Gli Stati Uniti lasciano l’UNESCO: il paradosso di una potenza energetica mondiale

Mentre annunciano il ritiro dall’Agenzia ONU per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, gli USA rafforzano la loro rete di alleanze nella diplomazia energetica — con l’Europa, l’Italia e un numero crescente di partner globali

Gli Stati Uniti hanno annunciato la loro uscita dall’UNESCO entro il 2026, riaprendo un capitolo che sembrava chiuso. Dopo il rientro del 2023, la decisione di abbandonare nuovamente l’Agenzia ONU per l’Educazione, la Scienza e la Cultura rappresenta un passo indietro nel multilateralismo, proprio mentre le sfide globali — dal clima all’energia, dalla tecnologia alla cultura — richiedono più cooperazione che mai. Non è solo una scelta politica: è una dichiarazione sul nuovo significato di “indipendenza”, che oggi si misura non nei confini, ma nella capacità di gestire energia, risorse e narrazioni.

Nel mondo interconnesso del XXI secolo, ogni forma di indipendenza è relativa. Eppure, nel riaffermare la propria autonomia dalle istituzioni multilaterali, gli Stati Uniti stanno investendo miliardi per guidare la transizione energetica globale. Con l’Inflation Reduction Act, approvato nell’agosto 2022, Washington ha varato il più grande programma di investimenti verdi della sua storia, destinando centinaia di miliardi di dollari per energie rinnovabili, tecnologie pulite e riduzione delle emissioni. È una strategia che ha già attratto l’interesse di partner europei e imprese globali, ma il suo futuro non è scontato: l’evoluzione politica americana potrebbe rimodularne priorità e strumenti. Resta, tuttavia, il segnale di un Paese che ha scelto di misurare la propria leadership anche nella transizione energetica — un paradosso solo apparente, se si considera che, mentre si ritira da dall’UNESCO rafforza la propria presenza internazionale attraverso la diplomazia dell’energia. È un contrasto evidente, se si pensa che l’UNESCO non è soltanto cultura, ma anche scienza, educazione e sviluppo sostenibile — ambiti in cui gli Stati Uniti continuano a esercitare influenza.

Il legame tra cultura e sostenibilità emerge chiaramente nei ventisei siti americani riconosciuti Patrimonio Mondiale dell’Umanità. L’Independence Hall di Filadelfia, luogo simbolo della libertà politica, è oggi anche un laboratorio di efficienza energetica con sistemi di riscaldamento a basso consumo e gestione intelligente delle risorse. A New York, la Statua della Libertà risplende con luci LED a ridotto impatto ambientale, mentre il nuovo Statue of Liberty Museum, inaugurato nel 2019 nell’isola di Liberty Island, è stato progettato secondo rigorosi criteri di efficienza energetica e resilienza climatica. L’edificio, con certificazione LEED Gold, utilizza pannelli solari, materiali riciclati e sistemi di ventilazione naturale: un’architettura che unisce memoria e sostenibilità, dando nuova forma al messaggio universale della libertà. Nei paesaggi del Sud-Ovest, a Mesa Verde e Chaco Culture, microreti solari e sistemi off-grid alimentano i centri visitatori, garantendo autonomia energetica in aree remote. Questi luoghi, icone della storia americana, diventano così simboli di una libertà che oggi si traduce nella capacità di innovare senza interrompere il dialogo con la natura.

L’uscita dall’UNESCO non ferma tuttavia la proiezione internazionale degli Stati Uniti. Fin dal secondo dopoguerra, la politica energetica americana agisce come una diplomazia parallela, attraverso accordi economici, tecnologici, scientifici e di sicurezza energetica con l’Europa, l’Italia e numerosi partner nel mondo. È una forma di influenza che non passa soltanto dai simboli culturali, ma dai flussi di energia, dagli investimenti e dalle infrastrutture che li sostengono. Nel mondo contemporaneo, energia e cultura sono due linguaggi del potere: entrambi costruiscono legami, modellano percezioni e definiscono le regole di un ordine globale che cambia. In un tempo in cui energia e clima ridisegnano le relazioni tra Stati, il nuovo ritiro americano dall’UNESCO riapre una frattura mai del tutto sanata nel sistema multilaterale. I grandi paesaggi patrimonio inalienabile dell’umanità — dal Yellowstone National Park al Grand Canyon, dalle architetture di Frank Lloyd Wright al Hawaii Volcanoes National Park — raccontano un Paese che continua a cercare un equilibrio tra leadership energetica e responsabilità globale, tra il desiderio di guidare e la necessità di restare parte di una comunità internazionale.
La sfida, per tutti, sarà ritrovare — oltre i confini — una nuova grammatica della cooperazione.

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