Il Console Generale d’Italia a New York, Fabrizio Di Michele, conclude il suo mandato dopo oltre quattro anni e mezzo alla guida del Consolato Generale più importante della rete diplomatica italiana. Un incarico svolto in una fase storica complessa, segnata dalla pandemia e da sensibili cambiamenti nella composizione della comunità italiana negli Stati Uniti. In questa intervista, Di Michele ripercorre alcune tappe fondamentali del lavoro svolto e i progetti che hanno contribuito a rafforzare il legame tra l’Italia e New York.
Qual è l’eredità più significativa che sente di lasciare dopo questi anni alla guida del Consolato Generale d’Italia a New York?
Da Console Generale spero di lasciare una comunità italiana più coesa e un Consolato percepito come più efficiente, ma anche più vicino e aperto a tutti i connazionali.
Come è cambiata la comunità italiana in questi anni?
La trasformazione non è avvenuta solo in questi anni, ma si tratta di un processo che va avanti da oltre due decenni. Mi riferisco all’arrivo a New York di un’élite di italiani che occupa posizioni rilevanti nella ricerca, nel business, nella finanza, nella scienza, nella medicina, nel mondo accademico, museale e culturale. Questo gruppo di italiani – uomini e donne, di tutti i settori – costituisce una risorsa straordinaria per il nostro Paese. Certamente un dato che colpisce positivamente riguarda il mondo della ricerca, dove italiani e italiane sono in numero sostanzialmente equivalente. In altri settori, come il business e la finanza, permane invece una maggioranza maschile ancora piuttosto marcata.
Quali nuovi servizi o miglioramenti sono stati implementati dal Consolato durante il suo mandato, e quale impatto hanno avuto sui cittadini italiani?
Il nostro sforzo, in questi anni, è stato quello di intercettare sempre di più questa nuova generazione di “immigrati”, valorizzandone le competenze e mettendole in connessione tra loro, con gli italo-americani, e con il resto di New York. E poi creare occasioni di incontro e di scambio, perché da queste occasioni può nascere solo qualcosa di positivo: come collaborazioni, sinergie, persino contratti !
Dal punto di vista dei servizi consolari, è importante ricordare l’eredità del COVID. Alla fine della pandemia ci siamo trovati di fronte a un Consolato fortemente sotto staffato, con quantità e qualità dei servizi consolari in crisi. Fin da subito lo sforzo è stato quello di rilanciare i servizi. Se si guardano i dati in questi anni, abbiamo moltiplicato l’output in tutti settori.
Mi limito a citare il numero dei passaporti rilasciati, servizio essenziale gli italiani all’estero. Prendendo come riferimento il 2019, ultimo anno pre-Covid il Consolato aveva emesso circa 5.200 passaporti. Nel 2024 siamo arrivati a 8.700 e nel 2025 supereremo i 9.000, a parità di risorse dedicate al servizio. Questo significa un gran miglioramento in termini di efficienza, che è stato percepito dall’utenza.
Attribuiamo grande importanza alle recensioni online, perché rappresentano un riscontro diretto da parte dei cittadini. Dal 2022 in poi si è registrato un miglioramento costante: il Consolato di New York è divenuto uno dei migliori degli Stati Uniti e oltre con circa il 90% di recensioni positive. Questo non significa che non permangano difficoltà o margini di miglioramento. Per me è sempre stato fondamentale mantenere una comunicazione continua e trasparente con i connazionali – anche rispondendo alle recensioni o alle richieste e commenti ricevuti sulla nostra casella per le relazioni con il pubblico. Bisogna dare un riscontro anche quando non siamo in grado di offrire il servizio nei tempi o nei modi desiderati.
Quali partnership con istituzioni locali o associazioni italiane hanno avuto un impatto nel rafforzare la comunità e la cultura italiana a New York?
A New York esiste una rete di istituzioni statali italiane unica negli Stati Uniti, che rappresenta al tempo stesso un privilegio e una grande responsabilità per il Consolato Generale. Accanto al Consolato operano l’Istituto Italiano di Cultura, l’ICE – Agenzia per il Commercio Estero, la Banca d’Italia, la Camera di Commercio Italia–USA, l’ENIT, il CGIE, il Comites, il CONI. Si tratta di una struttura articolata che consente una intensa programmazione di attività in tutti i settori, dal business, alla cultura, al turismo, allo sport, ecc. Uno sforzo importante è stato quello del coordinamento e della sinergia tra queste istituzioni, lavorando nella promozione dei nostri interessi nazionali.
C’è un progetto culturale o sociale che ricorda in modo particolare e che potrebbe diventare un modello per il futuro?
Abbiamo lanciato o rilanciato numerose iniziative con focus diversi. Nel 2021 e nel 2022 il nostro obiettivo principale era quello di offrire il Consolato come punto di riferimento per fare connettere o riconnettere gli italiani dopo il COVID. Lo abbiamo fatto attraverso attività di diversa natura che hanno contribuito anche a rafforzare la conoscenza reciproca tra italiani e italo-americani.
Diverse sono state le iniziative di promozione del nostro Paese per far conoscere al mondo della società civile e della finanza americana le realtà imprenditoriali italiane di punta di molti settori, da quello della sostenibilità, alla farmaceutica, allo spazio, ecc.
Abbiamo investito molto anche nella ricerca, collaborando con associazioni come ISSNAF (Italian Scientists & Scholars in North America Foundation) e AIRI (Associazione Internazionale Ricercatori Italiani), organizzando numerosi eventi.
Abbiamo poi promosso una intensa attività legata agli innovatori italiani e alle start-up. Questa è probabilmente l’iniziativa che ha prodotto il valore aggiunto più tangibile, perché da quegli eventi è nata un’associazione ” l’Italian Innovators Initiative” (I/3 NYC): si tratta di startupper, esperti, investitori italiani pienamente inseriti nell’ecosistema dell’innovazione newyorkese, diventati un vero e proprio partner istituzionale del Consolato per il sostegno all’innovazione italiana a New York e oltre.
Guardando al futuro di New York e della comunità italiana, cosa porta con sé alla fine di questo mandato?
Ritengo che l’esperienza professionale e umana che ho vissuto a New York in questi 4 anni e mezzo non sia ripetibile, qualunque sia il proseguimento della mia carriera.
Ricoprire il ruolo di Console Generale d’Italia a New York significa operare in una città in cui l’Italia gode di un peso storico e culturale straordinario. Questo incarico offre un accesso privilegiato ai livelli più alti della vita cittadina, non solo nel campo della politica e della pubblica amministrazione, ma anche in quelli del business, della finanza, della scienza e della ricerca. È un’esperienza che restituisce pienamente la misura della qualità, della competenza e della presenza italiana in tutti questi ambiti. Rappresentare l’Italia in un contesto come quello newyorkese significa essere ascoltati e poter incidere, ma implica anche un forte senso di responsabilità.
Al termine di questo mandato porto con me un patrimonio umano e professionale fatto di relazioni e legami costruiti nel tempo, che considero unico e di grande valore, tanto sul piano personale quanto su quello istituzionale.
Se dovesse lasciare un augurio al suo successore alla guida del Consolato Generale d’Italia a New York, quale sarebbe e quali elementi di continuità auspica?
Con il mio successore, Giuseppe Pastorelli, che prenderà servizio ai primi di gennaio, sono in contatto da tempo. In questa sede l’augurio è quello di avere tante energie – quelle che la città ti trasmette ma richiede allo stesso tempo – e tenere sempre i piedi per terra (cosa non scontata a New York). Non ho dubbi che farà un grande lavoro!




