Un accordo in bilico: le frizioni tra OpenAI e Microsoft

Un accordo in bilico: le frizioni tra OpenAI e Microsoft

Microsoft non è più tanto convinta di investire in OpenAI; quest'ultima, dal canto suo, ha già contatti con altre aziende, come Apple e Nvidia, per capire che margini ci sono per distaccarsi dalla madre di Windows

La partnership tra OpenAI e Microsoft, un matrimonio d’amore nell’universo dell’intelligenza artificiale, è ora minacciata da una crisi che ne mette a repentaglio il futuro. Sam Altman, il carismatico CEO di OpenAI, si è ritrovato a chiedere aiuto a Satya Nadella, il potente numero uno di Microsoft, in un momento in cui la startup si aspetta perdite astronomiche di 5 miliardi di dollari quest’anno. La risposta? Un silenzioso ma deciso ripensamento dell’impegno di Microsoft, che, dopo la tempesta che ha visto l’allontanamento temporaneo di Altman, si sta muovendo con cautela.

Dopo un iniziale entusiasmo, la realtà ha iniziato a pesare sul rapporto: l’azienda di Redmond, che ha già iniettato 13 miliardi di dollari in OpenAI, ora si trova a riflettere sulle proprie scelte. L’instabilità interna della startup ha instillato in Microsoft un seme di dubbio, e sebbene le parole di ottimismo si susseguano, la necessità di trovare un equilibrio tra innovazione e sicurezza sta creando una frattura tra i due colossi.

Negli ultimi mesi, Microsoft ha compiuto passi concreti per diversificare le proprie fonti di innovazione, assumendo la maggior parte del personale di Inflection, un concorrente di OpenAI. In questo modo, il gigante tecnologico cerca di diversificare le sue risorse, ma lascia sul tavolo una domanda inquietante: che fine ha fatto la sinergia tra i due partner? Le voci di dissenso tra i dipendenti di OpenAI, preoccupati per il crescente dominio di Microsoft, si fanno sempre più forti, e le lamentele sul deficit di potenza di calcolo stanno infiammando gli animi.

Nel tentativo di svincolarsi da questa situazione asfissiante, OpenAI ha avviato contatti con aziende come Oracle, Apple e Nvidia, cercando nuovi investimenti che possano garantire una maggiore autonomia. Queste manovre evidenziano la necessità per OpenAI di ridurre la sua dipendenza da Microsoft e di garantire un flusso di risorse più sostenibile, poiché il costo della potenza di calcolo continua a salire, con stime che prevedono una spesa annuale di 37,5 miliardi di dollari entro il 2029.

Ma c’è di più: la questione dell’intelligenza artificiale generale (A.G.I.) non è solo un tema di ricerca, ma un potenziale ago della bilancia in questo rapporto. La clausola contrattuale che consentirebbe a OpenAI di liberarsi da Microsoft nel caso di sviluppo di una A.G.I. introduce un’ulteriore dose di incertezza. Mentre i due colossi si confrontano con le sfide di un mercato in rapida evoluzione, resta da vedere se riusciranno a superare questi attriti e a dare nuova linfa a una collaborazione che, per il momento, sembra vacillare su un filo sottile.

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