È successo a tutti. Avete ordinato un pacco dal sito di un’azienda lontana dalle grandi marche dell’e-commerce. Vi sei informati, avete cercato le recensioni dell’azienda, quelle del prodotto scelto, avete spulciato i forum più remoti di internet e siete giunti alla conclusione che sembra tutto nella norma, il prezzo è ottimo e quel prodotto vi serve. Cliccate “acquista”, attendete i giorni della spedizione. Il pacco non arriva.
Contattate il venditore, ma non sa darvi risposte certe. Il tracking del pacco non dà segni di vita, il vettore non fornisce dati utili. Insomma, il pacco sembra smarrito. Se siete fortunati, l’azienda prova a spedirvene un altro senza costi o vi offre direttamente un rimborso, ma non sempre è nei termini di vendita ed a volte bisogna solo arrendersi al destino.
Ma perché questo succede? Beh, le risposte sono tante, ma il flusso riguarda praticamente qualsiasi tipo di azienda e qualsiasi tipo di acquirente, non solo il privato cittadino. Spesso le grandi aziende si affidano a piattaforme internazionali di spedizione – le classiche sigle sui camion trasporti che tutti conosciamo. A loro volta, se queste aziende di trasporti non hanno a disposizione mezzi propri per una determinata tratta, si affidano a subcontractors presenti in delle proprie whitelist. Ma può capitare che anche questi non siano disponibili, e ciò comporta il doversi affidare ad altri fornitori locali dei quali si ha meno – o nessun – riscontro nei database.
In alcuni casi può accadere che queste aziende, che nessuno ha mai visto o controllato, si recano sul posto, caricano la merce e poi “perdono” il camion. In Italia può essere più difficile, ma appena si varca il confine l’affidabilità perde ancora più peso specifico.
Il problema della merce spedita dal produttore e persa merita un discorso a parte: il valore della merce è marginale, perché spesso è rimborsato dall’assicurazione e qualcuno potrebbe anche pensare di tirare un sospiro di sollievo al riguardo. Ma le vere criticità sono due: la prima è di tipo economico, e si collega al ritrovamento della merce; la seconda è di tipo legale e si manifesta nel caso in cui non dovessimo essere più in grado di ritrovare il mezzo con la merce.
Nel primo caso, se il camion dovesse essere ritrovato a seguito di denuncia, il mezzo viene sequestrato fino alla fine delle indagini, ed il periodo di sequestro viene pagato dall’azienda madre dei prodotti. In più, una volta dissequestrato, spesso la merce va distrutta, e anche questo ha un costo molto elevato.
La seconda criticità riguarda il mercato della merce rubata: se il camion non dovesse essere trovato, molto probabilmente quella merce finisce comunque sul mercato, magari in un’altra nazione. Ma ci sono molti prodotti, soprattutto nell’ambito alimentare, che devono seguire delle leggi precise. Un esempio è il classico ovetto di cioccolato con la sorpresa dentro. Quell’ovetto, che in Europa tutti conosciamo ed abbiamo mangiato almeno una volta, in America non si può vendere. Questo perché contiene un oggetto di plastica all’interno che potrebbe essere ingerito, e quindi è bandito dal Paese. Se uno di questi ovetti dovesse finire in America, bisognerebbe poi dimostrare che si tratta di merce rubata che non ha a che fare con la casa produttrice. Ma gli ovetti singoli non hanno un numero seriale: c’è il lotto ed un codice di riconducibilità del prodotto, ma risalire all’azienda che lo doveva comprare e vendere è molto difficile.
A prescindere dalla prima o dalla seconda ipotesi, comunque, un dato è sicuro: il danno reputazionale può essere consistente, soprattutto se amplificato dai media, come purtroppo spesso succede.
Vi abbiamo raccontato l’importanza delle Due Diligence Reputazionali di terze parti, ovvero le informazioni necessarie alle aziende per valutare l’affidabilità delle imprese con le quali intrattengono rapporti economici – soprattutto fornitori – per monitorarne la situazione economico/patrimoniale e reputazionale, al fine di prevenire qualsiasi danno d’immagine.
Ma in che modo si possono affiancare questi dati? Un conto, effettivamente, è avere una tabella organizzata che ci racconta, su carta, cosa va e cosa non va in un’azienda, un altro conto è capire, giorno per giorno, come procede l’attività del nostro fornitore e se ci sono criticità che non possono essere evidenziate dai dati. E questo discorso vale ancora di più quando ci rapportiamo con aziende che, a loro volta, si affidano a terze parti.
Per evitare tali problematiche, le aziende utilizzano un servizio di controllo che si applica non solo ai subcontractors, ma anche a qualsiasi azienda con la quale intrattengono un rapporto d’affari. Nel caso dei trasporti, ad esempio, i clienti forniscono i dettagli dell’azienda coinvolta e, prima di approvare il carico della merce, richiedono di effettuare un’Analisi Reputazionale. Durante questa analisi si esamina lo stato economico-patrimoniale, identificando i soggetti beneficiari dei proventi generati e i titolari effettivi dell’azienda. Sulla base delle informazioni raccolte, si fornisce un parere positivo o negativo, espresso attraverso un punteggio (SCORE). Solo con uno score positivo il cliente procede a lavorare con il trasportatore.
Si tratta di un servizio di Due Diligence Reputazionale, che aiuta i clienti a monitorare non solo i trasporti, prevenendo perdite di carichi, ma anche tutte le attività commerciali e d’affari, riducendo così al minimo i rischi reputazionali ed economico-finanziari.
Non serve spiegare quanti soldi vengano risparmiati, perché non è importante l’apporto economico ma quello reputazionale: una mancata consegna può fare molti più danni rispetto al mero valore della merce persa.