Cosa c’è di più naturale, e forse isolato, dei prodotti della terra? Beh, forse tante cose. Sembrava infatti un’opzione remota, ma anche il mercato della cannabis newyorkese ha iniziato a scricchiolare sotto i dazi imposti dall’amministrazione Trump sui prodotti importati dalla Cina. Si tratta di una tassa aggiuntiva del 20% che si somma a un’imposta già esistente del 25% su materiali agricoli e forniture specifiche utilizzate per la produzione legale di marijuana. L’aumento dei costi si sta verificando proprio mentre il prezzo al dettaglio della cannabis sta scendendo, mettendo in seria difficoltà coltivatori, produttori e rivenditori.
Le autorità di regolamentazione dello stato hanno espresso preoccupazione: secondo John Kagia, direttore delle politiche dell’Office of Cannabis Management, ogni elemento che possa influenzare il budget dei consumatori avrà effetti rilevanti sull’intero settore. La situazione attuale sembra essere diventata critica, tanto che diversi operatori del settore dichiarano di essere già certi di subire perdite economiche.
È il caso di Karli Hornick-Miller, amministratrice delegata di Florist Farms, azienda di Cortland che produce e vende cannabis e derivati come spinelli preconfezionati, caramelle gommose e vaporizzatori. Hornick-Miller ha spiegato che il guadagno derivato dalla cannabis è essenziale per sostenere la fattoria, compensando i margini molto ridotti della coltivazione di verdure: «Se coltivassimo soltanto verdure, saremmo già fuori mercato».
Le tariffe non influenzano direttamente il costo della cannabis, che deve essere per legge coltivata localmente, ma aumentano significativamente le spese per materiali indispensabili. Tra questi ci sono il compost per il terreno, le serre a tunnel necessarie alla coltivazione all’aperto e i contenitori metallici per confezionare i prodotti finiti. Tra le categorie più penalizzate ci sono i produttori di vaporizzatori, come Jaunty, leader nello stato, che registra aumenti del 22% sui costi di produzione a causa delle componenti importate dalla Cina.
Secondo Nicolas Guarino, amministratore delegato di Jaunty, l’aumento dei prezzi delle componenti spinge molte aziende a scegliere materiali meno costosi e di qualità inferiore, riducendo inoltre i controlli di sicurezza. Questa situazione espone i consumatori al rischio di inalare sostanze tossiche, come cadmio e mercurio, spesso presenti nei vaporizzatori di bassa qualità.
A complicare ulteriormente il quadro, vi è anche l’effetto delle politiche restrittive sull’immigrazione. Nei giorni scorsi, gli agenti federali hanno visitato la Hepworth Farms, azienda agricola attiva da più di due secoli, per richiedere la documentazione relativa ai pagamenti dei dipendenti. La titolare, Gail Hepworth, ha dichiarato di aver deciso di collaborare, sottolineando però un clima generale di tensione e incertezza che coinvolge i lavoratori del settore.
Il settore della cannabis ha registrato una crescita significativa negli ultimi anni. Solo nel 2024, le vendite al dettaglio di cannabis, sia per uso medico che ricreativo, hanno raggiunto i 31,4 miliardi di dollari, segnando un aumento del 9,14% rispetto all’anno precedente. Prima dell’arrivo dei dazi le proiezioni indicavano un trend in crescita, con il 2025 che avrebbe dovuto toccare i 45 miliardi di dollari, raggiungendo un terzo del valore del mercato della birra, che genera vendite per circa 125 miliardi di dollari. Va anche tenuto conto che il settore della cannabis è relativamente nuovo e in forte espansione, con una crescita a ritmi decisamente più elevati rispetto a quello tradizionale della birra.