Harris cala nei sondaggi, finita la luna di miele elettorale?
Kalama Harris a Washington durante un incontro con la stampa | via Shutterstock

Harris cala nei sondaggi, finita la luna di miele elettorale?

Gli ultimi sondaggi, tra cui quello del New York Times/Siena College, hanno fotografato una realtà che inizia a preoccupare l'ambiente dem. Trump è avanti di un punto, 48% contro 47%. Non è una vittoria schiacciante, ma è il primo vantaggio in un mese per l'ex presidente in un sondaggio nazionale rilevante.

C’era una volta un mese glorioso per Kamala Harris. Dopo il ritiro di Biden dalla corsa presidenziale, la vicepresidente aveva iniziato a cavalcare un’onda di consensi, alimentata da una copertura mediatica quasi fiabesca. I democratici tiravano un sospiro di sollievo: Kamala rappresentava il futuro, la continuità di certi valori e, in quel momento, anche la certezza di poter battere Donald Trump. Ma, come spesso accade nella politica americana, il vento cambia all’improvviso e quella stessa onda rischia di trasformarsi in risacca.

Gli ultimi sondaggi, tra cui quello del New York Times/Siena College, hanno fotografato una realtà che inizia a preoccupare l’ambiente dem. Trump è avanti di un punto, 48% contro 47%. Non è una vittoria schiacciante, ma è il primo vantaggio in un mese per l’ex presidente in un sondaggio nazionale rilevante. Il che suggerisce una domanda: il picco di Kamala Harris era solo un abbaglio temporaneo? È già cominciato il suo declino?

Non è difficile capire cosa stia succedendo. Harris ha beneficiato di un agosto particolarmente favorevole: via Biden, e subito il riflettore puntato su di lei. Ma il settembre politico americano è un mese brutale. Senza eventi di grande impatto a sostenerla, la vicepresidente ha visto diminuire l’entusiasmo attorno alla sua figura. Due settimane di calma dopo la convention democratica e quel che resta è una sensazione di stasi.

Non solo: Trump, nel frattempo, non è rimasto a guardare. Il sondaggio del Times/Siena suggerisce che l’ex presidente è riuscito a recuperare terreno su questioni cruciali per gli elettori. Un vantaggio di cinque punti su “ciò che conta di più” per gli americani. In una nazione stanca, dove la maggioranza ritiene che l’economia sia allo sbando e il paese stia andando nella direzione sbagliata, Trump riesce ancora a vendersi come il candidato del cambiamento, mentre Harris viene percepita come la continuità. Il paradosso è evidente: il cambiamento è rappresentato da un uomo che ha già governato per quattro anni.

E poi c’è il grande problema dell’identità. Harris, finora, non è riuscita a imporsi come una figura politica definita agli occhi del pubblico. Le sue posizioni, a detta degli elettori, rimangono vaghe. Troppo liberal per alcuni, poco chiara per molti. Il 28% degli elettori dice di aver bisogno di saperne di più su di lei, una percentuale troppo alta per una candidata che dovrebbe già essere nel vivo della sua campagna presidenziale. Trump, invece, ha un’identità politica granitica, per quanto divisiva. Che piaccia o no, si sa sempre dove sta. Con Harris, il rischio è che questa incertezza diventi un peso.

Il vero banco di prova per Harris sarà il prossimo dibattito. Sarà l’occasione per tentare di ridefinirsi, di mostrare che non è solo la continuazione di Biden, ma una leader capace di rappresentare un vero cambiamento per il Paese. Ma il tempo stringe, e se i sondaggi continueranno a mostrare segni di cedimento, quella che sembrava un’ascesa inarrestabile rischia di trasformarsi in un mesto tramonto prima ancora di essere arrivata al vertice.

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