Donald Trump torna al centro della scena internazionale e lo fa con un annuncio destinato a segnare una svolta nella crisi mediorientale.
“Israele e Hamas hanno firmato la prima fase del nostro piano di pace”, ha scritto l’ex presidente americano su Truth Social. “Tutti gli ostaggi saranno rilasciati molto presto e Israele ritirerà le sue truppe secondo una linea concordata, come primo passo verso una pace forte e duratura”.
L’accordo, che prevede il rilascio di tutti gli ostaggi e la fine della guerra a Gaza, sarà firmato giovedì al Cairo alle 12 (le 11 in Italia). Una firma che, se confermata, metterà fine a un conflitto durato più di un anno, costato migliaia di vite e un’intera generazione di dolore.
Netanyahu: “Con l’aiuto di Dio, riportiamo a casa i nostri ostaggi”
Dopo l’annuncio di Trump, è arrivata la conferma da Gerusalemme.
“Un grande giorno per Israele”, ha dichiarato Benjamin Netanyahu. “Domani convocherò il governo per approvare l’accordo e riportare a casa tutti i nostri cari ostaggi. Ringrazio il presidente Trump per il suo impegno e i nostri soldati per il loro coraggio: è grazie al loro sacrificio che siamo arrivati fin qui.”
Secondo quanto riferito dal suo ufficio, Netanyahu ha parlato direttamente con Trump in una telefonata “calorosa e piena di emozione”. I due leader si sarebbero congratulati a vicenda per “lo storico risultato ottenuto” e il premier israeliano avrebbe invitato l’ex presidente a tenere un discorso alla Knesset.
Hamas: “Fine della guerra e scambio di prigionieri”
Anche Hamas ha confermato l’intesa, parlando di un “accordo che determina la fine della guerra a Gaza, il ritiro dell’Idf, l’ingresso degli aiuti umanitari e lo scambio di prigionieri”.
In una nota, il movimento islamista ha ringraziato i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia, e ha espresso “apprezzamento per gli sforzi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel porre fine definitivamente alla guerra”.
La lunga notte di Sharm el-Sheikh
L’accordo è il frutto di una trattativa serrata a Sharm el-Sheikh, in Egitto, dove nelle ultime 48 ore si sono riuniti tutti i principali mediatori. Al tavolo erano presenti Jared Kushner e Steve Witkoff per gli Stati Uniti, il ministro del Qatar Mohammed al-Thani, il capo dell’intelligence turca Ibrahim Kalin e, per Israele, Ron Dermer.
Fonti israeliane confermano che le “mappe del ritiro” sono state aggiornate: l’esercito israeliano si ritirerà dalla maggior parte delle città, mantenendo però una presenza militare a Rafah. Resta fuori dallo scambio una lista di prigionieri palestinesi condannati per gli attentati del 7 ottobre 2023, tra cui Marwan Barghouti, considerato da Israele una “linea rossa” invalicabile.
La firma e l’ombra del Nobel
Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha invitato Trump al Cairo per la cerimonia ufficiale, sottolineando “il ruolo decisivo degli Stati Uniti nel favorire la riconciliazione”.
Secondo i media israeliani, Gerusalemme si starebbe già preparando alla possibile visita dell’ex presidente americano, che potrebbe successivamente recarsi in Israele per un discorso alla Knesset.
L’accordo arriva a pochi mesi dalle elezioni americane e proietta Trump nuovamente sulla scena mondiale con l’immagine di “uomo di pace”. Negli ambienti diplomatici circola già l’ipotesi di una candidatura al Premio Nobel per la Pace.
Un sospiro di sollievo
Mentre i negoziatori si abbracciavano in Egitto, le famiglie degli ostaggi attendevano con il fiato sospeso il post di Trump. “È impossibile respirare”, ha scritto Yotam Cohen, fratello di un soldato israeliano ancora prigioniero.
La madre di un altro ostaggio, Ditza Or, ha citato il profeta Isaia: “Annuncio della pace, annuncio della buona novella, annuncio della salvezza.”
Se tutto andrà come previsto, la liberazione dei primi ostaggi potrebbe iniziare già nei prossimi giorni.
Per ora, la storia segna un punto: dopo mesi di guerra e silenzi, il Medio Oriente torna a parlare di pace.