Fabio Maggesi: costruire connessioni durature tra Italia e Stati Uniti con Italic-US Foundation

L’avvocato e fondatore di MEPLAW racconta la nascita di Italic-US Foundation, l’organizzazione che promuove il Made in Italy nel mondo e connette imprese, cultura e formazione tra le due sponde dell’Atlantico

Fabio Maggesi è un Avvocato, fondatore e Managing Partner dello studio legale internazionale MEPLAW, con sedi in Italia, Europa e Stati Uniti. Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Roma, Maggesi ha consolidato la propria esperienza nel diritto internazionale, nel corporate law, guidando lo studio verso una forte vocazione all’internazionalizzazione e all’assistenza legale per le imprese italiane che operano all’estero. Accanto alla carriera forense, ricopre il ruolo di Presidente del Board di ITALIC-US Foundation, organizzazione Americana dedicata alla promozione della cultura e dell’imprenditoria italiana negli Stati Uniti, favorendo relazioni economiche e culturali tra i due Paesi. Con un approccio strategico e una visione globale, Maggesi rappresenta una figura di riferimento nel dialogo tra Italia e Stati Uniti, sia sul piano giuridico che istituzionale. Lo abbiamo intervistato per IlNewyorkese.

Come nasce il suo percorso professionale?

Sono avvocato, ma non esclusivamente nell’accezione assoluta del termine. Oggi faccio il Managing partner del mio studio, MEPLAW, che nel tempo si è trasformato in una vera e propria impresa legale. L’idea da cui tutto è partito è molto semplice: creare una rete di professionisti italiani nel mondo – avvocati, commercialisti, consulenti – che potessero assistere connazionali e imprese italiane all’estero, offrendo un punto di riferimento locale con la stessa lingua e la stessa cultura. Il progetto di internazionalizzazione è iniziato intorno al 2013, quando ho cominciato a viaggiare per capire come connettere le comunità italiane nel mondo. Il primo studio fuori dall’Italia l’ho aperto a Londra nel 2016, con l’obiettivo di collegare le comunità italiane in Inghilterra con quelle in Italia. Da lì abbiamo iniziato ad aprire altre sedi: oggi siamo a Roma, Milano, Viareggio, Londra, Valencia, Lussemburgo e negli Stati Uniti.

Negli Stati Uniti avete una presenza importante. Come si struttura lì la vostra attività?

Negli USA lo studio opera principalmente su tre giurisdizioni: District of Columbia (Washington D.C.), New York e Florida. L’obiettivo è sempre stato quello di diventare lo studio legale italiano più grande al mondo, non in Italia, ma nel mondo. In ogni paese in cui apriamo – Regno Unito, Stati Uniti, Lussemburgo, Spagna – il team è composto da soli professionisti italiani di prima generazione. È una scelta identitaria: vogliamo assistere i clienti italiani che vivono all’estero offrendo loro la possibilità di affidarsi a chi parla la loro lingua e ne condivide la cultura. Le imprese italiane che si affacciano ai mercati esteri trovano in noi uno studio di fiducia, con una struttura internazionale ma con il calore e la comprensione del contesto italiano. Siamo circa 70 professionisti e riusciamo a seguire in tempo reale le esigenze degli imprenditori italiani nei vari paesi. MEPLAW, nato come studio boutique, oggi è una realtà consolidata. Negli ultimi anni abbiamo ricevuto numerosi riconoscimenti: nel 2019 sono stato premiato presso La Borsa di Milano come Avvocato dell’Anno per l’internazionalizzazione dello studio, MEPLAW è entrato nella Lista dei 100 Professionals di Forbes (nel 2022 e nel 2025) e abbiamo ricevuto diversi premi anche da Milano Finanza e da IlSole24Ore.

Dallo studio legale alla fondazione: com’è nata Italic-US (Italicus)?

La fondazione nasce come evoluzione naturale del percorso dello studio.
Dopo aver costruito per anni un network internazionale, ci siamo resi conto che spesso le aziende ci percepivano come una realtà esclusivamente commerciale, quasi troppo strutturata per essere avvicinata con semplicità. Da qui l’idea di creare una fondazione con scopo filantropico: Italic-US Foundation. L’obiettivo è quello di sostenere il Made in Italy nel mondo e aiutare le imprese italiane che vogliono internazionalizzarsi ma non sanno da dove iniziare. La fondazione è americana, non italiana ed è stata incorporata a Washington D.C. come 501(c)(3). È nata proprio per ricordare alle imprese italiane che il nostro intento non è quello di  promuovere e sostenere le eccellenze italiane, creare connessioni tra Italia e Stati Uniti e valorizzare la qualità italiana, sia nei beni che nei servizi.

Qual è la missione della Fondazione e in che modo intendete valorizzare il Made in Italy tra Italia e Stati Uniti?

Il nostro obiettivo è connettere l’Italia con l’America per valorizzare il prodotto territoriale, sia in termini di beni che di servizi. Portare in America l’Italia migliore, quella che spesso non ha visibilità nei grandi circuiti. Con Italicus vogliamo cambiare questo approccio: il nostro pubblico è americano e ogni storia che raccontiamo sarà un’occasione per far conoscere il vero Made in Italy nel mondo. Organizziamo eventi, mostre e iniziative artistiche in Italia e negli Stati Uniti, coinvolgendo artisti che spesso in America non sono ancora conosciuti.

Perché purtroppo — e per fortuna — chi vive in America da anni lo sa: il messaggio sull’Italia è ancora molto stereotipato. Stiamo raccogliendo una serie di eccellenze italiane per portarle oltreoceano, con l’obiettivo di farle conoscere e apprezzare. Il messaggio che vogliamo lanciare è chiaro: se la Fondazione parla di qualcosa, quel qualcosa è certamente un’eccellenza. Per questo abbiamo istituito comitati scientifici e stiamo ampliando il team all’interno di ogni comitato: sono loro che individuano e selezionano le eccellenze italiane da valorizzare.. Il nostro scopo è portare in America un messaggio di eccellenza autentica, di cui spesso non si parla, creando un vero fil rouge tra Italia e Stati Uniti. In Italia stiamo già organizzando eventi dedicati all’arte e alla cultura, nei quali si esibiscono artisti e personaggi di spicco del mondo culturale, con l’obiettivo di promuoverli poi negli Stati Uniti, affinché possano essere conosciuti e riconosciuti anche oltre oceano.

In che modo la fondazione interagisce con il tessuto produttivo italiano?

Coinvolgiamo attivamente associazioni, confederazioni e istituzioni italiane – da Confindustria a Federterziario – in progetti di promozione, eventi e mostre d’arte. Molte associazioni territoriali ci hanno già contattato: per esempio, Confindustria Brindisi ci ha proposto di selezionare e presentare in America le aziende più rappresentative, per promuoverne il marchio e le competenze del proprio territorio. È un modo concreto di raccontare l’Italia autentica e produttiva. Se dovessi sintetizzare in tre parole il DNA dell’Italia nel mondo direi: tradizione, arte e moda. La tradizione non è solo cibo, ma anche cultura, folklore, diversità territoriale: da nord a sud, ogni regione è un mondo a sé. E proprio questo patrimonio di differenze rende l’Italia unica. In Italia, abbiamo iniziato a organizzare eventi che uniscono diritto, arte e cultura, ospitati in location prestigiose come Palazzo Colonna a Roma insieme al Direttore Artistico Michele Crocitto, con l’obiettivo che siano direttamente  gli americani a chiederci come poter collaborare con realtà italiane del medesimo valore.

Quali sono i prossimi passi della fondazione?

Ci sono tanti progetti per il futuro, tutti accomunati dall’obiettivo di creare valore e connessioni reali tra Italia e Stati Uniti. Tra questi, uno dei più ambiziosi è quello di collaborare con enti formativi e università italiane e americane attraverso l’avvio di corsi dedicati all’internazionalizzazione d’impresa. L’idea è quella di sviluppare un programma pratico e intensivo, un percorso di alcuni giorni in cui docenti, fiscalisti, avvocati e imprenditori americani condividano la loro esperienza diretta su come si fa impresa negli Stati Uniti. Gli studenti o gli stessi imprenditori italiani tornerebbero a casa con un bagaglio operativo concreto, un vero know-how da mettere subito in pratica nel mondo del lavoro. Con questo progetto, la Fondazione punta a rafforzare il legame tra formazione e impresa, promuovendo una nuova generazione di professionisti capaci di rappresentare al meglio il Made in Italy nel mercato globale.

Immagine di Elide Vincenti

Elide Vincenti

Laureata con lode in Letteratura Comparata e Arti dello Spettacolo presso la Sapienza di Roma, ha lavorato come Project Manager presso Italy-America Chamber of Commerce Southeast di Miami. Vive a New York, dove frequenta il corso di Master in Critical Journalism e Creative Publishing presso l’Università di New York, Parsons - The New School.

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