Nella cornice vibrante di Little Italy, tra le strade storiche di Mulberry e Grand Street, è stato presentato il “Figli del Mare Award”, un riconoscimento dal forte valore simbolico e culturale che celebra le radici dell’emigrazione italiana verso gli Stati Uniti. Un premio non solo artistico, ma identitario: un tributo poetico ai migranti che, salpando dal porto di Napoli, hanno tracciato il cammino verso una nuova vita in America.
La cerimonia, presentata dalla giornalista Germana Valentini, si è svolta nel cuore del quartiere che fu crocevia delle ondate migratorie italiane: in quello che un tempo era chiamato “la Polonia”, la porta d’ingresso della città per i nuovi arrivati, poi ribattezzata Little Italy. Le strade stesse raccontano la geografia delle origini: Mulberry Street per i campani, Elizabeth Street per i siciliani. Oggi, quel passato vive e si rinnova grazie a iniziative come questa.
Il premio “Figli del Mare Award”,Il premio creato da Dante Mortet nasce da un’idea dell’autrice televisiva e scrittrice Germana Valentini e di Laura Valente, direttrice artistica delle celebrazioni di Napoli 2500 e che faceva parte del “Festival Al Faro” trasmesso in diretta streaming dal Molo San Vincenzo, il molo del porto di Napoli, da dove un tempo partivano le navi per gli Stati Uniti. Al porto di Napoli, i migranti usavano un filo di lana come rituale simbolico per mantenere un legame con i propri cari rimasti a terra durante la partenza. Un familiare sul molo teneva un’estremità di un gomitolo di lana mentre la nave si allontanava, srotolando il filo. Il filo veniva tenuto fino a quando non si rompeva, a simboleggiare la rottura del legame fisico, pur preservando quello spirituale. L’immagine finale era spesso quella della statua di San Gennaro e del Vesuvio, a rappresentare la terra lasciata alle spalle.
«Questo filo lo tenevano da una parte i migranti, dall’altra le famiglie rimaste — ha ricordato con emozione Silvana Mangione, vicesegretaria del CGE —. Un filo che a volte si spezzava, ma che oggi vogliamo riannodare con orgoglio». Questa tradizione del filo è stata commemorata durante il Festival “Al Faro” attraverso una coreografia creata da Germana Valentini ed eseguita di fronte a Castel Clinton dalla ballerina Elodie Fraga.

La scultura, nata dalla collaborazione tra Dante Mortet e il figlio Lorenzo, rappresenta proprio quel legame invisibile e indistruttibile tra chi è partito e chi ha costruito altrove un futuro. “Figli del mare”, li chiama Mortet: “coloro che portano dentro di sé la storia di una partenza e la forza di un arrivo”.
Tra i promotori dell’evento, il Red Sox Studio, nuovo punto di riferimento della comunità italoamericana a New York, fondato da Patrick O’Poyle e John Viola, noti anche per l’“Italian American Podcast”, che si propone di trasmettere alle nuove generazioni la cultura delle origini. «Non solo cultura italiana, ma cultura italoamericana — ha spiegato Viola —. Una realtà che si è evoluta ma che ha bisogno di restare legata alle sue radici».
La premiazione si fregia di un luogo fortemente simbolico: Castle Clinton (un tempo noto come Castle Garden), il primo punto di approdo per i migranti prima dell’apertura di Ellis Island. Qui approdarono milioni di italiani tra il 1860 e il 1960, nel più grande esodo della storia contemporanea. Proprio per ricordare questo passaggio, il premio è stato dedicato a loro: ai padri e alle madri, agli uomini e alle donne che hanno attraversato l’oceano “con coraggio silenzioso”, in cerca di una speranza. È con questo filo simbolico che, dopo la consegna del premio “Figli del mare”, John Viola e Patrick O. Boile hanno cucito insieme due dipinti di Lorenzo Mortet raffiguranti Napoli e New York, insieme al biglietto della nave.
A sottolineare l’importanza storica del riconoscimento, l’intervento di Silvana Mangione ha riportato l’attenzione sulle radici profonde dell’emigrazione italiana, che affondano già nel Seicento, con i Valdesi. Ma è stato soprattutto dopo l’unificazione d’Italia che l’esodo divenne massiccio. «Quando l’Italia fu unificata sotto una sola bandiera, molte identità locali si sentirono disorientate. In tanti cercarono altrove quella serenità perduta, e la trovarono qui, a New York».
Il “Figli del Mare Award” diventa così simbolo tangibile di un’identità condivisa, un ponte culturale tra due mondi. È la testimonianza di un popolo che non ha mai dimenticato da dove viene. Un premio che ricorda come il mare non divida, ma unisca. E come ogni partenza, se guidata dalla speranza, possa diventare l’inizio di qualcosa di grande. Una scultura che rimarrà a New York, una memoria che resterà viva. Un filo d’oro, intessuto di coraggio e sogni, che oggi si riannoda con orgoglio tra le vie di Little Italy e le banchine del porto di Napoli.