Nissan sta attraversando un periodo difficile e le prospettive per il futuro non sembrano migliori. Dopo aver registrato un netto calo degli utili a febbraio e aver rivisto al ribasso le previsioni per la terza volta in un anno, il gruppo automobilistico giapponese si trova ora a fronteggiare una nuova minaccia: i dazi annunciati da Donald Trump sulle importazioni da Canada e Messico. La misura potrebbe colpire duramente l’azienda, che lo scorso anno ha venduto negli Stati Uniti oltre 300.000 auto prodotte in Messico, tra cui i modelli Sentra, Versa e Kicks.
Il settore automobilistico americano è fortemente integrato a livello nordamericano: circa un terzo delle auto vendute da Nissan negli Stati Uniti viene assemblato in Messico, mentre la produzione di Stellantis, Ford e General Motors dipende in larga parte da componenti che attraversano più volte il confine prima di arrivare ai concessionari. Un dazio del 25%, come ipotizzato dall’ex presidente, aumenterebbe in modo significativo i costi di produzione e si ripercuoterebbe inevitabilmente sui prezzi di vendita. Secondo l’Anderson Economic Group, il rincaro per i consumatori potrebbe variare dai 1.000 ai 4.000 dollari per auto, con punte fino a 10.000 dollari se le aziende non trovassero strategie per compensare l’aumento.
L’amministratore delegato di Nissan, Makoto Uchida, ha ammesso che l’introduzione dei dazi avrebbe un «enorme impatto sugli utili» e che l’azienda sta valutando soluzioni alternative, tra cui lo spostamento della produzione in Giappone, un paese che al momento non rientra tra quelli presi di mira dalle misure protezionistiche di Trump. Anche Stellantis è alle prese con una riorganizzazione che potrebbe complicarsi ulteriormente: lo scorso anno il gruppo ha registrato un calo del 70% dell’utile netto e ha perso il suo amministratore delegato, senza ancora aver trovato un sostituto.
John Elkann, presidente di Stellantis, ha definito il 2024 «un anno di cui non siamo orgogliosi» e ha confermato che l’azienda sta preparando un piano per contenere i danni nel caso in cui i dazi venissero confermati. Il gruppo possiede due stabilimenti in Messico, a Saltillo e Toluca, dove produce pick-up e modelli Jeep altamente redditizi per il mercato statunitense. Un possibile scenario è il potenziamento della produzione negli impianti statunitensi, ma un cambio di strategia industriale richiederebbe tempo e investimenti.
Anche Ford e General Motors monitorano con attenzione la situazione. Ford produce in Messico il Mustang Mach-E e sta riconvertendo uno stabilimento in Canada per la produzione di pick-up di grandi dimensioni. Il suo amministratore delegato, Jim Farley, ha dichiarato che l’introduzione dei dazi «creerebbe un buco» nel settore automobilistico americano, facendo aumentare i costi e rallentando la produzione. GM, invece, si trova in una posizione più solida rispetto ai concorrenti grazie alla crescita delle vendite in Nord America e alla decisione di chiudere attività meno redditizie, come la divisione di taxi a guida autonoma Cruise.
Volkswagen, che lo scorso anno ha venduto oltre 230.000 auto messicane negli Stati Uniti, subirebbe un contraccolpo significativo. Il gruppo produce modelli di punta come Jetta, Taos e Tiguan in Messico e ha solo uno stabilimento negli Stati Uniti, a Chattanooga, nel Tennessee. Un aumento dei costi di importazione potrebbe costringere l’azienda a rivedere i piani di produzione, rallentando ulteriormente il percorso di ripresa finanziaria.
Il settore automobilistico nordamericano è quindi in attesa di capire se e quando i dazi entreranno in vigore. Per Nissan, già impegnata a ridurre la produzione del 20% e a chiudere tre impianti, l’introduzione di nuove tariffe doganali rischia di complicare ulteriormente il piano di rilancio. La fine delle trattative di fusione con Honda ha lasciato l’azienda senza un partner strategico per affrontare la crisi, e la ricerca di un nuovo investitore potrebbe diventare ancora più difficile.