L’annuncio di uno sciopero imminente da parte dei portuali statunitensi rischia di paralizzare l’intera catena di approvvigionamento lungo la costa orientale e del Golfo degli Stati Uniti. A giugno, il sindacato dei lavoratori portuali, l’International Longshoremen’s Association (ILA), ha interrotto i negoziati contrattuali con la United States Maritime Alliance, che rappresenta diverse aziende del settore. La rottura è stata innescata non da richieste salariali o di miglioramento delle condizioni lavorative, come normalmente succede, ma da una disputa riguardante l’automazione delle operazioni portuali.
Al centro del conflitto, fa quasi sorridere pensarlo, c’è un cancello: è situato in un piccolo porto a Mobile, Alabama, ed utilizza una tecnologia per il controllo e l’accesso dei camion che ne automatizza l’apertura e la chiusura. L’ILA, che rappresenta oltre 47.000 lavoratori, ha accusato i datori di lavoro di aver violato il contratto di lavoro, consentendo l’ingresso di camion senza l’intervento dei lavoratori sindacali. “Non permetteremo mai che l’automazione entri nel nostro sindacato e cerchi di farci perdere il lavoro finché sarò vivo,” ha dichiarato il presidente dell’ILA, Harold J. Daggett, leader delle trattative sindacali.
Il sindacato ha una lunga storia di opposizione all’automazione nei porti, temendo che possa portare a una significativa perdita di posti di lavoro. Le esperienze del passato sono ancora vive nella memoria dei lavoratori: l’introduzione dei container negli anni ’60 ha già ridotto drasticamente il numero di lavoratori necessari per le operazioni portuali. Brian Jones, un caposquadra al porto di Filadelfia, ha sottolineato la gravità della situazione: “Non devi pagare pensioni ai robot,” ha detto, aggiungendo che sarebbe pronto a votare per uno sciopero, se necessario.
L’ILA rappresenta i lavoratori di porti cruciali come quelli del New Jersey, Virginia, Georgia e Texas, e un’interruzione delle attività in queste aree potrebbe avere conseguenze disastrose per l’economia. Le preoccupazioni dei portuali sono condivise da molti altri lavoratori nel settore manifatturiero, dove l’automazione minaccia posti di lavoro ben retribuiti. Tuttavia, l’automazione portuale negli Stati Uniti è avanzata più lentamente rispetto ad altre nazioni come la Cina, i Paesi Bassi e Singapore, dove le tecnologie automatizzate sono ormai comuni.
Gli operatori portuali, spesso controllati da grandi compagnie di navigazione globali, sostengono che la modernizzazione delle infrastrutture sia essenziale per mantenere la competitività dei porti statunitensi e garantire che le merci possano fluire rapidamente ed efficientemente. Ma oltre l’opposizione dei sindacati bisogna anche affrontare i costi elevati per l’implementazione di nuove tecnologie. L’installazione di macchinari e software avanzati può richiedere investimenti di decine o addirittura centinaia di milioni di dollari, con tempi di recupero che possono estendersi su molti anni. E in caso di sciopero e di paralisi della già fragile catena di approvvigionamento, potrebbe non esserci alcun incentivo ad introdurre nuove tecnologie.