Nel Financial District, tra torri di vetro e uffici di multinazionali, resiste uno degli edifici più singolari della New York ottocentesca. È il Temple Court Building, oggi conosciuto come The Beekman, A Thompson Hotel. La sua presenza discreta inganna: la facciata in mattoni rossi e terracotta non lascia intuire la complessità dell’interno, un atrio verticale di nove piani, scandito da ringhiere in ghisa lavorata e sovrastato da un grande lucernario piramidale. L’edificio, completato nel 1883, è uno degli ultimi esempi di grattacielo premoderno ancora esistenti in città, costruito prima dell’avvento delle strutture in acciaio che avrebbero ridisegnato lo skyline.
Commissionato dal banchiere irlandese-americano Eugene Kelly, il Temple Court nacque come palazzo per uffici in un’epoca in cui Manhattan stava rapidamente diventando un centro finanziario e legale di rilevanza internazionale. Venne collocato a pochi isolati dal municipio e dal porto, perché la vicinanza alle istituzioni e ai tribunali attirasse fin da subito studi legali e società di intermediazione. La costruzione impiegò tecniche allora d’avanguardia per garantire la resistenza agli incendi, un’esigenza cruciale dopo quelli, devastanti, che avevano colpito città americane come Chicago negli anni precedenti.

Per gran parte del Novecento, il Temple Court seguì il destino di molti edifici d’epoca della zona: con lo spostamento di uffici e attività verso Midtown, l’edificio perse progressivamente i suoi inquilini. Negli anni Ottanta, il grande atrio fu chiuso e la struttura rimase vuota, invisibile persino agli abitanti del quartiere. La sua sopravvivenza è dovuta in parte alla robustezza delle tecniche costruttive ottocentesche, che ne hanno evitato la demolizione in un’area soggetta a forti pressioni immobiliari.
Le tecniche usate alla fine dell’Ottocento – muri portanti spessi, strutture in mattoni e pietra, solai in ghisa e acciaio temprato – lo hanno infatti reso particolarmente solido e sicuro, tanto da superare indenne decenni di abbandono e da non richiedere interventi strutturali radicali. Questo ha reso più conveniente restaurarlo piuttosto che demolirlo, preservandolo nonostante la forte pressione del mercato immobiliare della zona, che spinge a sostituire edifici bassi e storici con grattacieli più alti e redditizi.
Il recupero arrivò poi nel 2016, dopo un restauro che ha restituito l’atrio alla luce naturale e convertito gli spazi in un hotel di lusso con 287 camere. Oltre alla ricostruzione filologica di dettagli architettonici originali, l’intervento ha integrato servizi contemporanei e due ristoranti gestiti da chef noti a livello internazionale. La trasformazione ha fatto del Beekman un raro esempio di riuso di un grattacielo ottocentesco, oggi riconosciuto come landmark d’interni dalla New York City Landmarks Preservation Commission.
In generale, New York ha visto negli ultimi decenni la conversione di ex fabbriche, magazzini e uffici storici in hotel, spazi residenziali o culturali. In questo caso, la particolarità è la combinazione tra il valore storico dell’edificio – uno dei primi “skyrooms” della città – e la volontà di preservarne la struttura verticale, elemento che oggi lo distingue in una Manhattan dominata da grattacieli dalle linee minimali. Per i visitatori, è un luogo che permette di abitare, anche solo per una notte, un frammento di città sopravvissuto intatto per oltre 140 anni.