L’oceano davanti al New England sta vivendo un nuovo capitolo: la presenza crescente del grande squalo bianco. Non si tratta del mostro cinematografico che inseguiva ossessivamente i bagnanti, ma di un predatore reale, antico e potente, che sta riaffermando la propria presenza lungo le coste del Maine e del Massachusetts.
Ogni estate le cronache locali registrano nuove segnalazioni. Un’ombra scura che si muove veloce a pochi metri dalla riva, la pinna che fende la superficie, l’incontro ravvicinato ripreso da un drone. Negli ultimi mesi le testimonianze si sono moltiplicate e l’allerta si è diffusa anche alla costa dello stato di New York. A Scarborough, nel Maine, un esemplare lungo due metri e mezzo è stato individuato in luglio. Poco dopo, un residente ha filmato un gigante di quasi quattro metri. E più a sud, a Cape Cod, non sono mancati altri avvistamenti, fino alle coste del New Hampshire.
Gli scienziati osservano il fenomeno con attenzione. Dal 2020 al 2024 sono stati censiti 93 avvistamenti, più del doppio rispetto al periodo precedente. La spiegazione, sostengono gli esperti, va cercata nella crescita della popolazione di foche, fonte primaria di nutrimento per gli squali. Dove abbondano le prede, inevitabilmente arrivano anche i predatori.
Il Film che ha cambiato per sempre l’immagine degli squali
L’immagine degli squali bianchi come mostri marini spietati e predatori di esseri umani deriva in gran parte dall’impatto che ha avuto sulla cultura pop l’uscita del film Lo squalo, di Steven Spielberg, esattamente 50 anni fa, nel 1975.

Il film alimentò una vera e propria fobia verso gli squali. Dipinti come “mangiatori di uomini”, gli animali furono vittime di una psicosi collettiva che portò a un boom della pesca sportiva e alla loro progressiva decimazione. Così, un’opera di intrattenimento divenne uno dei fattori che hanno contribuito a una distorta percezione di questi predatori, essenziali per l’equilibrio degli ecosistemi marini.
Sia Peter Benchley, autore del romanzo dal quale fu tratto il film, sia lo stesso Spielberg hanno riconosciuto e rimpianto l’impatto negativo di Lo Squalo sull’immaginario collettivo.
Benchley, dagli anni ’80 in poi, si è dedicato alla tutela degli oceani, affermando che non avrebbe mai scritto il libro se avesse conosciuto la vera natura degli squali. Spielberg, intervistato dalla BBC nel 2022, ha dichiarato “Mi pento davvero dell’influenza che Lo Squalo ha avuto sulla decimazione della popolazione di squali”, ha detto, riconoscendo che il film ha contribuito a una “frenesia di pesca” che ha danneggiato questi animali.
A cinquant’anni dall’uscita, mentre il film si accinge a tornare nelle sale come capolavoro intramontabile, resta inevitabile riflettere sul suo ruolo nella costruzione di una paura irrazionale che continua a influenzare l’opinione pubblica.
Inversione di rotta
Negli ultimi anni la percezione degli squali, tuttavia, sta cambiando, grazie al lavoro instancabile di divulgatori scientifici che hanno dedicato la propria vita a questa missione.
Ocean Ramsey, biologa marina, apneista e attivista per la conservazione, ha dedicato la sua vita a sfatare i miti sugli squali e a mostrarne il ruolo fondamentale negli ecosistemi marini. Nel suo documentario “Shark Whisperer: nuotando con gli squali”, del 2018, distribuito da Netflix, attraverso spettacolari immagini subacquee e racconti in prima persona, accompagna lo spettatore in immersioni a stretto contatto con grandi squali bianchi e altre specie considerate “pericolose”. L’obiettivo è la dimostrazione che questi animali non sono mostri assetati di sangue, bensì predatori regolatori indispensabili per la salute degli oceani.

Secondo gli scienziati gli attacchi restano eventi eccezionali, ma la paura rimane. Nel 2020, al largo di Bailey Island, una nuotatrice di 63 anni perse la vita in seguito a un attacco. È l’unico caso mortale registrato nella zona negli ultimi anni, ma sufficiente a lasciare un segno profondo nella memoria collettiva. Secondo le statistiche del Florida Museum of Natural History, gli episodi letali nel mondo moderno non superano le sessanta unità. Numeri che ridimensionano l’allarme, ma che poco contano di fronte all’idea di imbattersi in un predatore gigante di sei metri mentre si nuota.
Sulle spiagge del New England sono comparsi cartelli che invitano alla prudenza: mai nuotare da soli, mai spingersi troppo al largo. Nel frattempo, l’inquietudine convive con la curiosità. C’è chi cerca con il cellulare o con un drone l’immagine spettacolare, pronto a condividerla online. È nato persino un canale dedicato: l’app Sharktivity, dove si raccolgono segnalazioni, video e avvistamenti.
Gli esperti ci tengono a ribadirlo, lo squalo non è un cacciatore di uomini, ma un grande predatore che segue l’istinto e la catena alimentare. La sua comparsa sulle coste americane non è il preludio di un incubo estivo, ma il segnale di un ecosistema che cambia e si riequilibra.