Non capita spesso di vedere la polizia federale che bussa alle porte del potere, soprattutto quelle di una città come New York, la più grande, la più potente, la più vulnerabile degli Stati Uniti. Eppure, è successo. Il sindaco Eric Adams, ormai abituato ai riflettori della politica, si trova ora al centro di un ciclone giudiziario che mette in discussione non solo la sua amministrazione, ma la sua stessa capacità di governare. E la parola “corruzione” inizia a serpeggiare nei corridoi di City Hall, come un fantasma che nessuno riesce a scacciare.
Le indagini federali, condotte dalla procura del distretto meridionale di New York, hanno raggiunto i piani alti dell’amministrazione, sequestrando i telefoni di alcuni dei più stretti collaboratori del sindaco, tra cui il commissario di polizia Edward Caban, il vice sindaco Sheena Wright e il cancelliere delle scuole David Banks. È un attacco a tenaglia che mette a nudo una rete di sospetti, complicità e silenzi, e che ha destabilizzato un’amministrazione già vacillante, mentre Adams cerca di mantenere la calma, dichiarando che nulla lo distrarrà dalla sua missione per i newyorkesi.
L’ironia non sfugge: Adams, ex poliziotto, oggi accusato (almeno moralmente) di avere tradito il suo giuramento. “Seguite la legge”, ripete ossessivamente al suo team, come fosse un mantra capace di esorcizzare gli scandali. Ma i fatti sono più ostinati delle parole, e i fatti raccontano di una serie di indagini che potrebbero scoperchiare anni di compromessi e manovre torbide, a partire dalla gestione dei fondi della campagna elettorale del sindaco e da legami imbarazzanti con il governo turco.
C’è di più: non solo Adams, ma anche i membri chiave della sua amministrazione sono al centro di queste inchieste. Il vice sindaco Philip Banks, ad esempio, non è nuovo a guai giudiziari. Già in passato era stato citato come co-cospiratore non imputato in un caso di corruzione che coinvolgeva funzionari di alto livello della città. E oggi, lo stesso Banks, insieme a membri della sua famiglia e collaboratori stretti, si trova di nuovo con un piede dentro un’indagine federale. Il passato, evidentemente, non smette mai di tornare.
Ma è la reazione della città a raccontare la vera dimensione del problema. New York, già piegata da problemi cronici come la criminalità e la povertà, non può permettersi un sindaco sotto scacco giudiziario. Eppure, l’impressione è che la fiducia nell’amministrazione Adams fosse già in declino ben prima di queste rivelazioni. Le indagini federali sono solo l’ultimo colpo a una leadership che sembrava faticare a mantenere il controllo su una città dalle mille anime e dai mille problemi.
Lo scontro, ora, si gioca anche sul piano politico. Le primarie democratiche si avvicinano e Adams dovrà affrontare non solo avversari politici, ma anche il peso di uno scandalo che potrebbe travolgerlo. La frase, ormai inflazionata, “non possiamo pulire la città se la nostra casa è sporca” diventa un ritornello che risuona ovunque, dalle conferenze stampa ai social network, mentre gli oppositori del sindaco affilano le lame.
Che New York possa continuare a guardare al proprio sindaco con fiducia è una domanda a cui solo il tempo (e forse i tribunali) potrà rispondere. Di sicuro, però, la vicenda getta una luce inquietante su un’amministrazione che, nata con la promessa di rinnovare e rilanciare la città, rischia di essere ricordata come l’ennesima vittima del potere e delle sue trappole. E, come in ogni grande città, la politica si mescola al destino delle persone, lasciando dietro di sé una scia di domande che difficilmente avranno risposte semplici.