Da mezzanotte, il governo federale ha interrotto le proprie attività non essenziali. La sospensione si è resa necessaria dopo che al Congresso non è stato trovato un compromesso sulla legge di bilancio, documento indispensabile per garantire il finanziamento delle spese pubbliche. Senza l’approvazione del bilancio, la normativa statunitense non prevede un esercizio provvisorio, come avviene invece in Italia: il risultato è lo shutdown, termine con cui negli Stati Uniti si indica la paralisi delle attività governative.
Alla base del blocco c’è il voto contrario dei senatori democratici a una proposta repubblicana che avrebbe consentito di prorogare i finanziamenti fino al 21 novembre mantenendo i livelli attuali di spesa. I repubblicani, che detengono la maggioranza al Congresso, non dispongono però dei numeri sufficienti al Senato per approvare la legge da soli, dove è richiesto il sostegno di almeno 60 senatori su 100. L’anno fiscale americano va dal 1° ottobre al 30 settembre, e senza un accordo la macchina amministrativa è costretta a fermarsi.
Uno shutdown comporta la sospensione immediata di numerose attività federali. Restano attivi solo i servizi considerati essenziali, come la difesa, il pagamento delle pensioni, il controllo del traffico aereo e la manutenzione delle infrastrutture critiche. Tutto il resto viene sospeso: uffici pubblici, parchi nazionali, pratiche per visti e passaporti. Circa 750 mila dipendenti federali sono stati messi in congedo non retribuito, mentre altri continueranno a lavorare senza stipendio in attesa di una soluzione legislativa.
Non è certo la prima volta che gli Stati Uniti si trovano in una condizione di shutdown. Negli ultimi decenni lo scontro crescente tra i due partiti ha reso più frequenti i blocchi di bilancio. Nel 2013, sotto l’amministrazione Obama, i repubblicani si opposero a ogni compromesso con la maggioranza democratica, provocando una chiusura durata 16 giorni. Durante la presidenza Trump, tra il 2018 e il 2019, lo shutdown arrivò a 35 giorni, diventando il più lungo della storia del Paese.
Il significato pratico di uno shutdown è quello di un’interruzione delle spese governative autorizzate dal Congresso. Fino a quando non viene approvata una legge di bilancio o un provvedimento temporaneo che consenta di prolungare i fondi, le agenzie federali non possono sostenere costi operativi. La Costituzione statunitense attribuisce infatti al Congresso il potere esclusivo di approvare le spese pubbliche: senza un atto legislativo, l’amministrazione non ha margini di manovra.
Questa struttura rende lo shutdown uno strumento di pressione politica, utilizzato per forzare la parte avversaria a negoziare. Ogni interruzione resta in vigore per un periodo indefinito, fino a quando non viene trovato un compromesso. Ovviamente, se da un lato si presenta la paralisi dei servizi pubblici e la sospensione di centinaia di migliaia di lavoratori, dall’altro c’è il tentativo di entrambe le parti di addossare all’avversario la responsabilità dello stallo.