Dopo la calma, la bufera. O meglio, l’uragano, economico in questo caso. Proprio mentre il governo iniziava a sentirsi fiducioso di aver domato l’inflazione senza causare una recessione, anche a seguito della revisione sui dati economici dell’ultimo trimestre, le tensioni in Medio Oriente e le devastazioni lasciate dall’uragano Helene nel sud-est del Paese rischiano di avere gravi ripercussioni sull’economia.
La possibile escalation del conflitto tra Israele e Hamas in Medio Oriente, aggravata anche dagli interventi in Libano e dagli attacchi dell’Iran, è al centro delle preoccupazioni internazionali. L’aumento dei prezzi del petrolio potrebbe avere ripercussioni globali, causando un rialzo dell’inflazione che si stava finalmente stabilizzando. La possibilità che l’Iran riduca la produzione petrolifera ha già fatto salire i prezzi di oltre l’8% in una settimana, e se la situazione dovesse peggiorare, gli analisti temono che il costo del petrolio potrebbe raggiungere livelli simili alla crisi del 1973, con un impatto devastante.
A complicare ulteriormente la situazione, l’uragano Helene ha colpito pesantemente Alabama, Florida e Georgia, con danni stimati tra i 145 e i 160 miliardi di dollari. L’uragano ha provocato una paralisi temporanea dell’economia locale e potrebbe causare una riduzione della spesa dei consumatori nelle regioni colpite. Sebbene le tempeste solitamente abbiano un impatto limitato sulla produzione economica complessiva, l’entità dei danni e le possibili interruzioni delle catene di approvvigionamento potrebbero aggravare le difficoltà economiche nazionali.
Un altro elemento di incertezza riguarda lo sciopero dei lavoratori portuali lungo la costa orientale e del golfo. Il sindacato International Longshoremen’s Association ha sospeso lo sciopero dopo aver ricevuto un’offerta migliorata, ma le tensioni rimangono. Gli esperti avvertono che un blocco prolungato delle operazioni portuali potrebbe avere un effetto significativo sulle catene di approvvigionamento, creando ulteriori problemi all’economia statunitense già sotto pressione.
Con i prezzi del petrolio in salita e le conseguenze dell’uragano ancora da valutare pienamente, gli economisti temono che un’ulteriore inflazione possa destabilizzare il fragile equilibrio economico che gli Stati Uniti stavano cercando di mantenere. Alcuni analisti sottolineano che un rialzo sostenuto dei costi energetici potrebbe far scattare una reazione da parte della Federal Reserve, che potrebbe dover rivedere le sue recenti decisioni di riduzione dei tassi d’interesse.
Le elezioni presidenziali imminenti complicano ulteriormente la situazione, con l’economia che rimane al centro delle preoccupazioni degli elettori. L’inflazione, in particolare, continua a essere un tema caldo, e qualsiasi instabilità economica potrebbe pesare notevolmente sull’esito del voto, con l’amministrazione Biden particolarmente sotto pressione.