A Newark, città industriale del New Jersey segnata da decenni di crisi economica e sociale, a pochi chilometri dall’incessante turbinio di Manhattan, sta prendendo forma un sogno che fino a poco tempo fa esisteva solo su carta, tra i progetti di architetti ambiziosi e nelle parole dei visionari. Si chiama ArtSide e punta a trasformare un’area degradata accanto al New Jersey Performing Arts Center (NJPAC) in un nuovo polo culturale e commerciale.
John Schreiber, presidente del NJPAC, lo ripeteva spesso ai suoi interlocutori: l’arte ha il potere di trasformare non solo gli individui, ma intere comunità. Per Newark, una città industriale provata dai disordini degli anni Sessanta e da decenni di disinvestimenti, la rinascita sembra passare proprio da qui, dalla costruzione di uno spazio ibrido, che mescola cultura, commercio e abitazioni.
L’obiettivo è chiaro: rivitalizzare un’area in difficoltà e attrarre nuovi investimenti senza compromettere il tessuto sociale della città. “È un progetto enorme,” ha dichiarato il sindaco di Newark, Ras Baraka, “e ci aiuterà a spostare il centro di gravità della città.” I piani includono la creazione di un campus residenziale con edifici di media e alta altezza, negozi e ristoranti, oltre a una nuova sede per la stazione radio jazz WBGO. Il progetto, del valore di 336 milioni di dollari, è destinato a cambiare non solo lo skyline della città, ma anche il suo tessuto sociale.
ArtSideo prevede anche la costruzione di 350 appartamenti, suddivisi tra edifici di media altezza e grattacieli, con spazi commerciali al piano terra che ospiteranno ristoranti, negozi e caffè. Un nuovo centro comunitario, finanziato dal filantropo miliardario Leon Cooperman, sorgerà di fronte al NJPAC, e persino la stazione jazz di Newark, WBGO, troverà una nuova casa in questa rinascita urbana.
Newark, come dicevamo, non se la passa certo bene. Le disuguaglianze sociali e la carenza di alloggi accessibili restano problemi acuti in città. Sebbene il 20% degli appartamenti di ArtSide sia riservato a famiglie con redditi modesti, il divario tra chi può permettersi affitti elevati e chi vive al limite della povertà è ancora evidente. Per molti, ArtSide rappresenta un passo avanti, ma non la soluzione definitiva. Tim Sullivan, direttore dell’Autorità per lo Sviluppo Economico del New Jersey, è cauto: “Grandi progetti come questo sono importanti, ma bisogna continuare a lavorare sul territorio, blocco per blocco”.
Newark a parte, ArtSide suscita entusiasmo. Molti vedono nel progetto un modello per il futuro dei centri culturali: luoghi in grado di autosostenersi grazie alla sinergia tra arte, commercio e immobiliare. Schreiber lo ha detto chiaramente: “L’obiettivo è creare un luogo coinvolgente, vivace, un posto divertente dove passare del tempo”. Una visione condivisa da altre istituzioni culturali in tutto il paese, che stanno osservando con attenzione ciò che accade a Newark.
Forse, la vera sfida di ArtSide sarà proprio questa: riuscire a conciliare le esigenze di una città che cambia con quelle dei suoi abitanti, senza cadere nella trappola della gentrificazione selvaggia. Per ora, la strada sembra tracciata: l’arte non sarà più confinata all’interno delle sale di un teatro, ma diventerà parte integrante del tessuto urbano, un modo per ridisegnare non solo gli spazi, ma anche le vite di chi li abita. Un sogno che sta finalmente per diventare realtà.