Decaffeinato? A Palermo, il doppio corretto è un manifesto di vita

In un bar siciliano, un vecchio leone sfida la routine con un ordine leggendario: tra grappa, espresso e dignità, nasce un istante di epica quotidiana… il decaffeinato!

Nel cuore di una mattina qualsiasi, tra i vapori di un bar affollato di impiegati in pausa, un anziano cliente trasforma un semplice caffè in un gesto di ribellione, identità e orgoglio. A Palermo, dove ogni tazzina racconta una storia, un “no” al decaffeinato diventa un atto di resistenza esistenziale. Il racconto di un episodio memorabile che ribalta le convenzioni, scuote la folla e ci ricorda che l’età è solo un dettaglio — almeno finché si tiene il polso fermo e la grappa doppia.

A proposito del decaffeinato, va citato un episodio di cui fui testimone in un bar a Palermo, quando non potei evitare di riflettere su quanto poco basti per convincere una folla di astanti. Saranno state le 10.30 del mattino, tradizionale orario della prima pausa dall’ufficio.  Il bar era pieno con almeno due file di clienti che attendevano ordini fatti. Entrò un signore anziano, ad occhio sull’ottantina, che si avvicinò lentamente al bancone con l’aiuto di un bastone da passeggio. Gentilmente, i clienti più giovani gli fecero spazio. Quando raggiunse il bancone, forse per rispetto alla sua età, il barista gli chiese quello che riteneva scontato: “Decaffeinato?”

“No, doppio corretto!”, rispose deciso il vecchio, con aria quasi indignata.

Udito quell’ordine i clienti presenti si ammutolirono. Come è d’uso in Italia, nel caso di un “doppio corretto” il barista prepara due tazzine di espresso, le versa in una tazza da cappuccino e avvicina alla tazza la bottiglia di grappa. Il vecchio fece segno con la mano di raddoppiare anche la dose del distillato. A quel punto, l’attenzione del pubblico divenne assoluta, non fosse altro che per vedere come questo individuo potesse reggere una tale iniezione di caffeina e alcool. Imperterrito, l’uomo prese la tazza, la accostò alle labbra e la ne mandò giù il contenuto fumante in un unico sorso. Quindi, dopo una compiaciuta smorfia di apprezzamento, pagò, si girò e si diresse verso la porta.

“Scusi, signore…”, gli fece il barista, stupito come tutti i presenti.

“Cosa c’è, ho dimenticato lì le chiavi?”, chiese il vecchio.

“No, mi scusi se mi permetto, ma ho una curiosità: ma lei, quanti anni ha?”

“Novantotto!”, rispose orgogliosamente l’uomo, proseguendo il suo lento cammino verso l’uscita.

Un silenzio totale scese sul bar, dove si affollavano almeno una ventina di clienti in attesa.

“Signori, e i vostri ordini?”, li sollecitò il barista.

“DOPPIO CORRETTO!”, si udì in coro.

Immagine di Giancarlo Pirrone

Giancarlo Pirrone

Giancarlo Pirrone, nato a Palermo e residente ad Atlanta dal 1989, è architetto e imprenditore nel settore dello sviluppo immobiliare e della ristorazione. Ex docente al Georgia Tech e già borsista Fulbright alla Columbia University, ha insegnato anche a Harvard e Bocconi. È fondatore di Ansley Partners & Investors e del ristorante Varuni-Napoli, tra i più apprezzati di Atlanta. Appassionato di arte moderna, jazzista e collezionista, è presidente del club culturale italiano Ciancia e promotore dell’Atlanta Italian Film Festival.

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