La rinascita di un gigante dell’ospitalità: dopo otto anni di lavori e una battaglia tra investitori internazionali, il Waldorf Astoria riapre, pronto a riunire il passato Art Déco con i comfort moderni. Non è solo un ritorno all’antico splendore, ma la trasformazione di un hotel di lusso che ora si ridisegna come residenza privata.
Costruito originariamente nel 1893, il Waldorf – seguito dalla sua “gemella” Astoria nel 1897 – è stato all’avanguardia per il suo tempo: primo con l’elettricità e bagni privati in ogni stanza, divenne un simbolo di eleganza per l’élite internazionale. Una sua galleria d’arte interna mostrava già opere di pregio negli anni Venti.
Nel pieno del Novecento il complesso divenne un fulcro diplomatico e culturale: durante la Seconda Guerra Mondiale ha ospitato incontri segreti degli alleati impegnati sul fronte occidentale, mentre nei saloni si svolgevano banchetti del Lucullus Circle, dove uomini d’affari si riunivano attorno a tavole sontuose senza discutere di politica o affari.
Tra le novità recenti: la ricostruzione della volta centrale della lobby con marmo retroilluminato — un dettaglio progettuale previsto dagli architetti originali ma non realizzato per limiti tecnici —, e il recupero del mosaico “Wheel of Life” da 148.000 tessere di marmo. Il corridoio Peacock Alley è stato ridisegnato come nel 1931, abbandonando le tinte blu anni Ottanta a favore di pannelli in legno di radica e marmo nero.

A stupire non sono solo le forme ma anche le misure: dalle 1.400 stanze originali oggi si passa a 375 stanze d’hotel e 372 appartamenti privati, con metrature ben superiori ai 53 m², soffitti da 2,5–3 m e finestre con specchi laterali per aumentare la luce e la profondità degli spazi. Il prezzo base è arrivato a 1.500 $ a notte.
Ma più che nelle finiture, l’anima del Waldorf si è sempre riconosciuta nel suo ruolo sociale. È stato per decenni un palcoscenico per ambasciatori, attrici, presidenti e cantanti, un crocevia di potere, arte e diplomazia. Tra i suoi saloni sono nati eventi come i Tony Awards, si sono svolti ricevimenti ufficiali, cene di beneficenza, incontri riservati. Alcune delle sue sale — come il Silver Corridor, ispirato alla Galleria degli Specchi di Versailles — sono state restaurate per continuare a essere scenografie di questa funzione pubblica e, in qualche modo, teatrale.
In questo continuo sfilare di celebrità internazionali, anche molti italiani hanno lasciato il segno. Sophia Loren, ad esempio, è stata ospite dell’hotel in diverse occasioni ufficiali. Si racconta che il suo arrivo attirasse ogni volta folle di fan nella hall, tanto da obbligare lo staff a raddoppiare la sicurezza. Tra i leader politici, Sergio Mattarella ha soggiornato al Waldorf durante una visita diplomatica, ritrovandosi a incrociare in ascensore altri capi di Stato ospiti dello stesso vertice. Anche Marcello Mastroianni, negli anni in cui il cinema italiano era al centro dell’attenzione mondiale, è stato più volte invitato agli eventi organizzati nell’hotel, tra cui l’International Debutante Ball.
Questi aneddoti aiutano a raccontare anche la funzione simbolica del Waldorf Astoria, che è poi la funzione che avevano tutti gli hotel eretti a fine Ottocento: non luoghi per dormire, ma simboli di progresso e modernità, talvolta anche di potere. Riaprire il Waldorf, quindi, non è solo restituire alla città una struttura ricettiva, ma rimettere in funzione un dispositivo sociale, culturale e persino politico. E nel farlo, New York cerca — come spesso fa — di tenere insieme conservazione e mutamento, memoria e riformulazione.