A poco più di due ore da New York City, nel cuore della contea di Delaware, si trova quello che resta di Agloe: un luogo che ha avuto una breve esistenza fisica, ma una lunga vita sulla carta. Agloe non è mai stata davvero una città, eppure per decenni è comparsa su mappe ufficiali, ha avuto un negozio e persino un’attività registrata con quel nome. È nata come finzione e, per un curioso gioco del destino, è diventata reale.
Tutto inizia negli anni Venti, quando Otto G. Lindberg e il suo assistente Ernest Alpers, due dipendenti della General Drafting Company, decidono di inserire un nome fittizio sulle mappe che stavano producendo. Lo fanno per proteggersi dalla concorrenza: se “Agloe, New York” fosse comparsa anche sulle cartine di altri, avrebbero avuto la prova di un plagio: era una pratica comune per le aziende cartografiche, che escogitavano modi sempre diversi per contrastare il fenomeno. Il nome stesso di Agloe è un anagramma dei nomi di Lindberg e Alpers, e la città venne collocata in un punto isolato, a due ore di macchina da New York, per ridurre il rischio di sovrapposizioni accidentali.
Negli anni Cinquanta, però, succede qualcosa di imprevisto. Un piccolo negozio di generi alimentari apre proprio all’incrocio indicato sulle mappe come Agloe. E con il tempo, una società registrata come Agloe Lodge Farms compare nei registri ufficiali. Secondo il Times Herald-Record, la famiglia Nead vendette il terreno per un dollaro alla casa editrice cartografica Rand McNally, che nel frattempo aveva iniziato a includere Agloe sulle proprie mappe dopo aver avuto indicazioni in tal senso da parte della Contea del Delawere. L’azienda, infatti, per evitare azioni legali comprò il terreno per rendere il luogo “reale” e difendersi dalle accuse.
La città mai nata continuerà ad apparire sulle mappe per decenni, anche dopo la chiosura del negozio e l’abbandono dell’area negli anni Novanta. Per alcuni diventò un simbolo dell’ambiguità tra realtà e rappresentazione. Il suo nome riemerse poi nel 2008, grazie al romanzo Paper Towns di John Green, in cui Agloe viene utilizzata come metafora di ciò che esiste solo perché qualcuno lo ha immaginato.
Oggi Agloe non è più presente né sulle mappe cartacee né su Google Maps, e non esistono strutture che la identifichino come città. Ma la sua storia rimane un caso emblematico nella storia della cartografia americana, in bilico tra inganno, invenzione e realtà. Un luogo nato per difendere un copyright, diventato per un attimo reale e poi di nuovo scomparso.