Mercoledì sera, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha tenuto un atteso discorso davanti ai membri del Congresso statunitense. Questa era la quarta volta che Netanyahu si rivolgeva al Congresso, un record per un leader straniero nella storia degli Stati Uniti.
Prima del discorso, si prevedeva che Netanyahu avrebbe adottato un tono conciliatorio per affrontare le tensioni tra l’amministrazione democratica di Joe Biden e il governo israeliano sulla gestione del conflitto a Gaza. Contrariamente alle aspettative, Netanyahu ha invece optato per un discorso pieno di slogan e affermazioni controverse.
Almeno 50 deputati Dem hanno preferito non presenziare in aperta polemica con il Primo Ministro israeliano, al quale addossano la responsabilità per gli oltre 40mila palestinesi uccisi dall’inizio dell’invasione. Qualche assenza importante anche per lo spettro repubblicano: il prescelto vicepresidente di Donald Trump, J.D. Vance, non ha voluto partecipare al discorso, ritenendolo un teatro politico utile solo a migliorare la posizione di Netanyahu in Israele. Allo stesso tempo, migliaia di manifestanti filopalestinesi si sono radunati fuori da Capitol Hill.
Nonostante il boicottaggio di parte dell’ala Democratica del congresso, quest’ultimo si è comunque mostrato gremito per l’occasione, contando anche la presenza di ospiti esterni alla politica come Elon Musk. Durante il discorso, Netanyahu ha parlato per quasi un’ora, alternando racconti di vittime e ostaggi dell’attacco di Hamas del 7 ottobre a slogan sull’alleanza tra Stati Uniti e Israele. Ha ripetutamente descritto la guerra come una difesa contro una minaccia internazionale, affermando: “La nostra vittoria sarà la vostra vittoria”.
Nel suo discorso, Netanyahu ha affermato che Israele non ha mai bloccato i camion di aiuti umanitari e che sta facendo di tutto per evitare vittime civili, affermazioni che molti osservatori internazionali considerano false. Ha anche insinuato che le proteste fuori dal Congresso fossero finanziate dall’Iran, senza fornire prove. I Repubblicani hanno applaudito con forza questo passaggio, mentre i Democratici hanno espresso dissenso, non disdegnando però di applaudire il discorso in altre occasioni. In generale, il Primo Ministro israeliano si è guadagnato anche qualche standing ovation da tutta la platea nei momenti più concitati.
Non sono comunque mancate le reazioni di alcuni politici. All’interno del Congresso, Rashida Tlaib, deputata democratica con doppia cittadinanza palestinese e israeliana, ha esposto un cartello che accusava Netanyahu di essere un “criminale di guerra”. Questo gesto faceva riferimento al mandato d’arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale nei confronti di Netanyahu per le azioni intraprese dal suo governo dall’inizio del conflitto.
Nancy Pelosi, ex speaker della Camera, ha invece definito il discorso di Netanyahu “il peggiore mai tenuto da un leader straniero al Congresso”. Netanyahu ha ringraziato sia Biden che l’ex presidente Donald Trump, senza menzionare la vicepresidente Kamala Harris, che era assente.
Proprio l’assenza di Kamala Harris ha aperto un piccolo caso: nonostante la videpresidente sia la probabile candidata dei Democratici alle presidenziali di novembre, dopo il ritiro di Joe Biden, Netanyahu ha preferito non organizzare un incontro con la stessa, decidendo invece di incontrare solo Trump e Biden – anche se pare che a quest’ultimo incontro presenzierà in maniera più marginale anche la vicepresidente.
Kamala Harris, dal canto suo, ha rifiutato di comparire al Congresso durante il discorso di Netanyahu in qualità di Presidente del Senato. Per il New York Times, questa è stata una “rottura della tradizione”.
Intanto, fuori da Capitol Hill, migliaia di manifestanti hanno chiesto il cessate il fuoco a Gaza – trattativa non menzionata nel discorso del Primo Ministro al Congresso – e l’arresto di Netanyahu. La polizia ha risposto con spray al peperoncino, arrestando cinque persone.
La visita di Netanyahu arriva in un momento molto delicato per il Primo Ministro, il cui consenso in Israele era in calo già prima dell’inizio dell’offensiva nella Striscia, al punto che anche alcune parti del Governo hanno deciso di non sostenerne più l’azione politica. Molti analisti ritengono che Netanyahu stia prolungando il conflitto per motivi politici, temendo che la cessazione delle ostilità possa spingere l’opinione pubblica a chiederne le dimissioni.