Una platea gremita ha accolto il 22 maggio, al St. Jean’s Theatre di New York, la prima mondiale di Rossini Perduto, nuova opera in tre atti musicata da David Winkler, su libretto di Luigi Ballerini e per la regia di Stefanos Koroneos. C’eravamo anche noi nella cornice del teatro incastonato tra le residenze dell’Upper East Side, testimoni di una rappresentazione sensazionale che ha trasformato un episodio marginale della storia dell’opera in un’esplorazione visionaria del genio creativo, delle occasioni perdute e del potere immaginifico della scena.
Rossini Perduto nasce da una cena realmente avvenuta nel 1849 tra Gioachino Rossini e Alexandre Dumas. Da quell’incontro, come racconta lo stesso Dumas nei suoi feuilleton, scaturì il progetto di un’opera – Les Étudiants de Boulogne (Gli studenti di Bologna) – mai realizzata a causa di un commensale che non ha mai consegnato a Rossini gli appunti della discussione. Da questo dettaglio dimenticato, Ballerini e Winkler hanno costruito un’opera che riflette sul non detto, sul non fatto, e sul senso stesso della creazione artistica.
Il lavoro si apre con un primo atto metateatrale, nel quale una serie di figure – tra cui la moglie di Rossini, Ludwig van Beethoven e Richard Wagner – rimproverano il compositore per la sua inattività. L’atmosfera è tesa, surreale, ironica. Ma è nel secondo atto che il pubblico viene trasportato nella famosa cena, ricostruita come una scena da commedia brillante, dove il dialogo tra Rossini e Dumas è trattato con affetto, e un pizzico di malinconia. Il terzo atto, infine, mette in scena l’opera mai composta, offrendo al pubblico ciò che la storia aveva negato.
Koroneos, regista e scenografo, ha scelto un’estetica visiva potente, ispirata a Metropolis di Fritz Lang: scenografie in bianco e nero, forti contrasti, proiezioni e luci taglienti, che danno vita a uno spazio sospeso tra cinema e teatro. La sua regia rifugge il realismo e si affida a una drammaturgia dell’immagine: figure stilizzate, gesti amplificati, movimenti geometrici che rimandano più al teatro espressionista che all’opera lirica tradizionale.
Per Winkler, newyorkese e compositore da sempre attratto dalla vocalità italiana, Rossini Perduto è stato un banco di prova linguistico e musicale. Il libretto, scritto in italiano, ha richiesto un’attenzione particolare alla prosodia e al ritmo, ma ha anche permesso una scrittura vocale fluida, che omaggia Rossini. L’orchestrazione – affidata alla Long Island Concert Orchestra diretta da Enrico Fagone – alterna momenti cameristici e impennate sinfoniche, riflettendo la struttura a scatole cinesi dell’opera.
Nel 2025 ricorrono i duecento anni dalla prima rappresentazione operistica a New York, Il Barbiere di Siviglia di Rossini. Un omaggio dichiarato e affettuoso, che in Rossini Perduto diventa anche una riflessione sul tempo, la memoria e il lascito dei grandi compositori. A chiudere l’opera, una citazione di Ezra Pound scelta da Ballerini: «Aver fatto invece di non fare non è vanità».