siamo piccoli ma va bene così sicilia viaggio

Siamo piccoli, va bene così

Sono nato e cresciuto a New York. Aldilà degli innumerevoli viaggi in Italia – il paese delle mie origini che ormai è diventata una seconda casa per me – i legami più sentiti che ho con il Bel Paese sono merito di mio nonno.  Era una persona che nutriva un profondo amore per l’Italia; per lui, tramandare anche solo un briciolo di questo amore costituiva il dono più grande che avrebbe potuto lasciare ai suoi nipoti. Ed è stato proprio così.

Che cosa si può dire di fronte a tale magnificenza, di fronte a tale antichità?

Eravamo in quattro; amici partiti alla ricerca di qualcosa più grande di noi, di luoghi ed emozioni che avrebbero ricordato un passato mai vissuto ma in qualche modo sempre presente nei nostri sogni, nei nostri cuori.  Non sapevo molto della destinazione. Era la mia prima volta a Catania e scoprire le infinite sfumature di questa antica città era già abbastanza avventura per riempire i pochi giorni che avevo a disposizione. Nonostante ciò, nell’ultimo giorno della mia visita sono stato conquistato dalla curiosità e dal fascino della scoperta ed insieme ad alcuni amici mi sono avventurato nell’entroterra siracusano.

Sono nato e cresciuto a New York. Aldilà degli innumerevoli viaggi in Italia – il paese delle mie origini che ormai è diventata una seconda casa per me – i legami più sentiti che ho con il Bel Paese sono merito di mio nonno.  Era una persona che nutriva un profondo amore per l’Italia; per lui, tramandare anche solo un briciolo di questo amore costituiva il dono più grande che avrebbe potuto lasciare ai suoi nipoti. Ed è stato proprio così. Passavamo le ore ad ascoltare i suoi racconti di episodi della Divina Commedia che spesso riusciva a recitare a memoria.  Per questo, nonostante le migliaia di miglia che ci separavano dall’Italia per gran parte dell’anno durante la mia infanzia, ci è sempre parso un luogo vicino.  Se vuoi per le chiese che ci portava a visitare quando ci trovavamo a Roma, oppure per i racconti della mitologia classica – di Ciclope, Ulisse e di Vulcanus che teneva la sua forgia sotto il Monte Etna – grazie a mio Nonno, l’Italia nella mia mente rappresentava una porta d’accesso a un tempo fuori dal tempo che mi spronava a scoprire, esaminare, riflettere.

Trovandomi in Sicilia, una terra che non avevo avuto ancora occasione di conoscere da vicino, ma che, grazie a Nonno, ho sempre sentito molto vicina al cuore, non potevo che pensare a lui quando siamo arrivati all’ingresso del Parco Archeologico di Pantalica.  Situata nella provincia di Siracusa, Pantalica è un antico insediamento della prima metà del XIII secolo a.C.  Non è sicurissimo se il nome del posto derivi dal greco πάνταλίθος, “luogo pieno di pietre”, o dall’arabo Buntarigah, “luogo pieno di grotte.”  A prescindere dalle sue origini etimologiche, non ci vuole molto per arrivare a capire come questi paesaggi naturalistici avessero potuto ispirare i racconti mitologici degli antichi.  È tutto organizzato in una sorta di caos armonioso che solo la natura indisturbata è in grado di formare; composto di animaletti ed insetti che sfuggono tra coloratissime piante lussureggianti e colossali rocce di calcare che abbagliano sotto il sole siciliano.  Sopraffatto dalle infinite meraviglie che mi circondavano da tutte le parti, era impossibile per me concepire l’immensità di tuto ciò se non attraverso l’immaginazione.  Camminando tra un sentiero e l’altro, mi sono tornate alla mente i racconti di mio nonno: delle varie figure mitologiche appartenenti a una dimensione terrestre ma in qualche modo legate al metafisico, al non-visto, a fenomeni che senza una rappresentazione simbolicamente umana rimangono difficilmente comprensibili.

La mia mente viaggiava come non mai da quando ero bambino; ero appena arrivato al punto di dare una sorta di senso precario a questi miracoli della natura quando, girando un angolo, ci siamo imbattuti sulla Necropoli di Pantalica.  Eravamo in una valle colma di vegetazione, il sole picchiava, di fronte a noi una rupe bianca ed altissima di cui le uniche cose più alte erano i falchi che planavano, trasportati dalle correnti di vento.  In questa rupe monumentale, una serie di fori rettangolari collocati senza nessun tipo di apparente organizzazione; sarebbero passati anche essi per dei fenomeni naturalistici se non fosse per la loro forma perfettamente squadrata.  Molto più di semplici grotte fatte da mani umane, quelle caverne sono tombe scavate nel calcare circa 3.300 anni fa. Circa 1300 anni prima della nascita di Cristo, circa 600 anni prima della fondazione di Magna Grecia, contemporanee con l’avvento dell’età del ferro.  Impronte sacre, imponenti e mute di un’era lontanissima nel tempo ma intimamente presente nello spazio.  Tutto l’ordine (seppure immaginario) che ero riuscito a dare alle meraviglie di questo posto per poterle digerire al meglio era di nuovo scombussolato.

Che cosa si può dire di fronte a tale magnificenza, di fronte a tale antichità? Che cosa si può dire di fronte a quest’isola, la Sicilia, che l’evoluzione geologica ha voluto mettere al centro del Mediterraneo, e quindi al centro del mondo… lì dove risiede la forgia di Vulcanus: fonte di distruzione e terrore, ma anche di nuova vita e creazione. Che cosa si può dire in questo luogo magico e talmente antico, dove addirittura la Roma Antica e la Magna Grecia, messe in prospettiva cronologica iniziano a prendere la sembianza di fatti accaduti l’altro ieri!? 

La risposta mi sorge spontanea nella sua immensa semplicità: niente. Non si può e non si deve dire niente.  Si può e si deve ascoltare soltanto. Ascoltare, osservare e rendersi conto che – a differenza di quello di cui ci illudiamo in questo mondo così “avanzato” che valorizza il virtuale sempre più del reale – non siamo né l’inizio, neppure la fine.  Non abbiamo tutte le risposte. Non siamo nemmeno grandi quanto i nostri grattacieli o la nostra tecnologia avanzata ci farebbero credere.

Anzi, siamo piccoli. Mai me ne sono accorto così acutamente di quando mi sono trovato sotto la Necropoli di Pantalica. E va bene così perché è proprio nella nostra piccolezza e nella nostra limitata semplicità umana che riusciamo a fare cose grandi che durano nel tempo, forse addirittura per 3.300 anni.  Sicilia, la sua magnificenza, la sua antichità, la sua Necropoli di Pantalica ce lo ricordano.

Picture of Salvatore Ambrosino

Salvatore Ambrosino

Salvatore Ambrosino nasce a New York nel 1990 . Nel 2013 ha conseguito un Master's Degree in Italian Studies presso Villa La Pietra (Firenze), la sede italiana della New York University. Attualmente vive tra New York, Firenze e Roma e porta avanti la sua attività imprenditoriale, L’Arte Nascosta (www.lartenascosta.com) - un’azienda fondata nel 2020 per facilitare al consumatore moderno l’ accesso alle botteghe di Maestri Artigiani italiani.

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