Il lavoro di Genny Nevoso tra Los Angeles e l’Italia

Guidare un ponte tra l’Italia e la West Coast americana significa misurarsi ogni giorno con mercati complessi, regole nuove e un immaginario che trasforma il business in esperienza. A Los Angeles, cuore pulsante di creatività e innovazione, la Camera di Commercio Italiana West è da oltre vent’anni un presidio per le imprese che cercano di fare il primo passo negli Stati Uniti. Alla sua guida c’è Genny Nevoso, Executive Director, che racconta come si accompagna il Made in Italy tra opportunità, sfide e nuove forme di imprenditoria.

Genny, qual è la missione principale della Camera di Commercio Italiana West e come supporta le aziende italiane che vogliono entrare nel mercato americano, in particolare in California?

La missione principale della Italy-America Chamber of Commerce West è tanto semplice da raccontare quanto impegnativa da realizzare: aprire porte. Porte di mercati, di contatti, di opportunità. Il nostro compito è fare da ponte solido tra l’Italia e la West Coast, in particolare la California, che non è solo un mercato, ma un ecosistema complesso, competitivo e – per chi lo sa leggere – ricchissimo di occasioni.

Supportiamo le aziende italiane con un approccio sartoriale: niente pacchetti o eventi preconfezionati, ma strategie su misura. Partiamo dall’analisi del prodotto o servizio e verifichiamo la sua compatibilità con il gusto, le normative e le dinamiche locali. Poi accompagniamo le imprese nei passaggi più delicati: trovare distributori, stringere accordi commerciali, incontrare buyer, affrontare la comunicazione e il marketing in una lingua e in un contesto culturale che, pur essendo “occidentale”, è molto diverso dal nostro. La California, lo dico sempre, è un laboratorio del futuro: se un prodotto funziona qui, ha buone chance di funzionare altrove. Ma non basta arrivare con una buona idea: serve preparazione, adattamento e una presenza costante. E noi siamo qui per fare in modo che il primo passo non sia l’ultimo.

IACCW Italian Excellence Gala 2023

Quali sono i settori del Made in Italy che stanno vivendo oggi la maggiore espansione negli Stati Uniti?

Negli Stati Uniti, e in particolare in California, il Made in Italy gode di un fascino che non passa mai di moda. Ma oggi ci sono settori che stanno vivendo un’accelerazione evidente.

L’agroalimentare di qualità resta il nostro biglietto da visita più riconoscibile: non parliamo solo di vino, pasta o olio extravergine, ma di prodotti a denominazione protetta e di nicchia, capaci di raccontare territori e tradizioni. Il consumatore americano, soprattutto sulla West Coast, cerca autenticità e tracciabilità: vuole sapere non solo cosa sta mangiando, ma da dove viene e chi lo produce.

Accanto al cibo, c’è il design – dall’arredo all’illuminazione – che qui trova un mercato sensibile alla bellezza funzionale e alla manifattura di alta gamma.

Ricordiamo anche il comparto chimico-farmaceutico, che nel 2024 ha raggiunto 13 miliardi di dollari con una crescita del 31,4%, e la meccanica-macchinari, storicamente forte, con quasi 18 miliardi di dollari di export. Tre settori diversi, ma accomunati da innovazione, qualità e un racconto che convince il mercato americano.

Come è cambiato il profilo dell’imprenditore italiano che si affaccia al mercato americano negli ultimi anni? Si tratta più di startup, brand affermati o nuove generazioni di professionisti?

Negli ultimi anni, il profilo dell’imprenditore italiano che guarda agli Stati Uniti si è fatto più variegato e dinamico. Accanto ai marchi affermati del Made in Italy, che rafforzano la loro presenza con filiali, uffici commerciali e a volte produzioni locali, troviamo un numero crescente di global startups, realtà nate già con una strategia internazionale e gli USA come primo obiettivo. Basti pensare che il 6% delle startup italiane si trasferisce all’estero e, di queste, l’85% sceglie proprio il mercato americano, generando il 17% del valore totale delle imprese “migrate” e adottando spesso strutture come il Delaware Flip per attrarre capitali locali. A completare il quadro, una nuova generazione di imprenditori “ibridi”: professionisti che partono da esperienze familiari o settoriali in Italia e costruiscono negli USA un portafoglio di attività diversificate – dal franchising al real estate, dalla ristorazione all’innovazione – mescolando radici italiane e flessibilità tipica del mercato americano.

Los Angeles è una città simbolo della creatività e dell’innovazione: quanto conta la componente culturale nella promozione del business italiano?

Moltissimo. A Los Angeles la componente culturale non è un contorno, è parte integrante della strategia di business. Qui il racconto conta quanto – e talvolta più – del prodotto stesso. La città vive di narrative e di storytelling: il Made in Italy funziona quando sa trasformarsi in esperienza, legando qualità, estetica e valori a una storia credibile e affascinante. Che si tratti di un vino, di un abito o di una lampada di design, il successo nasce dalla capacità di far immaginare al consumatore un pezzo d’Italia nella propria vita. E a Los Angeles, dove l’immaginario è un’industria, questa capacità diventa un vantaggio competitivo decisivo.

La cucina italiana è una porta d’ingresso potentissima verso la nostra cultura. Che ruolo ha oggi il food & wine nelle attività della Camera di Commercio? Collaborate con chef, ristoratori o eventi gastronomici?

Il food & wine è uno dei pilastri della nostra attività promozionale e lo è anche per l’intera rete delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, coordinate da Assocamerestero. Per anni, la IACCW ha sviluppato eventi educational, promozionali e di knowledge sharing a difesa del prodotto agroalimentare e vitivinicolo italiano autentico, nell’ambito di progetti come The Extraordinary Italian Taste e, successivamente, The Authentic Italian Table. In questo contesto, negli anni, abbiamo coinvolto chef locali, come Gino Angelini, Barbara Pollastrini – già True Italian Taste Ambassador – Luigi Fineo, Steve Samson, Roberto Gerbino e creato collaborazioni che nel tempo hanno visto protagonisti nomi come Franco Pepe, Enzo Coccia, Nancy Silverton, Daniele Uditi, Antonia Klugman ed Enrico Bartolini, insieme a Regioni italiane, Consorzi e produttori di eccellenze.

Un altro asset importante è la rete di ristoranti certificati con il Marchio Ospitalità Italiana (Marchio Q), che intendiamo valorizzare attraverso attivazioni capaci di raccontare l’Italia contemporanea a tavola, evitando i cliché che troppo spesso cristallizzano la nostra tradizione culinaria in un’immagine ferma nel tempo.

Parlando di sostenibilità e nuove tendenze, come si stanno adattando le aziende italiane alle richieste del mercato statunitense in termini di green economy e digitalizzazione?

In California la sostenibilità e il digitale non sono un plus, ma il passaporto d’ingresso: le imprese italiane vincono quando sanno unire ESG e innovazione. Sul fronte green, l’Italia è tra le economie più sostenibili del G20 e dell’Unione Europea, con un’intensità di emissioni in costante calo.

Sul fronte digitale, il PNRR destina circa 47 miliardi di euro – il 26% del totale – all’innovazione, con iniziative che spaziano da Industria 4.0 alla sanità e alla scuola digitale. La digitalizzazione è anche un motore per l’export: il cosiddetto “learning by exporting” favorisce l’uso di e-commerce, piattaforme B2B e logistica avanzata per servire meglio mercati come quello statunitense.

 Permangono però criticità: solo il 45,8% degli italiani tra i 16 e i 74 anni ha competenze digitali di base (contro una media UE del 55,5%) e molte PMI sono in ritardo nell’adozione di intelligenza artificiale e tecnologie avanzate.

Quali strumenti offre la IACCW alle PMI italiane che vogliono esportare prodotti o servizi in California e negli USA in generale?

La IACCW è un facilitatore strategico per le PMI italiane che vogliono esportare in California e negli Stati Uniti. Offriamo servizi di market entry su misura: analisi di mercato, studi di fattibilità, valutazione della concorrenza e identificazione dei canali distributivi più efficaci.

Organizziamo agende di incontri B2B con buyer, distributori e partner selezionati, e promuoviamo le aziende attraverso eventi, missioni commerciali e study tours in collaborazione con la rete mondiale delle Camere di Commercio Italiane, partner istituzionali italiani e quelli locali.

A questo affianchiamo supporto su aspetti tecnici e operativi – dalla conformità normativa alle certificazioni, dalla logistica al marketing locale – con un’attenzione particolare allo storytelling e al posizionamento del brand, per parlare la lingua del consumatore californiano, sensibile a qualità, sostenibilità e innovazione.

Avete attivato progetti o partnership recenti con istituzioni italiane o americane per sostenere il Made in Italy?

I progetti sono numerosi e nascono sempre in collaborazione con partner istituzionali italiani, a beneficio di imprese e settori specifici. Nel quadro di azioni e progettualità B2B, abbiamo recentemente lavorato con due chapter di Confindustria per organizzare uno study tour esperienziale tra California del Nord e del Sud, che ha coinvolto 54 rappresentanti di imprese di diversi settori. Con la Regione Campania abbiamo sviluppato e realizzato attività a sostegno di oltre venti aziende del comparto food & beverage, mentre con la Camera di Commercio dell’Umbria abbiamo avviato iniziative mirate. Sono inoltre in corso progetti dedicati alla promozione dell’olio extravergine di oliva, settore strategico per il Made in Italy in California.

Cosa significa per te, personalmente, rappresentare l’Italia in un contesto internazionale come quello di Los Angeles?

Rappresentare l’Italia a Los Angeles, per me, è molto più di un ruolo professionale: è un filo invisibile che ogni giorno mi riporta a casa. Ho lasciato la mia terra oltre 20 anni fa, ma non l’ho mai lasciata davvero. Porto con me il suono delle voci, i profumi della cucina, la bellezza dell’arte, il ritmo delle piazze, e li intreccio con l’energia inesauribile di Los Angeles, che vive di creatività e di futuro.

Ogni progetto che realizzo, ogni impresa italiana che aiuto a raccontarsi e a crescere qui, è un modo per restituire qualcosa all’Italia, per farla vedere non come un’immagine ferma nel tempo, ma come un Paese vivo, contemporaneo, capace di innovare senza perdere sé stesso. È una missione, ma anche un privilegio: essere quel ponte tra ciò che sono e ciò che ho imparato a diventare.

Che consiglio daresti oggi a un giovane imprenditore italiano che sogna di portare il proprio brand in America? Da dove dovrebbe iniziare?

Entrare nel mercato americano è una maratona, non uno sprint: servono pazienza, strategia e autenticità. Servono studio, ricerca e vision.

Suggerisco di iniziare con un’analisi accurata della domanda, dei canali distributivi e delle certificazioni necessarie. Parallelamente, costruire una rete di contatti locali: qui le relazioni contano tanto quanto il prodotto, e la credibilità si conquista passo dopo passo.

Infine, saper localizzare il marketing e abbracciare usi e costumi del mercato: il brand deve rimanere autenticamente italiano, ma integrarsi in modo naturale nel contesto culturale e nei codici di comunicazione locali. È un percorso che richiede investimenti mirati.

La tua è una storia professionale internazionale e di successo. Come sei arrivata a ricoprire il ruolo di Executive Director della Camera di Commercio Italiana a Los Angeles e per la West Coast? C’è stato un momento decisivo nel tuo percorso?

La mia storia alla Camera è iniziata oltre vent’anni fa, come stagista volontaria. Fin dal primo giorno ho lavorato con la stessa serietà e dedizione di un impiego retribuito, perché credevo profondamente in quello che stavo facendo. In seguito, ho maturato esperienze professionali all’esterno che mi hanno arricchita di competenze nuove e trasversali. Quando sono tornata alla Camera, ho messo in campo pazienza, determinazione e capacità di visione.

Il momento decisivo è arrivato quando il Board, dovendo scegliere un nuovo Segretario Generale, ha deciso di credere in me. In questi casi, il timing è importante: serve pazienza, ma anche la voglia di mettersi in gioco, di osare e di innovare. All’epoca, la Camera stava attraversando una fase complessa: accettare l’incarico ha significato assumermi la responsabilità di affrontare e risolvere alcune criticità ereditate, prima ancora di poter implementare la mia visione.

Da allora, ho lavorato per portare una prospettiva nuova, svecchiare ed elevare la qualità dei nostri eventi e delle nostre attivazioni, rafforzando il posizionamento della Camera come punto di riferimento istituzionale e come laboratorio di idee e opportunità per la comunità. Da nove anni, ogni giorno, lavoro per onorare quella fiducia con la stessa passione e determinazione del mio primo giorno.

Essere una donna ai vertici di un’istituzione come la Camera di Commercio Italiana in un contesto competitivo come quello americano non è scontato. Qual è la tua visione sulla leadership femminile oggi? E che messaggio senti di voler dare alle giovani donne italiane che vogliono affermarsi all’estero?

Essere donna in un ruolo di vertice, in un contesto competitivo come quello americano, oggi è meno raro di un tempo, ma non è ancora scontato. Nel network delle Camere di Commercio Italiane all’Estero molte delle figure di Segretario Generale sono donne: un segnale positivo, che dimostra come la competenza e la capacità di leadership non abbiano genere. Ma la società, pur migliorando, porta ancora con sé pregiudizi sottili, aspettative non dette e, talvolta, resistenze culturali.

La mia visione è che la leadership femminile, oggi, debba essere al tempo stesso solida e fluida: capace di avere una direzione chiara, ma anche di adattarsi, innovare, e leggere il cambiamento prima che accada. Alle giovani donne italiane che vogliono affermarsi all’estero direi tre cose molto concrete.

Serve preparazione e vision: studiate, aggiornatevi, e sviluppate una prospettiva internazionale: è ciò che vi permetterà di entrare in conversazioni che contano. Costruite il vostro network: le relazioni sono ancora moneta forte, soprattutto fuori dall’Italia. Coltivate contatti veri, basati su fiducia reciproca. Autenticità e adattamento: siate voi stesse, ma imparate a leggere e rispettare i codici culturali del Paese in cui operate. L’adattamento non è rinuncia, è strategia.

E soprattutto, non aspettate un “permesso” per prendervi lo spazio che vi spetta. Oggi più che mai, il potere di fare la differenza è nelle mani di chi decide di usarlo con coraggio e consapevolezza. Non chiedete spazio: occupatelo. Perché, se aspettate che ve lo concedano, vi daranno solo quello che avanza.

Immagine di Veronica Maffei

Veronica Maffei

Veronica Maffei, giornalista italiana a Los Angeles, racconta la West Coast attraverso cultura, lifestyle, tech e sport. Specializzata nel valorizzare le eccellenze italiane in America, collabora con Mediaset, RAI Cinema, Radio 24 e Italpress. Con passione e professionalità, intreccia storie che uniscono due mondi, portando il meglio dell’Italia negli USA e viceversa.

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