La Columbia University ha messo offline il sito della propria rivista giuridica per un articolo critico su Israele

A partire da martedì sera, chiunque tentasse di accedere al sito della rivista trovava solo una pagina vuota con il messaggio "Il sito è in manutenzione". L'intervento del consiglio di amministrazione è stato giudicato abbastanza insolito.

La Columbia Law Review, una delle riviste giuridiche studentesche più prestigiose degli Stati Uniti, ha subito un’interruzione improvvisa lunedì, quando il consiglio di amministrazione dell’università ha deciso di mettere offline il sito web. La mossa è avvenuta in risposta alla pubblicazione di un articolo che descrive la condizione dei palestinesi sotto l’occupazione israeliana, definendolo un “sofisticato sistema di oppressione” che, secondo l’autore, costituisce un crimine contro l’umanità.

A partire da martedì sera, chiunque tentasse di accedere al sito della rivista, fondata 123 anni fa, trovava solo una pagina vuota con il messaggio “Il sito è in manutenzione.” La decisione di sospendere l’accesso al sito web rappresenta l’ennesimo tentativo delle università americane di regolamentare le espressioni fortemente critiche verso Israele, con il timore che possano sconfinare nell’antisemitismo. Questa dinamica ha suscitato accese discussioni riguardo alla censura e alla libertà accademica, in particolare quando si tratta di studi sulla questione palestinese.

Il consiglio di amministrazione, composto da membri del corpo docente e alunni, ha dichiarato di aver preso questa decisione dopo aver scoperto che non tutti gli studenti coinvolti nella Columbia Law Review avevano avuto l’opportunità di leggere l’articolo prima della sua pubblicazione. Nonostante avessero chiesto ai redattori di posticipare la pubblicazione dell’articolo fino al 7 giugno per permettere una revisione completa, l’articolo è stato pubblicato comunque lunedì. Questo ha portato alla decisione di oscurare temporaneamente il sito web, per dare tempo alla rivista di decidere come procedere.

L’articolo, lungo 105 pagine, è stato scritto da Rabea Eghbariah, un avvocato palestinese per i diritti umani e dottorando ad Harvard. Eghbariah sostiene che il sionismo sia una forma di colonialismo e razzismo, e propone un nuovo concetto legale, “nakba”, per descrivere le conseguenze delle politiche israeliane sui palestinesi. Nakba, che in arabo significa catastrofe, è il termine utilizzato dai palestinesi per riferirsi alla loro espulsione forzata avvenuta nel 1948. Eghbariah ha criticato la chiusura del sito, descrivendola come un tentativo di silenziare la sua ricerca.

L’intervento del consiglio di amministrazione, composto da dodici membri, inclusi il preside della scuola di legge Gillian Lester e la studiosa di diritto costituzionale Gillian Metzger, è stato giudicato abbastanza insolito. Normalmente, il consiglio non interferisce nelle decisioni editoriali dell’organizzazione studentesca. La professoressa Katherine Franke, sostenitrice della pubblicazione dell’articolo, ha fatto notare come fosse la prima volta che il consiglio di amministrazione della Law Review intervenisse sulla pubblicazione di un articolo, sostenendo sia difficile credere che, se l’articolo avesse riguardato qualsiasi altro argomento, il consiglio avrebbe sollevato obiezioni sul processo.

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