Giovane talento del mondo della recitazione, Lorenzo Viganò è uno di quegli italiani che non ha perso il vizio nostrano dell’esplorazione. La sua formazione, iniziata tra Italia e Spagna, lo ha portato a trasferirsi definitivamente a New York, dove continua a perfezionarsi ogni giorno nel mestiere dell’attore. Lo abbiamo intervistato per capire meglio l’approccio a insegnamento e lavoro oltreoceano, indagare l’evoluzione del sogno americano tra i più giovani e comprendere come l’industria italiana dell’intrattenimento possa arricchirsi grazie a chi, come lui, ha allargato i propri orizzonti.
È in uscita il tuo film sulla vita di Ferruccio Lamborghini, produzione dal respiro internazionale con tanta Italia ma anche tanti States. Per te che ti sei formato fra Europa e America, quali sono le differenze fra i due continenti nell’ambito della tua professione?
Molte: sono stato sei mesi a Londra, tre a Chicago e nove a New York e proprio lì tornerò a febbraio per proseguire il mio percorso. Ho iniziato la mia formazione in Spagna a Barcellona e, arrivato nella Grande Mela, ho subito riscontrato come, a differenza dell’Europa, negli USA non è la qualità dell’insegnamento a fare la differenza, il Centro Sperimentale di Roma è un’eccellenza, ad esempio. L’America offre una varietà di persone che puoi incontrare non paragonabile a Spagna o Italia. Alla fine il lavoro dell’attore è osservare ciò che lo circonda e trarne il più possibile e, in una scuola come la Strasberg, incontri gente da tutto il mondo.
Da italiano negli Stati Uniti, hai notato la sussistenza di certi stereotipi che intaccano la reputazione degli italoamericani?
Mai in modo offensivo, anche se molto dipende da chi incontri. Di solito, però, quando si parla con persone che provengono da un altro Paese ci si scherza su, magari “scambiandosi” la presa in giro, ma sempre su un piano di rispetto reciproco. Anche perché fin troppo spesso gli americani, cercando di riprodurre lo stereotipo italiano, finiscono per fare un’imitazione un po’ scadente. Non sanno nemmeno come gesticolare bene, pensano che ci muoviamo come dei pupazzi! Alla fine ti fai due risate e basta.
Per te invece che valore ha la reputazione? Quanto incide in una carriera come quella dell’attore?
Io sono ancora all’inizio della mia carriera quindi è un concetto su cui sto ancora lavorando. Ad esempio, ho sempre approcciato alla mia professione pensando di non voler diventare famoso, che però è un po’ un paradosso, dato che la carriera attoriale è strettamente collegata alla fama. Diciamo che, per lavorare in questo campo, devi farti conoscere e quindi tanto vale presentarsi al meglio.
In questo numero di Reputation Review abbiamo deciso di concentrarci sul famoso American Dream. Esiste ancora secondo te?
Bella domanda! [ride ndr] Secondo me è un sogno. Penso sia vero che molti che decidono di partire per l’America magari riescono anche a raggiungere gli obbiettivi che si erano prefissati, ma questo perché, come sappiamo tutti, gli Stati Uniti sono un Paese ricchissimo di opportunità (molto più che in Italia e Spagna). Quindi, da un punto di vista lavorativo, ci battono dieci a zero. Però, per il resto, su qualità della vita, cultura, architettura, moda, cucina, siamo noi che li “annientiamo”. E parlo non solo dell’Italia ma dell’Europa in generale che può anche vantare un’unione che in America non è facile rintracciare. Il sogno in poche parole si riduce alle sole opportunità di lavoro che sono imparagonabili, ma per il resto il Vecchio Continente è imbattibile.
E per quanto riguarda il cinema italiano, c’è qualche possibilità che un giovane attore come te si senta attratto dalle produzioni nostrane?
Certo! Io non vorrei mai limitarmi nel mio lavoro, parlo perfettamente tre lingue fra cui l’italiano e quindi cerco di tenere tutte le porte aperte. In Italia mi piacerebbe cimentarmi, è un bellissimo cinema quello che viene realizzato, completamente diverso da quello americano, ma mantine comunque intatto il suo fascino. Abbiamo fatto anche noi la storia della settima arte, sarebbe un piacere prendere parte al mondo del cinema italiano.
Quali sarebbero le competenze che riporteresti in Italia dai tuoi lavori all’estero con le quali arricchire l’industria cinematografica?
Sicuramente, come dicevo prima, il fatto di essere praticamente madrelingua in tre lingue (italiano, spagnolo e inglese) è un valore aggiunto perché cambia anche il modo che hai di relazionarti con le altre persone e modifica anche il pensiero. Alla fine non parliamo di una sostanziale differenza di formazione: una scuola di recitazione, purché valida, è sempre una scuola che ti insegna il mestiere dell’attore. Il mio sarebbe un vantaggio semplicemente tecnico che però forse in Italia potrebbe dare un quid in più.
Quindi quali sono i tuoi progetti futuri?
Per adesso ci prepariamo all’uscita del film in Italia che avverrà a gennaio del 2023, stiamo lavorando con la mia agenzia per valutare attentamente la prossima mossa. Insomma, nulla di ufficiale ma tanto lavoro.