resiste al tempo e alla gentrificazione

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In una New York sempre più globalizzata e caotica, esiste un’isola culturale che sfugge alle logiche della modernità: la Williamsburg ortodossa. Non si può pensare di parlare di influenze del mondo a New York senza considerare l’impatto della presenza ebraico-ortodossa sul substrato culturale della città. Nel cuore di Williamsburg, a Brooklyn, proprio a due passi dalle strade che sono protagoniste di una trasformazione inarrestabile verso la movida e il consumismo, risiede, in netto contrasto, una delle comunità più impenetrabili di New York. Consapevoli che quella degli ebrei ortodossi sia una realtà estremamente complessa da studiare e raccontare, ci limiteremo, in questa sede e per lo scopo di questa rubrica, a presentarne i frammenti che contribuiscono ad arricchire l’identità culturale sfaccettata, unica, della città di New York. 

Degli ebrei ortodossi abbiamo recentemente appreso alcuni aspetti culturali grazie alla serie televisiva “Unorthodox” che ha portato l’attenzione del grande pubblico internazionale su uno stile di vita lontano dall’immaginario occidentale contemporaneo. Basata sulla storia vera di Deborah Feldman, la serie racconta la vicenda di una giovane donna che sceglie di lasciare la comunità hasidica di Williamsburg per intraprendere un percorso di emancipazione personale: una decisione che nella sua realtà di origine equivale a una rottura profonda e a una condanna sociale senza ritorno. Uscita nel 2020, “Unorhtodox” è diventata una delle serie più viste su Netflix, sia in Europa che negli Stati Uniti. Pur mostrando solo una parte di una realtà molto più ampia e complessa fatta di regole religiose e tradizioni tramandate, “Unorthodox” ha saputo senza dubbi accendere i riflettori su questo mondo e stimolare un dibattito più universale sul rapporto tra libertà individuale e tradizione, toccando temi come identità, emancipazione e appartenenza. 

Essendo la comunità ortodossa estremamente riservata e impermeabile alle commistioni esterne, testimonianze come questa diventano estremamente preziose per chi voglia avvicinarsi a questa cultura. Restando nel mondo della narrazione, un altro stimolo interessante è la lettura del romanzo “Danny l’eletto” dello scrittore americano Chaim Potok, uscito per Garzanti nel 1969 come traduzione del testo originale “The Chosen”, pubblicato negli Stati Uniti nel 1967. Ambientato a Brooklyn negli anni Quaranta, il libro racconta l’amicizia tra due ragazzi appartenenti a due diversi rami dell’ebraismo ortodosso, uno più moderno e aperto al mondo esterno, l’altro molto rigoroso. Attraverso i loro occhi il lettore scopre le sfide, i conflitti e le riflessioni interiori che accompagnano il difficile equilibrio tra tradizione e modernità, scoprendo una prospettiva più intima sulle tensioni culturali che attraversano la comunità ebraica newyorkese.

Sia il libro sia la serie TV sono ambientati a New York, nella Williamsburg che appartiene a questa comunità. Il quartiere iniziò a diventare un importante centro dell’ebraismo ortodosso nel secondo dopoguerra, quando molti sopravvissuti alla Shoah, in particolare appartenenti al movimento hasidico Satmar, originario dell’Ungheria e della Transilvania, si stabilirono qui alla ricerca di un luogo dove ricostruire le proprie vite e preservare intatte le proprie tradizioni religiose e culturali. Williamsburg, con i suoi affitti allora accessibili e la possibilità di creare un tessuto sociale coeso, offriva le condizioni ideali per fondare una comunità compatta e autonoma. Con il tempo la presenza ortodossa si è radicata sempre più, dando vita a scuole religiose, sinagoghe, negozi kosher e servizi dedicati, trasformando alcune strade in un microcosmo autosufficiente dove lingua, abbigliamento e abitudini di vita rimandano a un passato che si è voluto mantenere vivo. Oggi, nonostante le pressioni della gentrificazione che stanno modificando il volto di Williamsburg, la comunità continua a custodire gelosamente i propri spazi e a rappresentare uno dei nuclei più identitari dell’ebraismo ortodosso a New York.

Passeggiare per le strade di Williamsburg abitate dalla comunità ebraico-ortodossa è come entrare in un mondo parallelo. Lungo Bedford Avenue, Wallabout Street e soprattutto Lee Avenue, cuore pulsante della vita comunitaria, l’atmosfera cambia improvvisamente rispetto al resto del quartiere. Qui i bar alla moda e i negozietti hipster lasciano il posto alle scuole religiose, dove lo studio sacro occupa un ruolo centrale, ai negozi kosher e alle piccole sartorie di abiti tradizionali. Arrivando dalle strade che costeggiano l’East River, o procedendo verso sud da Greenpoint, lo stacco si percepisce netto. Basta attraversare una strada perché gli incontri diventino fugaci e il codice di abbigliamento rigoroso. È forse proprio questo il primo elemento riconoscibile per strada: gli uomini indossano lunghi cappotti neri, camicie bianche, cappelli a tesa larga e, nei giorni di festa, alcuni portano il tradizionale copricapo di pelliccia rotondo. Le donne, invece, vestono abiti lunghi che coprono braccia e gambe, completati da parrucche o turbanti per coprire il capo, e scarpe sempre sobrie. Anche i bambini seguono regole simili con uniformi scure per i maschi e gonne lunghe per le femmine, a testimonianza di un’educazione alla tradizione che inizia fin dalla più tenera età. Tutti camminano a passo rapido con lo sguardo verso il basso e donne giovanissime accompagnano gruppetti di bambini a scuola o verso gli scuolabus gialli che recano scritte rigorosamente in ebraico.  

Anche l’architettura di queste strade è peculiare. Basta uno sguardo verso l’alto per incontrare case con grandi balconi sporgenti e chiusi da grate metalliche. Non si tratta di un vezzo estetico, ma di una necessità pratica e religiosa: questi balconi vengono usati infatti come sukkah, capanne temporanee da allestire durante la festa di Sukkot, quando le famiglie osservanti sono tenute a consumare i pasti e, in alcuni casi, anche a dormire in una struttura all’aperto che ricorda le capanne in cui vissero gli ebrei durante l’Esodo. A Williamsburg, dove lo spazio è limitato e i giardini scarseggiano, i balconi sono diventati la soluzione ideale per rispettare questa tradizione millenaria. Queste soluzioni, inoltre, sono particolarmente efficaci per garantire riservatezza e privacy alle famiglie all’interno delle proprie abitazioni, mantenendo ciascun nucleo protetto da occhi indiscreti. 

A Williamsburg la vita della comunità ebraico-ortodossa segue ritmi precisi. Le donne, oltre a occuparsi della casa e dei figli, lavorano saltuariamente nel commercio locale o nelle scuole religiose. Gli uomini trascorrono gran parte della giornata tra lo studio della Torah e attività lavorative legate alla comunità, che si svolgono sia nel quartiere stesso sia oltre i suoi confini, nella Manhattan cosmopolita appena al di là del fiume. In particolare, una presenza significativa delle attività commerciali gestite dagli ebrei ortodossi si concentra nel Diamond District di Midtown, tra la Quinta e la Sesta Avenue, dove molti sono impegnati nella vendita e importazione di diamanti e pietre preziose: un’attività che richiede competenze specifiche e si fonda su reti di fiducia consolidate nel tempo. Ancora oggi, camminando lungo la 47ª strada, è facile incontrare uomini con kippah e cappelli neri che si muovono tra i laboratori di taglio e i piccoli uffici, mantenendo viva una tradizione commerciale che ha reso il Diamond District uno dei poli più importanti al mondo per il commercio dei diamanti. I contatti con il mondo esterno esistono, ma sono sempre misurati, e a questo si aggiunge una gestione molto rigorosa della tecnologia: smartphone, internet e social media sono spesso limitati o filtrati, creando un ulteriore confine culturale che contribuisce all’isolamento volontario della comunità e alla protezione della vita interna.

Da alcuni decenni, Williamsburg sta subendo, come detto, una trasformazione. Nuovi edifici residenziali, loft di lusso e bar alla moda hanno cambiato profondamente il volto del quartiere, creando tensioni con la comunità ortodossa che continua a vivere secondo ritmi e regole tradizionali. Gli aumenti degli affitti e la pressione sul mercato immobiliare hanno reso più difficile per alcune famiglie mantenere le loro abitazioni storiche, mentre le nuove costruzioni e la presenza costante di turisti e residenti non appartenenti alla comunità, generano un costante contatto con uno stile di vita estraneo. Nonostante ciò, la comunità ha dimostrato una forte capacità di resilienza: scuole, sinagoghe e negozi kosher restano il cuore pulsante della vita quotidiana, e molte famiglie cercano di preservare i loro spazi, adattandosi ai cambiamenti senza rinunciare alle tradizioni. Williamsburg rappresenta così un esempio di integrazione funzionale ma senza assimilazione completa.

Episodi recenti, come gli anni della pandemia da Covid-19, hanno messo in luce ulteriormente queste tensioni: le restrizioni imposte dalle autorità sanitarie – accettate a fatica se non totalmente ignorate dalla comunità ortodossa – hanno portato a scontri con alcune istituzioni locali e con membri della comunità newyorkese più ampia, mostrando quanto il bilancio tra tutela della tradizione e rispetto delle norme esterne possa essere delicato e complesso. 

Oltre alla vita religiosa e familiare, la comunità ebraico-ortodossa esercita anche un’influenza significativa sul piano politico e sociale della città. Grazie alla compattezza interna e a un forte senso di coesione, riesce spesso a esprimere un peso elettorale determinante nelle elezioni locali, sostenendo candidati che garantiscano attenzione ai propri bisogni specifici, come la tutela delle scuole religiose o la regolamentazione dei quartieri. Accanto alla dimensione politica, si sviluppa una fitta rete di organizzazioni comunitarie che forniscono servizi essenziali ai propri membri: dalle ambulanze e soccorsi gestiti dai volontari di Hatzolah, conosciuti per la rapidità degli interventi, alle associazioni che raccolgono fondi per famiglie in difficoltà o per matrimoni e cerimonie religiose. Questo sistema di mutuo soccorso rafforza ulteriormente l’autonomia della comunità e ne consolida la resilienza. È interessante notare, tuttavia, che sul piano politico non esista un pensiero unico: alcune frange della comunità ebraico ortodossa, per motivi religiosi e storici, hanno manifestato ad esempio negli ultimi mesi apertamente a favore della Palestina, ritenendo che lo Stato di Israele non rappresenti la realizzazione autentica della fede ebraica.

Visitare Williamsburg e le strade abitate dalla comunità ebraico-ortodossa rappresenta un’esperienza unica, capace di offrire uno sguardo ravvicinato su un mondo che altrove rischia di restare invisibile. Allo stesso tempo, è importante ricordare che per chi vive qui non si tratta di un’attrazione turistica, ma della propria quotidianità, e la presenza di gruppi organizzati o di visitatori curiosi è spesso percepita come invasiva. Per questo, chi sceglie di passeggiare in queste vie dovrebbe farlo con rispetto, evitando atteggiamenti indiscreti o invadenti, scegliendo un abbigliamento sobrio e tenendo conto che la vita comunitaria segue regole e ritmi profondamente diversi da quelli del resto della città. Senza forzare sguardi né giudizi, si può percepire l’autenticità di un mondo altrimenti impenetrabile e se ne può cogliere il valore. 

Williamsburg rappresenta così un frammento di New York che merita di essere osservato con consapevolezza, come parte integrante del mosaico culturale che rende unica questa città. Nel prossimo appuntamento della nostra rubrica “Giro del Mondo a New York” continueremo questo viaggio tra nuovi angoli di mondo, scoprendo un’altra comunità che contribuisce a definire l’anima cosmopolita della città!

Immagine di Marta Galfetti

Marta Galfetti

Laureata in Psicologia della Comunicazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Si occupa di comunicazione attraverso progetti online e gestisce la pagina Instagram @Nyc_Pics_and_Tips. Vive a New York dal 2010 dove ogni giorno ricerca nuovi stimoli e scoperte.

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