New York e le politiche migratorie al centro del dibattito elettorale

New York e le politiche migratorie al centro del dibattito elettorale

Mentre i Repubblicani criticano le politiche di New York, bersagliando soprattutto Eric Adams, anche alcuni politici dei Democratici si distanziano dalla linea del partito

New York City, che porta il suo blasone di città rifugio con una resistenza un po’ usurata, si ritrova ancora una volta a pagare pegno per la crisi migratoria che travolge il Paese. Oltre 210.000 richiedenti asilo accolti in due anni, quartieri popolosi e dormitori provvisori sono diventati il manifesto politico di chi accusa i Democratici di aver perso il controllo dei confini. Da Long Island alla Hudson Valley, l’impatto dei migranti su scuole, mercati immobiliari e risorse sociali ha alimentato il dibattito elettorale, in cui i Repubblicani puntano a galvanizzare l’elettorato suburbano e rurale.

Anche il sindaco Eric Adams è finito nel mirino dei media, con spot televisivi che mostrano immagini di migranti sui marciapiedi di Manhattan e accuse di cattiva gestione. Persino i candidati democratici, in bilico nei distretti competitivi, hanno adottato un approccio più rigido alla sicurezza dei confini per rispondere all’insoddisfazione degli elettori. Laura Gillen, candidata democratica a Long Island, ha speso centinaia di migliaia di dollari in spot pubblicitari per mostrare il proprio impegno a “proteggere il confine meridionale”, cercando di scrollarsi di dosso l’immagine di lassismo attribuita al suo partito.

La pressione sull’amministrazione Biden per l’adozione di politiche migratorie più severe ha trovato eco anche in gare elettorali chiave. Il sondaggio del Siena College di luglio evidenzia, infatti, che l’83% degli elettori newyorkesi considera l’immigrazione una questione grave, una percezione che ha portato i Democratici, inclusa la senatrice Kirsten Gillibrand, a rafforzare il proprio impegno verso un controllo più efficace del confine. La strategia sembra essere quella di non cedere il tema ai Repubblicani, ma di dimostrare agli elettori una consapevolezza pragmatica del problema.

In questo clima, i Repubblicani attaccano: hotel e carte di debito per i migranti come simbolo di sperpero, di una politica senza risposte. Gli spot parlano di strade e ponti dissestati che potevano essere riparati, di una sicurezza pubblica sacrificata all’altare del welfare d’emergenza. Nulla è lasciato al caso; l’immigrazione diventa il prisma attraverso cui filtrare ogni argomento, dal crimine all’economia.

New York, mai doma, sa che in questo gioco di specchi e ipocrisie, il vero cuore del dibattito non è l’immigrazione, ma il controllo del potere. Con novembre alle porte, si delinea una partita che ha poco a che fare con la solidarietà e molto con i calcoli elettorali.

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