Patrizia Pasqualetti: l’arte del gelato artigianale dalla Tuscia a New York

Patrizia Pasqualetti, maestra gelatiera, ha trasformato una storia di famiglia in un brand internazionale

Patrizia Pasqualetti è una maestra gelatiera umbra e custode di una realtà storica della tradizione artigianale italiana. Cresciuta in una famiglia che da generazioni si dedica al gelato, ha saputo coniugare l’esperienza ereditata dal padre con l’innovazione. Dopo aver raffinato l’arte del gelato nel laboratorio di famiglia, ha portato il marchio Gelato by Patrizia Pasqualetti negli Stati Uniti, dove oggi guida diverse gelaterie, tra cui una nuova apertura con Eataly a New York. Il suo lavoro coniuga fedeltà alle ricette artigianali, attenzione alla sostenibilità degli ingredienti. L’abbiamo intervistata per ilNewyorkese

Quali ricordi d’infanzia o familiari ti hanno avvicinata al mondo del gelato artigianale e alla cultura del gusto italiano? 

Per me, il gelato è sempre stato, sin da piccola, un momento di gioia e condivisione. Ricordo i pomeriggi in campagna, dalle nonne o al mare, quando il momento più bello era la merenda con il gelato. La mia famiglia, in realtà, non nasceva con il gelato. Mio padre lavorava a Milano nel settore dei motori, lontano dal mondo della pasticceria. Poi, dopo un anno sabbatico trascorso viaggiando e scoprendo nuovi orizzonti, decise di seguire una passione diversa: voleva creare qualcosa di “pulito e profumato” che portasse piacere alle persone. Grande appassionato di gastronomia, spesso ci portava, me, mia sorella e mia madre, a scoprire i ristoranti più interessanti, entrando in contatto con grandi maestri come Don Alfonso Iaccarino e Gualtiero Marchesi. Io, adolescente, seguivo parallelamente studi umanistici in Lettere e Filosofia, convinta che la mia carriera sarebbe stata legata all’insegnamento. Ma, come spesso accade nelle famiglie italiane, dopo qualche esperienza didattica, mi fu chiaro che il mio percorso avrebbe seguito l’azienda di famiglia, fondata da mio padre a Orvieto nel 1981: la Gelateria Pasqualetti. L’inizio non è stato facile. Mio padre, estremamente meticoloso e puntiglioso, supervisionava ogni dettaglio. Solo dopo anni arrivai a gestire gli ingredienti sempre osservando e apprendendo il suo metodo preciso e rigoroso.

Quando ha capito che il gelato sarebbe diventato non solo una passione ma una professione?

Passo dopo passo, è nato il mio percorso nel mondo del gelato, intrecciando la passione familiare con la cura per la qualità e il rispetto per la materia prima. Devo dire che, in un tempo relativamente breve, quella curiosità iniziale si è trasformata in una vera e propria passione. Per me il gelato non è più solo un lavoro o un dolce da gustare: è diventato una ragione di vita, una filosofia. Mio padre ha sempre apprezzato l’idea che io potessi, grazie a lui, comprendere la provenienza degli ingredienti, studiarli e capire il loro valore. Ho imparato a rispettare ogni frutto, ogni aroma, trasformando un gesto apparentemente semplice come fare il gelato in un atto culturale. E proprio questo mi ha permesso di ritornare al mio background: fare cultura del food, raccontare le storie dietro ogni ingrediente e dietro ogni scelta di lavorazione, è qualcosa che per me ha un valore fondamentale. Il gelato, così, è diventato anche uno strumento di formazione: non solo imparare le tecniche, ma capire come comunicarle, come trasmettere la bellezza e la complessità di un mestiere che spesso viene sottovalutato. Raccontare il gelato significa raccontare una storia di tradizione, passione e ricerca della qualità, e questo è qualcosa che molte persone ancora non sanno fare.

Parla spesso del gelato come di un equilibrio perfetto tra creatività, tecnica e sensibilità. Qual è la sua filosofia del gelato? 

Dietro ogni prodotto con uno spirito artigianale c’è tanta passione, pazienza, amore e presenza: sono proprio questi elementi a rendere speciale il gelato. Essere italiani ci conferisce naturalmente una certa credibilità: siamo percepiti come ambasciatori della cultura, del buon cibo e del buon vino, e questo ci dà un vantaggio iniziale. Un prodotto come il gelato, inoltre, è estremamente popolare e accessibile, senza un target preciso, e questo lo rende apprezzabile da tutti. La nostra missione è proporlo nel modo migliore possibile, facendo sì che venga apprezzato da un pubblico internazionale non solo dal punto di vista del gusto, ma anche sotto l’aspetto nutrizionale. Il vero gelato italiano, infatti, è un gelato sano: ha poche calorie, contiene poco zucchero e punta sulla qualità degli ingredienti. Continuare a rispettare questa filosofia ci permette di mantenere alta la soddisfazione dei nostri clienti, che apprezzano sempre di più questa attenzione alla bontà ma anche alla leggerezza del prodotto.

C’è stata qualche difficoltà nel mantenere viva la tradizione italiana del gelato pur innovando e adattandosi a un pubblico internazionale, come quello newyorkese?

Le difficoltà ci sono sempre. Ogni giorno dobbiamo affrontare sfide di vario tipo, e a maggior ragione quando si lavora con umanità: è un aspetto che considero fondamentale nel nostro team. Si tratta di saper gestire gli ostacoli quotidiani, che possono essere la difficoltà di reperire un ingrediente o quella di far comprendere al team il valore del nostro prodotto. Tuttavia, la costanza, la perseveranza e l’amore che contraddistinguono oggi la mia missione mi permettono di affrontare ogni giorno in maniera estremamente positiva. Per quanto riguarda il pubblico americano, e in particolare i newyorkesi, le reazioni sono state tutte estremamente positive. A chi sogna di portare un pezzo d’Italia – o di se stesso – nel mondo, direi innanzitutto di essere sempre completamente se stessi. È fondamentale coltivare la propria personalità e affacciarsi al mondo con fiducia. È importante mantenere fede alla propria identità, alla cultura italiana e, soprattutto, alla propria personalità. Mi piace pensare all’inizio della mia storia con un’immagine: quella di mio padre, che sognava di vedere le sue figlie accanto a lui in laboratorio. Dal suo punto di vista era un gesto romantico, un desiderio di condividere la passione e il lavoro con noi, e quell’immagine ha accompagnato il mio percorso fin dall’inizio.

Cosa è più importante far arrivare al cliente: il sapore, la tradizione o la storia personale ?

Deve essere un equilibrio perfetto tra tutte e tre. Nessuna deve prevalere sulle altre. La nostra storia ci aiuta a raccontare il prodotto che facciamo, ma il cliente deve percepire serenità: non deve essere sopraffatto dalla nostra storia, ma deve poter vivere la piena piacevolezza di quello che sta gustando. Se poi, naturalmente, si ricorda che quel gelato è stato fatto da me, Patrizia, e che rappresenta tre generazioni della nostra famiglia, per noi è una grande gioia. Rientra a far parte della nostra comunità, ma ciò che vogliamo lasciare soprattutto è la memoria del gusto: quell’emozione e quel ricordo legato al sapore che rimane a lungo. Ho avuto persone negli Stati Uniti che, visitando Orvieto, mi hanno detto: “Ho mangiato il gelato del tuo papà” e mi sono emozionata moltissimo.

Immagine di Elide Vincenti

Elide Vincenti

Laureata con lode in Letteratura Comparata e Arti dello Spettacolo presso la Sapienza di Roma, ha lavorato come Project Manager presso Italy-America Chamber of Commerce Southeast di Miami. Vive a New York, dove frequenta il corso di Master in Critical Journalism e Creative Publishing presso l’Università di New York, Parsons - The New School.

Condividi questo articolo sui Social

Facebook
WhatsApp
LinkedIn
Twitter

Post Correlati

Ritorna il camping di lusso Governors Island

Se stai cercando una fuga perfetta dalla frenesia della città senza allontanarti troppo, Governors Island potrebbe essere la tua destinazione ideale. E se desideri trasformare questa breve fuga in un’esperienza indimenticabile, Collective Retreats è pronto ad accoglierti con le sue

Leggi Tutto »
Torna in alto