C’è da chiedersi se gli sceneggiatori di The Leopard/Il Gattopardo, la nuova serie Netflix che adatta il celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa – da cui nel 1963 Luchino Visconti trasse l’ancor più celebre film con Claudia Cardinale e Alain Delon – abbiano effettivamente letto il libro.
Perché, a guardarla non si direbbe.
Il capolavoro dello scrittore e aristocratico siciliano, pubblicato postumo nel 1958 e vincitore del Premio Strega, oggi è parte dell’immaginario collettivo italiano, viene fatto leggere durante gli anni di scuola superiore ed è probabilmente il miglior ritratto, lirico e storico allo stesso tempo, del passaggio della società italiana dall’ancien regime alla modernità.
La serie Netflix, che esce in tutto il mondo il 5 marzo, praticamente lo riscrive da capo, trasformandolo in un melò, e non bastano la pur bellissima confezione, i costumi e le superbe ambientazioni tra lo splendore dei palazzi siciliani e le piazze di Palermo e Ortigia per restituirgli la sua dignità.
Ambientato in Sicilia nel corso del Risorgimento, il romanzo, come sappiamo, segue le vicende personali e familiari dell’aristocratico Don Fabrizio Corbera, principe di Salina, durante la transizione dal regime borbonico al Regno d’Italia. E il senso del racconto si può riassumere nell’iconica battuta pronunciata dal nipote Tancredi, sostenitore della modernità: «tutto deve cambiare perché tutto resti come prima».
All’indolenza raffinata del principe, un gigante sia dal punto di vista intellettuale che da quello fisico, e al suo aristocratico disprezzo per le meschinerie del nuovo ceto borghese che sta salendo al potere, si oppone, ma solo a livello ideale, l’entusiasmo dell’amato nipote Tancredi, che invece abbraccia il nuovo e non esita a sposare la borghese Angelica, di umili origini ma ricca e bellissima, preferendola alla cugina Concetta, che è invece innamorata di lui. E l’intera narrazione procede senza che accada granché, quasi come un flusso di coscienza del suo protagonista, descrivendone i sentimenti di nostalgia e decadenza con uno stile insuperabile.
Ignorando questa chiave di lettura, la serie Netflix trasforma la storia in un conflitto sentimentale tra le due giovani donne: Concetta (la interpreta Benedetta Porcaroli) che nel libro è figura marginale, diviene la nobile eroina romantica travolta dagli eventi storici che lotta per strappare Tancredi, ritratto come uno scavezzacollo decisamente irritante (lui è Saul Nanni), alla bella e sfacciata rivale borghese (Deva Cassel).
Nel contempo la figura del principe di Salina (Kim Rossi Stuart) perde completamente il proprio carisma, e tra dialoghi didascalici e inquadrature di dolci siciliani in stile food blogger (ma perché?) la grandiosa vicenda gattopardesca si riduce a un feuilleton in costume e soprattutto (spiace dirlo) a un’occasione mancata.
La serie è stata presentata in anteprima mondiale il 3 marzo al Teatro dell’Opera di Roma, con i registi, il cast e una performance di 100 garibaldini.
Scritta da Richard Warlow, che ne è anche creatore ed executive producer, assieme a Benji Walters, vede alla regia Tom Shankland, affiancato da Giuseppe Capotondi (episodio 4) e Laura Luchetti (episodio 5).
Nel cast sono presenti anche Paolo Calabresi, Francesco Colella, Astrid Meloni, Francesco Di Leva e Alessandro Sperduti.
Il direttore della fotografia è Nicolaj Bruel. I costumi sono a firma di Carlo Poggioli ed Edoardo Russo, le scenografie di Dimitri Capuani. Le musiche originali sono di Paolo Buonvino.
La serie è prodotta da Fabrizio Donvito, Daniel Campos Pavoncelli, Marco Cohen, Benedetto Habib e Alessandro Mascheroni per Indiana Production e da Will Gould e Frith Tiplady per Moonage Pictures.