Wall Street ha registrato il calo più marcato dell’anno lunedì, con l’indice S&P 500 che ha perso il 2,7% in una sola giornata, segnando la peggiore discesa di un periodo di vendite che si protrae ormai da tre settimane. Questo ribasso ha spinto l’indice a un livello circa il 9% sotto il record raggiunto lo scorso mese, avvicinandosi a quello che gli analisti definiscono una “correzione”, un calo del 10% o più rispetto al massimo recente. In un clima di forte incertezza, l’annuncio del presidente Trump riguardo la possibilità di un’ulteriore escalation dei dazi ha contribuito a surriscaldare le preoccupazioni degli investitori.
Il presidente, nelle scorse settimane, ha alternato minacce, sospensioni e riprese dei dazi nei confronti di alcuni dei principali partner commerciali degli Stati Uniti: Canada, Messico e Cina. Le turbolente modifiche delle politiche commerciali, inclusi gli esoneri concessi all’industria automobilistica e ai prodotti energetici, hanno creato una crescente frustrazione tra gli operatori economici, che si trovano ora a fare i conti con un panorama estremamente volatile.
David Bahnsen, responsabile degli investimenti al Bahnsen Group, ha commentato la situazione in modo preciso: «La volatilità del mercato riguarda molto meno le cattive notizie sui dazi e molto di più l’incertezza legata ad essi, in particolare l’incertezza su quale sia la politica, dove stia andando, quanto durerà e quale sarà il risultato finale». L’incapacità di stabilire regole chiare ha messo sotto pressione i mercati globali, che reagiscono con cautele esasperate ogni volta che viene annunciata una modifica delle politiche tariffarie.
Domenica, durante un’intervista su Fox News, Trump ha descritto l’eventuale rallentamento economico come «un periodo di transizione» e non ha escluso che le sue politiche possano contribuire a una recessione. Quando gli è stato chiesto se le imprese avessero finalmente chiarezza sulla gestione dei dazi, Trump ha dichiarato che «potremmo aumentare alcuni dazi. Dipende». Questa indecisione sembra aggravare la situazione, lasciando gli investitori nel limbo.
Lunedì, i dazi di ritorsione imposti dalla Cina sui prodotti agricoli statunitensi sono entrati in vigore, e mercoledì l’amministrazione Trump impone un nuovo dazio del 25% su tutte le importazioni di acciaio e alluminio dagli Stati Uniti. In aggiunta, Trump ha minacciato di estendere i dazi su tutte le importazioni statunitensi a partire dal mese prossimo, una misura che potrebbe aggravare ulteriormente la situazione.
Il mercato azionario ha reagito pesantemente, con il Nasdaq che ha visto una discesa ancora più marcata, colpito dal calo delle azioni di grandi aziende tecnologiche come Tesla, che ha perso più del 15%, e altre come Alphabet, Apple e Nvidia, tutte in calo di oltre il 4%. Le azioni delle aziende tecnologiche hanno un impatto diretto sul mercato, data la loro crescita massiccia negli ultimi anni, e ora la loro debolezza sta influenzando pesantemente l’andamento complessivo di Wall Street.
Il sentiment del mercato globale non è migliorato, con perdite simili anche in Europa e in Asia. Tuttavia, la situazione negli Stati Uniti è peggiore. Gli investitori si rifugiano nelle obbligazioni, spingendo il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni al 4,22%, segno di una crescente preoccupazione. A testimonianza di questa crescente sfiducia nell’economia statunitense, gli analisti di JPMorgan hanno previsto una probabilità del 40% di un rallentamento globale a causa delle politiche americane. Il futuro economico sembra essere sempre più incerto, e la Fed dovrà affrontare la sfida di navigare in queste acque turbolente.
Sebbene i dati sull’occupazione negli Stati Uniti siano ancora positivi, con un buon ritmo di assunzioni, l’incertezza legata ai dazi e al comportamento erratico dell’amministrazione Trump sta mettendo a dura prova la fiducia dei consumatori e delle imprese. Gli economisti sono sempre più preoccupati per le ricadute che queste politiche potrebbero avere a lungo termine, con rischi concreti di rallentamenti economici più gravi. La situazione appare più complessa che mai, e per molti, la domanda non è più se arriverà una recessione, ma quando e con quale intensità.