Nascosta tra le vallate della contea di Delaware, nello Stato di New York, Bovina (sì, esatto, Bovina, e se continuate a leggere scoprirete che non è neanche così casuale…) è una frazione rurale con poco più di 600 abitanti, priva di semafori e spesso anche di segnale cellulare. Fino a qualche anno fa, era un luogo noto quasi esclusivamente agli agricoltori locali e ai villeggianti occasionali in cerca di silenzio. Oggi, senza clamore ma con crescente costanza, è diventata un punto di riferimento per chi cerca esperienze gastronomiche autentiche, fuori dai circuiti turistici consueti. La trasformazione non è avvenuta per caso, ma per una serie di scelte individuali che hanno attirato nel piccolo borgo nuove idee, nuove cucine e nuove abitudini.
Il cambiamento è iniziato con l’apertura di spazi come la Bovina Farm & Fermentory, una taverna in stile rustico inaugurata nel 2020 da Jacob Sackett ed Elizabeth Stark, una coppia che ha deciso di stabilirsi in questa zona per aprire un luogo che fosse anche un progetto di vita. I piatti proposti cambiano con le stagioni e sono cucinati in pentole di ghisa, con ingredienti locali spesso coltivati nei paraggi. Alla birra prodotta in loco si affiancano vini naturali e ambienti arredati con oggetti d’antiquariato, che contribuiscono a rendere l’esperienza molto casereccia. Di recente, sopra la taverna sono stati ricavati alcuni alloggi per la notte, ispirati allo stile austero ma elegante degli Shaker, comunità religiosa nota per l’artigianato e la sobrietà.

Anche il vicino Brushland Eating House, aperto in un ex locale storico, ha contribuito a dare identità gastronomica al villaggio. Gestito da Sara e Sohail Zandi, il ristorante ha fatto conoscere ai visitatori una cucina che combina prodotti locali a ispirazioni internazionali, in particolare persiane. Alcuni appartamenti situati sopra il locale permettono agli ospiti di fermarsi più giorni, trasformando una cena in un soggiorno prolungato. L’approccio è informale, ma curato nei dettagli: menù stagionali, eventi a tema, atmosfera accogliente. Elementi che rendono questo luogo coerente con il carattere di Bovina.
Il nome di Bovina deriva dal latino bovinus, e non è un caso. Per decenni la zona è stata legata all’allevamento di bestiame e alla produzione casearia, con fattorie familiari sparse lungo le strade di campagna. Il tessuto sociale è rimasto a lungo immutato, finché negli ultimi anni un nuovo interesse per le aree rurali ha portato artisti, cuochi e imprenditori creativi a stabilirsi nei piccoli centri degli Appalachi settentrionali. Alcuni, come Alison Roman—cuoca e autrice di libri di successo—hanno trovato in queste valli il luogo adatto per vivere e lavorare. Dopo aver scritto due volumi mentre risiedeva a Bovina, Roman ha aperto un caffè-bottega nella vicina South Kortright, First Bloom, diventato rapidamente un punto di riferimento locale.
Nei dintorni continuano a nascere iniziative coerenti con questo spirito. A Stamford, il cuoco Michael Solyn produce salumi artigianali secondo tecniche europee; a Delancey, sta per aprire una bakery dedicata alle torte dal nome Magpies on Pink Street. Tutto avviene in luoghi che non si raggiungono per caso, spesso privi di cartelli o insegne evidenti, ma in cui si resta per scelta. Più che un fenomeno turistico, quello di Bovina sembra essere un esperimento sociale in cui la cucina diventa strumento di coesione, rigenerazione e permanenza. Un’alternativa credibile alle mete più note, cerca di offrire qualcosa di diverso: il tempo, lo spazio, la cura.