Per chi frequenta i nuovi ristoranti di Midtown o i boutique hotel di Brooklyn, l’incontro con un sedile di ceramica che si illumina, si riscalda e spruzza acqua tiepida non è più una sorpresa esotica: il gabinetto giapponese sta lentamente diventando parte del paesaggio americano. Il successo non era affatto scontato: quando l’azienda giapponese Toto importò il prodotto negli Stati Uniti nel 1989, l’idea di “lavare” anziché semplicemente “asciugare” dopo l’uso del bagno appariva, nella migliore delle ipotesi, bizzarra. Oggi, invece, il marchio registra profitti otto volte superiori a quelli di cinque anni fa e conta su una base di clienti che include hotel di lusso, affittuari di case di design e una crescente fascia di consumatori domestici.
Alla radice di questo cambiamento c’è una storia di ingegneria insistente: negli anni Sessanta Toto scoprì negli ospedali statunitensi un dispositivo medico simile a un bidet e lo ricreò in Giappone, arruolando oltre trecento dipendenti per dosare pressione, angolo e temperatura del getto. Il primo modello, uscito nel 1980, costava quanto un’utilitaria di oggi e non era esente da inconvenienti – i collaudatori ricordano spruzzi in faccia durante i test – ma nel tempo la casa madre ha introdotto sedili riscaldati, funzioni deodoranti e un controllo termico che mantiene l’acqua a 38 gradi centigradi.
In patria, però, l’adozione fu lenta: ci vollero diciott’anni per toccare i dieci milioni di unità vendute. A cambiare la sorte del Washlet non è stata soltanto la lunga tradizione giapponese di rispetto per gli spazi dedicati all’igiene, ma anche il principio del kaizen, l’idea di miglioramento continuo applicata alle piccole comodità quotidiane. Quell’attenzione ai dettagli, unita a un sense of hospitality – l’omotenashi – che considera l’ospite come parte della famiglia, ha trasformato il bagno in un luogo di comfort high-tech e, oggi, l’80 percento delle case giapponesi dispone di un bidet elettronico.

Il mercato statunitense ha imboccato una traiettoria diversa, accelerata improvvisamente dalla pandemia del 2020: con gli scaffali dei supermercati privi di carta igienica, migliaia di famiglie hanno cercato alternative e scoperto il getto d’acqua giapponese. Le vendite di Toto nel Nord America sono quasi raddoppiate nel solo 2020, benché il prodotto resti installato in appena il 2,5 percento dei bagni americani. «Una volta che la curiosità divampa, le vendite seguono una curva a J», ha spiegato il presidente Shinya Tamura, che vede negli Stati Uniti il principale bacino di crescita da qui al 2027, nonostante la minaccia di dazi superiori al 20 percento su componenti provenienti da Thailandia e Malesia.
Toto oggi punta a raddoppiare le unità vendute entro due anni; e Tamura coltiva un obiettivo simbolico: riprovarci con un gigantesco spot a Times Square, dove nel 2007 un precedente cartellone era stato giudicato troppo audace. Se dovesse riuscirci, uno dei luoghi più iconici di Manhattan potrebbe diventare la vetrina di una rivoluzione del bagno che, partita da Kitakyushu, sta ora conquistando anche gli Stati Uniti.