Nel panorama musicale indipendente, i Mardi Gras si sono sempre distinti per la loro autenticità e per la capacità di trasformare temi esistenziali in composizioni intrise di emozione. Con il loro quarto album, Sandcastle, la band romana ci trascina nel New Jersey degli anni ’80, dove il legame indissolubile tra due fratelli, Nicholas e Cecilia, si intreccia con la lotta contro bullismo, violenza e paure interiori. L’album, pubblicato l’11 novembre per l’etichetta Underground Symphony, è un viaggio musicale che esplora la fragilità e la resilienza umana attraverso otto brani profondamente cinematografici.
La storia di Sandcastle, ispirata all’omonima sceneggiatura originale di Sante Sabbatini, Francesco Braida e Filippo Novelli, affronta temi di trasformazione personale e amore fraterno. Protagonista è Nicholas, un ragazzo timido e geniale che, dopo un evento traumatico subito dalla sorella Cecilia, trova il coraggio di affrontare le sue paure e cambiare il proprio destino. Il fil rouge di questo viaggio, sottolineato dalla copertina del disco che raffigura un cuore infuocato dalle tinte viola, è la domanda universale: “Quanto siamo disposti a metterci in gioco per amore?”.
I Mardi Gras, composti da Liina Rätsep (voce), Fabrizio Fontanelli (chitarra acustica), Alessandro Matilli (pianoforte e tastiere), Carlo Di Tore Tosti (basso), Valerio Giovanardi (batteria) e Fabrizio Del Marchesato (chitarra elettrica), propongono un sound ricco di contaminazioni tra rock, pop e blues. L’album, prodotto artisticamente da Fontanelli e Matilli, è stato mixato da Valerio Cesaroni presso i Soundmakers Studios di Roma e masterizzato da Giovanni Versari a La Maestà Mastering. Ogni brano è un tassello di un mosaico emotivo, che culmina nel singolo “Lia’s Theme”, accompagnato da un video già apprezzato da pubblico e critica.
Oltre alla musica, il progetto Sandcastle si amplia con un graphic musical, Sandcastle: la danza della sabbia, disegnato da Filippo Novelli e disponibile su Amazon. La band, che ha calcato palchi internazionali dal Sziget Festival agli studi di Abbey Road, dimostra ancora una volta di essere fuori dagli schemi, con un linguaggio musicale e visivo che non teme di affrontare argomenti scomodi.