Cristiano Rossi, dal cinema alla gelateria artigianale: un viaggio di passione e innovazione

Da ex operatore cinematografico a protagonista dell’autentica esperienza italiana a New York, tra gelato artigianale, pizza napoletana e cultura enogastronomica

Cristiano Rossi, il proprietario del ristorante Terrone

La mia storia è un po’ come un film: un colpo di scena che mi ha portato a New York. Ma alla fine, il sogno americano è più che reale. Ho cambiato copione, ma la passione per la qualità e per raccontare storie—ora attraverso il cibo—è la stessa di quando lavoravo nel cinema. Non volevo solo aprire un ristorante. Volevo creare un angolo d’Italia a New York, un posto in cui chiunque, italiano o americano, potesse vivere un’esperienza autentica

Nato a Salerno, Cristiano Rossi ha lasciato una carriera nel cinema, dove ha collaborato con registi di fama internazionale in produzioni hollywoodiane come Gangs of New York e Italian Job, per dedicarsi alla gastronomia dopo essersi trasferito negli Stati Uniti. A New York ha aperto Santa Chiara, una gelateria che ha subito conquistato il pubblico grazie alla qualità del gelato artigianale. Nel 2024 ha inaugurato Terrone, un ristorante e pizzeria nel cuore di Long Island City, dove propone la filosofia “Italian Farm to American Table”. Con il suo approccio innovativo, ha creato un luogo che non offre solo cibo, ma un’esperienza che celebra la cultura e la tradizione italiana.

Dai grandi schermi cinematografici alla gelateria artigianale a New York. Raccontaci come è avvenuto questo cambiamento e quale è stato il percorso che ti ha portato fin qui?

Sono originario di Salerno e prima di tutto questo lavoravo nel cinema. Ero operatore cinematografico e ho avuto la fortuna di collaborare con grandi registi, soprattutto in produzioni americane. Nel 2007 mi trovavo negli Stati Uniti per un film quando ho conosciuto mia moglie, che è americana. Ho provato a convincerla a trasferirsi in Italia, e in effetti ci ha provato, ma tra le difficoltà lavorative e la vita a Salerno, non è stato facile per lei. Così alla fine mi sono trasferito io. Nel 2020 mi sono stabilito definitivamente negli Stati Uniti, ma mi sono trovato di fronte a una grande domanda: da dove ricominciare? Il cinema, per me, era ormai un capitolo chiuso. È stato con mia moglie che ci siamo resi conto di una cosa sorprendente: a New York mancava il vero gelato artigianale. Le gelaterie non mancavano, certo, ma molte utilizzavano preparati industriali. Da lì è nata l’idea di portare il gelato autentico nella grande mela.  Ho deciso di formarmi seriamente e sono tornato in Italia per frequentare un corso con Giacomo Schiavon, uno dei più grandi maestri gelatai. Poi ho aperto la mia prima gelateria, Santa Chiara, e il successo è arrivato subito. Ho avuto l’opportunità di collaborare con realtà prestigiose come QC Terme, La Maison du Chocolat e Juice Generation—con quest’ultima ho creato il Juice gelato, fatto appositamente dai loro centrifugati e venduto direttamente nei loro store. Poi ho voluto spingermi oltre: ho iniziato a sperimentare con gelati alcolici e gastronomici. È stato il punto di svolta. Da lì l’attività è esplosa, tra eventi, catering e collaborazioni sempre nuove.

Poi è nata l’idea di aprire il tuo ristorante-pizzeria Terrone, la cui filosofia si basa sul concetto di “Italian Farm to American Table”. Cosa significa per te?

Esatto. Proprio di fronte alla gelateria si era liberato uno spazio grande, e il proprietario mi ha chiesto se avessi voglia di farci qualcosa. In quella zona della città mancava una vera pizzeria autentica, così ho deciso di aprirla io. Ho messo insieme un team straordinario: uno dei migliori pizzaioli, uno chef di talento, tutto lo staff italiano, e naturalmente prodotti importati direttamente dall’Italia. Così, a marzo 2024, è nato Terrone, una pizzeria e ristorante che segue la filosofia Italian Farm to American Table. Il concetto di Italian Farm to American Table è il cuore della filosofia di Terrone. Non si tratta solo di portare la cucina italiana a New York, ma di farlo nel modo più autentico possibile, partendo dalla qualità e dalla provenienza degli ingredienti. Ogni prodotto utilizzato nel ristorante, dalla farina per la pizza ai pomodori, dall’olio extravergine di oliva ai salumi e ai formaggi, è selezionato con cura e importato direttamente dall’Italia. L’idea è quella di ricreare l’esperienza gastronomica italiana senza compromessi, rispettando le tradizioni e le materie prime proprio come farebbe un ristorante in Italia. Allo stesso tempo, Italian Farm to American Table significa anche adattarsi al territorio, valorizzando le eccellenze locali quando possibile, ma sempre mantenendo intatta l’anima della cucina italiana. È un ponte tra due mondi, un modo per far assaporare l’Italia più autentica anche a chi non ci è mai stato.

In cosa credi che Terrone si differenzi dagli altri ristoranti e pizzerie italiane a New York?

Credo di essere riuscito a trasmettere l’atmosfera autentica dell’Italia, e non solo attraverso i piatti. È il personale, gli ingredienti, il servizio, ogni dettaglio è pensato per far vivere un’esperienza italiana a 360 gradi. Tante recensioni dicono che da Terrone sembra davvero di essere in Italia, ed era esattamente il mio obiettivo. Non è una questione di competizione con gli altri, ma di offrire qualcosa di unico: volevo che, per il tempo di un pranzo o di una cena, il cliente si sentisse in Italia, anche se non ci è mai stato. La soddisfazione più grande? Avere una clientela italiana. La sera si sente parlare quasi solo italiano, è una sensazione bellissima. Poi, dentro Terrone, abbiamo creato un laboratorio che ha due anime. Da un lato, la produzione artigianale: facciamo tutto noi, dal pane ai croissant, dalla pasta fresca ai dolci. Dall’altro, la condivisione del sapere: visto il successo della nostra cucina, abbiamo iniziato a organizzare corsi ogni martedì. Pasta, pizza, mozzarella, gelato… ogni lezione va sold out. E a settembre vogliamo portare un pezzo d’Italia anche fuori dal ristorante: organizzeremo una vendemmia in piazza, con tini d’uva e gente che pigia a piedi nudi, proprio come si faceva una volta. Sarà un’esperienza unica.

Hai creato non solo un luogo dove il cibo è protagonista, ma anche un’esperienza immersiva che va oltre la cucina italiana…

Esatto, Terrone e Santa Chiara non sono solo ristoranti, ma spazi dove l’Italia si vive a tutto tondo. Volevo che fosse un punto di riferimento non solo per chi ama la nostra cucina, ma anche per chi vuole respirare la cultura italiana in tutte le sue sfumature.

Ogni mercoledì pomeriggio, ad esempio, organizziamo corsi per bambini: insegno loro la lingua italiana, tra una cioccolata calda d’inverno e un gelato d’estate. È un modo per trasmettere qualcosa in più, oltre al gusto, un legame con la nostra tradizione, con la nostra storia. Lo faccio personalmente, perché sono laureato in Lettere e credo molto nel valore dell’insegnamento.

E poi, a New York, tutto questo è possibile. Una volta, in un’intervista, dissi che il sogno americano esiste davvero. Io ho scritto una semplice email a Juice Generation, proponendo un’idea, e dopo due giorni mi ha chiamato direttamente il proprietario per incontrarmi. Qui, se hai un’idea valida e ci credi davvero, la strada la trovi. E questa città ti insegna che non esistono sogni troppo grandi.

I commensali seduti per cenare da Terrone, il ristorante di Cristiano Rossi a New York

Nel tuo percorso hai sicuramente affrontato sfide, ma anche grandi soddisfazioni. Quali sono state le difficoltà maggiori e cosa ti dà più orgoglio oggi?

Le difficoltà non sono mancate, e due in particolare mi hanno messo alla prova. La prima è stata adattarmi ai gusti americani. Ricordo bene quando ho iniziato a servire il caffè: era troppo intenso per molti clienti, abituati a un gusto più leggero. Ma ho tenuto duro, grazie anche al supporto della comunità italiana, e oggi il mio caffè è apprezzato proprio per la sua autenticità.

La seconda grande sfida è stata la burocrazia. Può sembrare incredibile, ma quella di New York è persino più complicata di quella italiana. Per aprire un locale devi passare attraverso un labirinto di agenzie, architetti, permessi e uffici, un percorso che richiede pazienza e determinazione.

Ma ogni fatica è ripagata dalla soddisfazione di vedere il mio lavoro prendere vita. Tutto nasce dalla passione, dalla qualità e dalla voglia di condividere la nostra cultura in modo autentico. Il bello è che non mi fermo mai: il futuro è pieno di idee. Penso a nuove espansioni, nuovi corsi, magari anche un altro locale. Ma sempre restando fedeli all’anima italiana del progetto. Perché più che un ristorante, Terrone è un pezzo d’Italia a New York.

Il tuo ristorante non si trova a Manhattan, ma a Long Island City, affacciato sull’East River. Come mai questa scelta?

Prima di tutto, perché la vista è spettacolare. Long Island City offre uno skyline mozzafiato di Manhattan, ma senza il caos e l’affollamento turistico. È uno spazio più autentico, dove ci si può fermare davvero a godere l’esperienza senza la frenesia della città. Molti italiani e turisti italiani si concentrano su Manhattan, quasi fosse l’unico luogo dove cercare autenticità. Invece, credo sia importante riscoprire anche altre zone di New York, quelle meno battute dai percorsi turistici. Spesso, proprio in questi angoli meno scontati, si trovano le realtà più autentiche, ristoranti e locali che mettono qualità, ricerca e passione prima della posizione strategica o del marketing. Parlo della mia esperienza, ovviamente, ma sono convinto che la qualità vera si trovi spesso in posti inaspettati. Ci sono realtà fuori da Manhattan che offrono un’attenzione ai dettagli superiore a quella di tanti locali più famosi e pubblicizzati. E poi c’è un aspetto che mi sta particolarmente a cuore: molti italo-americani o persone lontane dall’Italia da anni finiscono per perdere il contatto con i veri ingredienti, con la qualità e la tradizione. Frequentare sempre gli stessi posti, quelli più noti, significa spesso accontentarsi di una cucina italian sounding più che autentica. Io volevo creare uno spazio in cui chiunque, italiano o americano, potesse vivere un’esperienza davvero genuina, riscoprendo i sapori e le atmosfere dell’Italia vera e questo,  rappresenta in definitiva quello che mi aspettavo dal mio sogno americano.

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Elide Vincenti

Laureata con lode in Letteratura Comparata e Arti dello Spettacolo presso la Sapienza di Roma, ha lavorato come Project Manager presso Italy-America Chamber of Commerce Southeast di Miami. Vive a New York, dove frequenta il corso di Master in Critical Journalism e Creative Publishing presso l’Università di New York, Parsons - The New School.

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