Jazz Violin Experience non è un album qualsiasi: per comprendere l’importanza di questo disco si deve pensare all’utilizzo del violino nelle orchestre classiche e nelle jazz band dall’inizio del Novecento a oggi. Il violino infatti ha contribuito ad avvicinare musica classica e jazz, un salto culturale che da alcuni decenni ha vitaminizzato i Conservatori italiani, che per troppo tempo hanno evitato di aprire la “musica colta” allo spazio-tempo moderno, esclusa l’avanguardia dodecafonica o quella elettronica di Luciano Berio.
Eppure la musica classica utilizzava scale e armonie jazz già con Igor Stravinsky (Histoire du soldat, o Ragtime per 11 strumenti del 1918) fino all’Ebony Concerto per clarinetto e jazz band del 1945. Stravinsky ammirava jazzisti come Miles Davis, Charlie Parker, Charlie Christian, Duke Ellington, ed era da loro contraccambiato. In Italia l’uomo-cerniera tra classica e jazz è stato Giorgio Gaslini, che ha seminato negli anni ’70 la musica afroamericana a Roma, creando geni dal breve volo come il sassofonista Massimo Urbani e la Folk Magic band cui partecipava, tra gli altri, anche Rodolfo “Rudi” Baroncini.
L’utilizzo del violino nel jazz si è delineato su due linee principali: da un lato i toni caldi del jazz manouche di Stéphane Grappelli e del suo alter ego Django Reinhardt; dall’altro il suono elettrificato di Jean-Luc Ponty, che ha ottenuto eccellenti risultati soprattutto nelle composizioni di Frank Zappa (riascoltate “Dupree’s Paradise”, live a Stoccolma, 1973). Restando nei dintorni di Zappa non dimentichiamo il R&B del violino di Don “Sugarcane” Harris in Directly from my heart to you (1970). Ricordiamo che nei suoi ultimi anni di vita Zappa si dedicò all’orchestrazione di opere di Edgar Varèse e Anton Webern.
Jazz Violin Experience incarna perfettamente il ponte tra classica, jazz e altre “contaminazioni” musicali. Baroncini -con Bruno Tommaso e altri- ha partecipato alla riunioni che hanno portato alla fondazione della Scuola Popolare di Musica di Testaccio a Roma, e ha insegnato “Storia della musica” e “Storia ed estetica del Jazz” al conservatorio di Adria, occupandosi anche di storia del repertorio barocco per il violino.
Il Quartetto che ha inciso l’album (etichetta Nü GO Records, 2024) è composto da Rodolfo Baroncini al violino, da Tobias Nicoletti (pianoforte), Giuliano Stacchetti (basso elettrico) e Andrea Bongiovanni (batteria).
Il gruppo ha debuttato all’Alexanderplatz Jazz Club il 27 febbraio 2024 e si è esibito nei più importanti jazz club romani. Il Cd è uscito dopo pochi mesi, sull’onda di un rapido successo.
La cifra sonora dell’album è un nuovo suono per il violino jazz. I brani sono in gran parte originali e si fondano su una sperimentazione del suono che parte dal violino, strumento monofonico, con costruzioni armoniche e ritmiche tra il piano e gli altri strumenti, cui si aggiungono gli assolo dei diversi strumenti. Mawimbi e Storie di Sempre sono arrangiamenti di Baroncini su composizioni di Lorenzo Miatto; Iris e Aogri sono di Tobias Nicoletti, la versione di Aurora è di Giuliano Stacchetti, mentre My Favorite things è un arrangiamento collettivo del brano reso famoso da Coltrane, che aggiunge un’introduzione in 5/4 che valorizza il tema in 3 successivo.
Baroncini propone note cristalline, che evitano la distorsione del violino elettrico alla Jean-Luc Ponty, ma riducono al massimo anche il vibrato classico. Il modello è il suono “pulito” della tromba di Miles Davis, una ricerca di un Sacro graal sonoro che è la magnifica ossessione di ogni costruttore di musica. Il piano di Tobias Nicoletti parte da una rilettura moderna di Bill Evans e di Erik Satie. L’impressionismo di Paul Desmond (un gigante da ristampare e rivalutare) e di Ryuchi Sakamoto emerge in Storie di sempre. Rodolfo Baroncini ha anche studiato le tecniche della musica iraniana, e ciò è un ulteriore arricchimento per un primo disco perfetto.
P.S. Portare giovani autori e musicisti del jazz italiano come il Rodolfo Baroncini quartet negli Stati Uniti è un obiettivo che proporremo all’Istituto Italiano di Cultura di New York, certi di ottenere l’appoggio di importanti aziende italiane.