La figura di “Scrooge” in due film natalizi

Due opere lontane nel tempo e differenti le une dalle altre, ma con lo stesso protagonista: ve le raccontiamo

Quali sono i vostri film preferiti di Natale? Quelli ai quali non potete rinunciare ogni qualvolta si avvicinano le feste? Quelli che rappresentano, per voi, dei classici indiscutibili? Di certo la risposta è palesemente soggettiva e non può essere altrimenti. Non solo; a parte qualche titolo comune a tutti quanti noi, la lista, comunque, è bella lunga e non può essere il contrario.

Soprattutto ce n’è per tutti i generi: dal fantasy alla fantascienza, dall’avventura al musical, dal poliziesco all’action, addirittura dall’horror al thriller, per non dimenticare il genere drammatico che sconfina con il ben più rassicurante genere favolistico per infondere, in tutti noi, quella speranza che mai e poi mai deve essere persa.

È vero: è più facile a dirlo; anzi, mai come in questo caso: appare più semplice a scriverlo e a sottolinearlo. Ma al di là di questo i film ambientati durante il periodo natalizio e durante le feste, presentano, da sempre e nella loro essenza, un unico comune denominatore: la redenzione umana e il riaprirsi alla vita e quindi alla speranza, mediante un unico ed indissolubile elemento.

Il grande schermo, da quando ha iniziato la sua storia, quasi centotrenta anni fa, ci ha abituato alle più grandi opere da vedere e rivedere. Per non dire, anche, da scoprire e riscoprire. Di certo è anche bene considerare persino un ulteriore aspetto: l’esistenza di pellicole, usando un’espressione ormai vintage, che non hanno alcun legame con le feste le quali, addirittura, vengono inserite in qualsiasi lista personale e, allo stesso tempo, questo particolare, potrebbe esser considerato come una tematica a parte; ma non è sempre così.

Ogni film natalizio possiede, di fondo, alcuni elementi indicati sopra, e affrontare l’analisi di tutti i titoli richiederebbe molto di più della pubblicazione di un semplice articolo. Per questo motivo, proprio in occasione del periodo a cui ci stiamo avvicinando sempre più, vogliamo focalizzare la nostra attenzione su due opere cinematografiche agli antipodi fra loro, considerando quell’unico elemento comune anche a tutte le altre opere cinematografiche di questo genere a parte.

La prima è ritenuta oltre ad essere un classico delle feste natalizie anche un vero e proprio capolavoro o caposaldo della storia della cinematografia; l’altra, invece, è una delle tante versioni alquanto particolari ed originale dell’altrettanto capolavoro, letterario, di Charles Dickens: Il Canto di Natale. Opere come ‘La vita è meravigliosa’ di Frank Capra, del 1939, con un leggendario James Stewart e il ben più scanzonato ‘S.o.s fantasmi’ con Bill Murray.

Una scena de “La vita è Meravigliosa” di Frank Capra (1939)

Bill Murray in una scena di “S.O.S. Fantasmi” (1988)

Entrambi, con una pesante trama drammatica e neanche tanto sullo sfondo, hanno in comune un elemento non da poco: il rapporto con sé stessi, prima, che si snoda verso gli altri, a seguire. Non a caso, a parte la strampalata versione de Il Canto di Natale del 1988, i due protagonisti richiamano un aggettivo mediante il quale viene indicato il personaggio principale di Dickens, ‘Scrooged’. Ovviamente, il vocabolo in inglese è proprio il titolo della versione di fine anni ’80 diretta da Richard Donner, lo storico regista di ‘Superman’ del 1978. Ma a questo punto quali sono le connessioni tra il personaggio di James Stewart e quello di Bill Murray?

La risposta per definire questo strano legame, questa strana connessione riguarda proprio la parola che il leggendario autore fruì per attribuire il nome all’iconico personaggio. Dall’inglese all’italiano, la parola scrooge, possiede un semplice significato che è quello di ‘avaro’. In tale contesto non è puramente legato al naturale concetto economico o comunque di ricchezza; di denaro e se vogliamo anche strappare una risata alla Paperon De Paperoni. Difatti, il famoso personaggio della Walt Disney era, per molti versi, avaro.

Ecco, soffermiamoci sull’ultima espressione: per molti versi. L’avarizia intesa in tale contesto non è quella di apparire tirchio dal punto di vista del danaro; di essere raramente spendaccione, per non dire di non voler cacciare neanche un cent dalle proprie tasche per qualche evenienza in particolare.

L’avarizia al quale faceva riferimento lo stesso Dickens è quella dei sentimenti, del non essere empatici ma solo ed esclusivamente egoisti; di essere anche maligni, senza tener presente non solo il proprio bene, ma anche quello degli altri. Un’avarizia che emerge da ferite dell’animo, ferite mai cicatrizzate che determinano un mutamento nel comportamento degli stessi due personaggi. Condizionamenti che provocati da immensi dolori personali.

In fondo George Bailey, interpretato da James Stewart, e Francis Xavier Cross, impersonato da Bill Murray, sono due lati della stessa medaglia, quella della fortuna girata male durante alcuni momenti particolari delle loro esistenze e che li ha induriti, disillusi e resi, appunto, avari di sentimenti, di benevolenza, di altruismo; per non dire avari di amore verso il prossimo.

Seppur la differenza è netta nel modo in cui il loro lato oscuro emerge durante lo svolgimento delle singole trame, è evidente che sono persone maligne solo all’apparenza, ma nel proprio io, nel proprio animo, sono mossi da una bontà che il mondo stesso che li circonda ha lavorato per distruggerla ma non del tutto.

La redenzione emerge quando vengono messi davanti ai loro errori o che sono in procinto di commetterli, anche fatali. Si pensi al personaggio di James Stewart. Oppure quando vengono si rendono conto del comportamento che hanno assunto nel corso della loro vita.

Nonostante ci siamo soffermati solamente su due pellicole natalizie, il personaggio di Scrooge è ben rappresentato anche in tante altre versioni. Altro esempio? Il Piccolo Lord, interpretato da Alec Guinnes tanto per citarne qualcuno e così via.

Immagine di Vincenzo Pepe

Vincenzo Pepe

Giornalista pubblicista e laureto in Giurisprudenza. Si occupa di cinema, serie tv, Stati Uniti d’America e anni ’80; alle volte anche un po' di calcio. Ha collaborato in passato per The Way Magazine e per Mediavox Magazine e ha fondato una testata tutta sua: FreeTopix Magazine. Ha pubblicato due romanzi: La Notte di Mustang e Dealey Plaza

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