Com'è andata l'intervista più difficile di Kamala Harris

Com’è andata l’intervista più difficile di Kamala Harris

Nè bene nè male. La candidata dei democratici è rimasta impantanata sul tema immigrazione, dove comunque si è saputa difendere dalle domande incalzanti di Bret Baier. Nessuno spazio, invece, ai temi più forti per i democratici, come l'aborto

La vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, ha affrontato uno dei momenti più difficili della sua campagna elettorale: un’intervista su Fox News con l’anchorman Bret Baier, commentatore politico dalla visione particolarmente repubblicana. L’incontro, trasmesso mercoledì, è stato caratterizzato da toni accesi e frequenti interruzioni, mentre Harris ha cercato di comunicare la sua visione politica.

L’intervistatore si è fatto subito sentire, incalzando la vicepresidente su temi cari alla destra: confini, immigrazione e l’inevitabile declino psicofisico di Joe Biden. Nonostante l’ambiente ostile – l’ultimo candidato democratico intervistato da Fox News è stata Hilary Clinton nel 2016 -, in quel botta e risposta tagliente, Harris ha saputo tenere il timone, pur non senza qualche fatica.

L’aspetto più interessante è stato il suo tentativo di prendere le distanze, anche solo simbolicamente, dal presidente Biden, con il quale non ci sarebbe una continuità presidenziale. Ha parlato di una leadership diversa, più giovane, di politiche nuove su temi come la casa e le piccole imprese. Ma è chiaro che lo spazio di manovra, in una campagna che ancora porta il marchio Biden, resta limitato.

Bret Baier, noto per le sue domande taglienti, ha mantenuto un atteggiamento combattivo. Gran parte dell’intervista si è concentrata sul tema dell’immigrazione, una questione spinosa per Harris. Baier ha puntato il dito su alcune delle critiche più frequenti dell’amministrazione Trump, chiedendo se Harris dovesse scusarsi con le famiglie delle vittime di crimini commessi da immigrati irregolari. E mentre elencava nomi di giovani donne morte, Harris ha cercato di non farsi sopraffare, esprimendo condoglianze e, subito dopo, lanciando la palla nel campo avversario: la colpa è di Trump, che ha sabotato una legge bipartisan sui confini che avrebbe imposto restrizioni più severe. Ha anche sottolineato la sua esperienza come ex procuratore, unica candidata in corsa con una carriera nella lotta alla criminalità, compresi i cartelli della droga.

L’intervista è stata anche un’opportunità per Harris di raggiungere un pubblico femminile conservatore, che la sua campagna sta cercando di conquistare. In tutto questo, l’argomento chiave che Harris sperava di affrontare, l’aborto, non è stato nemmeno sfiorato, ma la candidata dei Dem ha comunque mirato a evidenziare un contrasto caratteriale con Trump, definendolo “instabile” e “pericoloso”. Il dialogo è però stato in gran parte dominato dai temi dell’immigrazione e della sicurezza, un terreno decisamente più scivoloso.

In molti momenti dell’intervista, il comportamento di Baier ha ricordato le critiche di sessismo già rivolte ai media in passato, con le donne che, spesso, faticano a finire le frasi. Harris è stata spesso interrotta e ha dovuto chiedere spazio per finire le sue risposte: “Mi lasci concludere, per favore,” ha dovuto chiedere più volte. Sul finale, Baier ha riconosciuto di aver parlato troppo sopra di lei, chiedendo scusa.

L’intervista è stata anche una cartina tornasole per misurare quanto possa essere difficile, per un candidato democratico, cercare di dialogare con l’elettorato repubblicano. Harris, con i suoi toni pacati e le sue risposte misurate, ha provato a costruire un ponte. Ma la reazione immediata della campagna di Trump, che ha condiviso trionfalmente l’intervista sui social, ha dimostrato che quel ponte, forse, è ancora solo un miraggio.

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