Tre persone sono state rinviate a giudizio a Manhattan con l’accusa di aver imbrattato la sede del New York Times lo scorso luglio. Si tratta di Alexa Wilkinson, 38 anni, Anna Owens, 24, e Sarah Schaff, 30, che secondo i documenti depositati in tribunale avrebbero versato vernice rossa sulla facciata dell’edificio di Eighth Avenue e lasciato scritte e volantini di protesta contro la linea editoriale del giornale sul conflitto in Medio Oriente.
La scritta riportata sui vetri del palazzo era «NYT Lies; Gaza dies», mentre i volantini accusavano il quotidiano di contribuire a un «genocidio in corso». I danni stimati ammontano a circa 107mila dollari, di cui oltre 71mila per il restauro della facciata. Owens e Schaff sono state fermate domenica e formalmente accusate di danneggiamento, mentre Wilkinson, residente a Cold Spring, nello Stato di New York, è stato incriminato per molestie aggravate considerate crimine d’odio.
Negli atti è ricostruita anche l’attività online di Wilkinson nei giorni precedenti. Il 26 luglio aveva rilanciato post di un account che contestava un editoriale del Times secondo cui Israele non starebbe commettendo genocidio a Gaza, aggiungendo un commento diretto al direttore esecutivo Joseph Kahn: «Looking at you». Pochi giorni dopo, sempre Wilkinson avrebbe preso parte al vandalismo insieme agli altri due imputati, pubblicando successivamente il video dell’azione sui propri canali social.
Il nome di Kahn è comparso anche in un secondo episodio. Il 29 agosto la sua abitazione a Manhattan è stata imbrattata con vernice rossa che ha coperto facciata, scale e lampioni. Sul marciapiede erano comparse le parole «Joe Kahn lies Gaza dies». Secondo gli atti legati al procedimento contro Wilkinson, questo secondo caso è ancora oggetto di indagine.
Tutti e tre gli imputati si sono dichiarati non colpevoli durante la prima udienza. La Legal Aid Society, che assiste Schaff e Wilkinson, ha definito quest’ultimo «un fotogiornalista stimato senza precedenti penali» e ha parlato di accuse infondate. Il portavoce del Times ha ribadito che «le persone sono libere di dissentire dal lavoro giornalistico», ma che vandalizzare edifici o prendere di mira i dipendenti «supera un limite». I tre torneranno in tribunale a novembre.