Da Roma a New York: il “friccicore” negli occhi di Leonardo Bocci

Ironico, leggero e al contempo profondo, Leonardo Bocci è ormai tra i volti della comicità di ambientazione romana più seguiti e apprezzati online. Attore, autore e content creator, con il suo sguardo parodistico e satirico della vita nella capitale, tiene compagnia da anni, su base quasi giornaliera, a più di 200mila follower su Instagram e altrettanti su Facebook. Lo abbiamo incontrato per una chiacchierata informale durante la sua vacanza newyorkese, facendoci raccontare le sue impressioni e il suo mondo a contatto con la realtà americana.

Ciao Leonardo, quali sono le sensazioni che stai vivendo durante questa tua prima volta a New York?

New York per me è sempre stata un sogno, penso ai film e a tutto quello che può venire in mente quando si nomina la Grande Mela. Sono come un bambino che vede e tocca con mano questo sogno per la prima volta. Poi ti dirò, all’inizio tutto particolare, però subito dopo mi son detto “me sembra de stà a casa, sembra de stà a Roma”, proprio per l’atmosfera di New York, per le persone, un po’ anche per come è strutturata la città nonostante le differenze. Prima, anche dai racconti di chi c’era stato, la vedevo come qualcosa di inarrivabile, lontano. Stando qui invece la trovo tranquillissima, mi sento a mio agio e mi piacerebbe molto starci per magari 6 mesi, fare un’esperienza qui. Ovviamente ci sono i pro e i contro come in tutte le cose, ma i pro qui mi sembrano tanti. Magari non puoi goderti una birra camminando per le sue strade, però…

Però c’è il trucco…

Ah sì, col cartone, ho già avuto modo di vedere con “amici del mio viaggio a New York”  (ride, Ndr).

Visto che ti ha colpito così piacevolmente, pensi di inserire New York nei tuoi prossimi contenuti?

Quando sono arrivato, ho detto “non voglio lavorà”. Sai molti di quelli che lavorano sui social, quando arrivano in un posto, subito partono con “oggi siamo a New York, facciamo questo e quell’altro” o “vi dico quanto costa la vita a New York”, ecc. Io non sono fatto per quelle cose, perché poi mi nausea e mi rovino la vacanza. Però magari un reel esce. Io sono molto pigro, uno che procrastina tanto. Non vorrei fare il solito video “L’Italiano/Il romano a New York” – ma tanto poi alla fine farò quello (ammette divertito, Ndr) – perché è visto e rivisto. Però che faccio allora? Non lo so, vediamo.

Ti aiutiamo noi a raccogliere idee per questo reel allora. 3 cose che, nel bene o nel male, ti colpiscono di New York.

Innanzitutto qualcosa di non materiale, proprio l’atmosfera della città, er friccicore come si dice a Roma, la sua maestosità che non si vede da nessun’altra parte. Poi il costo della vita, nel male questo ovviamente, anche se poi mi dicono che è tutto in proporzione, anche gli stipendi. Come terza cosa, quest’impressione di stare sempre in un film, all’interno di un set cinematografico. Però, ce lo siamo detto più volte in questi giorni, è una città che ti deve piacere nel suo essere metropoli. Non è un posto dove vai per dire “mi rilasso”. A New York tendenzialmente ci vieni per realizzarti a livello lavorativo, per fare business, sennò te ne vai a Bali, in India, a Bari – che in Puglia pure se sta bene – questa è proprio la città in cui vieni se c’hai il sogno americano, economico, di vita.

Con l’ironia che ti contraddistingue, che tratto hai osservato negli italiani a New York?

Ripeto, un po’ sembra di stare a Roma: da Giovanni al Via Della Pace sembrava de stà da Biffi, un locale alla Garbatella che frequento spesso. Al Roma Club di New York mi sentivo come con gli amici miei al baretto sotto casa. Parlo con te e me pare de stà a pijà un caffè a Piazza Bologna o a Corso Trieste. Poi vabbè magari, come mi è successo, incontri un romano che sta qui a New York da vent’anni e, mentre parla italiano, te mette sempre in mezzo uno “yeah” come intercalare.

E se ti chiedessi, per concludere, il tuo sogno nel cassetto?

Mettiamola così, diventare al 100% un nomade digitale. Mi piacerebbe anche diventare autore e lavorare magari un po’ di più col cinema, ma non è l’obiettivo. Sai, se mi chiedi cosa vuoi fà da granne, ti dico che vivere da nomade digitale, lavorare e guadagnare coi social, che è quello che sto facendo adesso, è il Sogno.

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Marco Costante

Classe 1990, Marco G. Costante è autore, copywriter e ghostwriter tarantino. Storico per formazione accademica, marketer per deformazione professionale, è tra i fondatori de L’Olifante, collana di libri di approfondimento musicale, e scrive di musica, marketing e reputazione per i magazine SMMAG! e Reputation Review. Innamorato fin da bambino della cultura e degli sport a stelle e strisce, ha recentemente contribuito al saggio Against Stereotypes - The Real Reputation of Italian American di Davide Ippolito.

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