Denise Faro: dalle opere di Cocciante ai palchi internazionali

Musica, teatro e TV – il viaggio di un’artista che ha trasformato i sogni in realtà

Denise Faro è la dimostrazione vivente che talento, determinazione e autenticità possono portare lontano. Dalle prime esperienze nelle Opere Popolari di Riccardo Cocciante ai set televisivi italiani, fino ai palchi di Sanremo, del Festival di Viña del Mar e ai teatri internazionali, Denise ha costruito una carriera che unisce canto, recitazione e danza. Oggi, da Los Angeles, continua a ispirare il suo pubblico con musica sincera e storie che parlano di libertà, resilienza e passione.

Denise, com’è nata la tua passione per la musica e per la recitazione? Quali ricordi hai delle Opere Popolari di Riccardo Cocciante e cosa ti hanno insegnato artisticamente? Fin dagli inizi, canto e recitazione hanno camminato insieme nella tua vita: come si è intrecciato questo doppio amore? 

La musica mi ha sempre spinta e accompagnata, fin da quando ero bambina. Ero molto timida e la musica era il mio “posto sicuro”, il luogo in cui potevo viaggiare senza paura. Per questo non l’ho mai abbandonata. Come diceva sempre mia nonna: “senza musica non c’è vita”. La recitazione invece è arrivata quasi per gioco. Nella vita di tutti i giorni ero quella che si vergognava persino a ordinare una pizza al telefono, ma appena avevo un copione in mano e le luci puntate addosso diventavo un’altra persona. Quel “gioco” è cresciuto con me e, un passo alla volta, si è trasformato in una vera carriera. Giulietta e Romeo di Riccardo Cocciante ha rappresentato una tappa fondamentale. Mi ha insegnato disciplina, a lottare per i miei sogni e a non permettere a nessuno di decidere cosa posso o non posso fare. Ti svelo un segreto: per poco non sono entrata in quel cast. La produzione italiana non mi voleva, fu la produzione francese a credere in me. In quel momento ho capito che non era il mio valore a cambiare, ma semplicemente il fatto di trovarmi nel posto giusto al momento giusto. Canto e recitazione sono diventati i due binari su cui scorre tutta la mia vita artistica. Non li ho mai sentiti separati: quando canto sto interpretando delle emozioni, e quando recito sento che c’è sempre una musica che accompagna le mie parole. Certo, se dovessi vedermi costretta a scegliere tra i due non avrei dubbi: la musica rimarrà sempre il mio primo grande amore. 

Sei stata protagonista di serie TV italiane molto seguite: quali ruoli ti sono rimasti nel cuore? Come cambia l’approccio quando reciti davanti a una telecamera rispetto a quando sei su un palco teatrale? Nei musical hai unito canto, danza e recitazione: qual è stato il più impegnativo e perché? C’è un ruolo teatrale o televisivo che sogni ancora di interpretare? 

Tra i ruoli televisivi più significativi c’è Giulia in Benvenuti a tavola – Nord vs Sud (prima e seconda stagione), una sitcom di Mediaset che mi ha permesso di confrontarmi con una scrittura vivace e divertente, oltre a darmi grande visibilità sul piccolo schermo. È stata anche l’occasione per lavorare accanto ad attori di grande esperienza, e questo per me è stato un vero insegnamento. Anche la mia prima apparizione in Un medico in famiglia nel 2004 resta un ricordo dolcissimo, perché rappresenta il mio debutto televisivo: un piccolo ruolo per una bambina che fino al giorno prima guardava quella serie dalla sua cameretta. Un’esperienza semplice, ma che ha segnato l’inizio di un sogno. La televisione richiede una cura dei dettagli estremamente precisa: un sospiro, uno sguardo, tutto viene catturato. Sul palco, invece, devi “abbracciare” l’intera platea con il gesto, la voce e l’energia. È un po’ come passare dal sussurrare un segreto all’orecchio di qualcuno al gridarlo in mezzo a una piazza: l’emozione è la stessa, ma il modo di comunicarla cambia. Entrambi i linguaggi però mi hanno insegnato a dosare e regalare emozioni in maniera autentica. Tutti i ruoli che ho interpretato sono stati bellissimi e impegnativi, ma forse il più intenso è stato High School Musical. Lo volevo con tutto il mio cuore e ci abbiamo dovuto lavorare in tempi record: meno di un mese di preparazione. Dopo appena una settimana di prove eravamo già sul palco di Sanremo a presentarlo. Io non conoscevo ancora nemmeno i nomi di tutti i miei compagni, ma eravamo lì, davanti all’Italia intera. A volerci in quel contesto fu il caro Pippo Baudo, e per me fu la realizzazione di un sogno: salire sul palco dell’Ariston proprio quando a condurre era lui. Un’emozione che porterò sempre con me. Un progetto che continuo a desiderare è un film musicale internazionale, dove possa unire recitazione, canto e danza in un contesto cinematografico. Sarebbe un po’ come chiudere un cerchio: il sogno del palcoscenico che si trasforma in un sogno sul grande schermo. 

Dopo l’Italia, sei approdata negli Stati Uniti e in Sud America: cosa ti ha spinto a fare questo salto? Quali differenze hai notato tra il mondo dello spettacolo italiano e quello oltreoceano? C’è un’esperienza internazionale che ti ha cambiata profondamente, sia come artista che come persona? 

Il mio trasferimento oltreoceano non è stato una scelta programmata, ma un incontro fortuito con il destino. Ero in Spagna con il cast italiano de Il mondo di Patty (Patito Feo): avrebbero dovuto portare solo chi parlava spagnolo, e io non lo parlavo affatto… ma in quel caso ho sfoggiato tutte le mie doti attoriali hehehe, ho mentito spudoratamente, ho imparato a memoria il copione e sono partita lo stesso. Proprio durante uno di quegli show nei palazzetti e stadi spagnoli sono stata notata da un talent scout, che mi propose un provino. Non avevo capito che si trattasse del Messico, finché non mi sono ritrovata con un biglietto aereo di sola andata Roma–Città del Messico per il casting finale di “La Academia.” Quel momento lo considero l’inizio della mia vera vita. Rispetto all’Italia, all’estero ho trovato un mondo più aperto, meno incline a incasellarti. In America Latina in particolare ho incontrato un pubblico unico: ti segue se sei autentico, anche se non parli perfettamente la lingua. È un pubblico che premia la passione e la sincerità, che ti stima e ti rispetta. Non cerca il tuo difetto, ma celebra insieme a te i tuoi pregi. Tra tutte le esperienze internazionali, il Festival di Viña del Mar in Cile è stata quella che più mi ha cambiata. È l’equivalente del nostro Eurovision e fino agli anni ’80 era gemellato con il Festival di Sanremo. Salire su quel palco davanti a migliaia di persone e a milioni di spettatori in televisione è stato un vero battesimo artistico: lì ho capito che la musica è davvero un linguaggio universale e che va celebrata in ogni istante. Non c’è spazio per invidie o preoccupazioni inutili: you need to enjoy it. 

I talent show ti hanno dato grande visibilità: qual è stata la sfida più grande in quel contesto? Cosa ti ha insegnato affrontare un pubblico televisivo così vasto? 

“La Academia” mi ha dato una grande visibilità, ma la sfida più grande è stata restare me stessa. Arrivare in un format del genere, in un Paese che non conosci, con una cultura completamente nuova e senza parlare la lingua, non è stata certo una passeggiata. Ma a me le sfide sono sempre piaciute. Ho imparato ad ascoltare il mio istinto, ad “alzare la testa” e a rispettare gli altri senza pregiudizi. Il Messico si è trasformato in una seconda casa, un posto che mi fa bene anche solo a pensarci e che, in tanti modi, ha guarito le mie ferite più profonde. 

Perché hai scelto Los Angeles come tua base? Com’è la tua routine tra set, sala di registrazione e vita privata? Quanto la città e la sua energia hanno influenzato la tua creatività? 

Può sembrare strano, ma ho sempre saputo che un giorno sarei arrivata a vivere a Los Angeles. Credo di averlo “deciso” intorno ai dieci anni: non c’era una ragione precisa, semplicemente sentivo che quella città, prima o poi, sarebbe diventata casa mia. Quando finalmente ci sono arrivata non sapevo se sarei riuscita a rimanere. Sono approdata sul divano di un amico di un amico, con solo duemila dollari in banca e tanta voglia di provarci. Ma questa città è davvero speciale: ovunque ti giri c’è qualcuno che sta inseguendo un sogno, e questa energia è contagiosa. Così mi sono rimboccata le maniche e ho fatto quello che so fare meglio: lottare per ciò che mi rende felice. Los Angeles mi ha insegnato a credere di più in me stessa, a trasformare i limiti in punti di forza e a lasciarmi ispirare dalle persone e dalle culture che la popolano Non ho una vera routine, perché la vita artistica è tutto fuorché prevedibile. Ci sono settimane intere che passo in studio o su un set, e poi giorni in cui rimango semplicemente a guardare il mare. Ho bisogno di questi momenti di solitudine per ritrovare me stessa e per tirare fuori emozioni vere, come quando scrivo una canzone. A volte vado persino all’aeroporto solo per osservare le persone partire: nelle loro espressioni e nei loro abbracci ci sono storie infinite, e quella è la mia più grande fonte di ispirazione. La verità è che la vita stessa è la mia routine, con i suoi alti e bassi, e non la cambierei per nulla al mondo. 

Come è nata la tua amicizia con Vasco Rossi? Che tipo di scambi artistici avete avuto e cosa ti ha trasmesso umanamente? 

La mia amicizia con Vasco Rossi è nata in modo naturale, quasi inaspettato. Non capita tutti i giorni di incontrare un artista che hai sempre ammirato e di ritrovarti poi a condividere con lui la musica. Con Vasco ho avuto la fortuna di vivere scambi artistici preziosi. Ricordo ancora quando mi ha detto: “ho scritto una canzone, una canzone per te”. In quel momento ho capito quanto fosse speciale quel legame: non era solo un dono musicale, ma un gesto profondamente umano. Quello che mi ha colpito di più di lui è la sua autenticità. Vasco è un gigante della musica italiana, eppure con me è sempre stato diretto, vero, senza filtri. Mi ha insegnato che la passione vera non invecchia mai, che non bisogna avere paura di restare se stessi e che la musica, se è sincera, arriva sempre al cuore delle persone. 

Libera è un brano che sembra raccontare una parte molto personale della tua storia: qual è il messaggio che vuoi trasmettere? Come stai preparando il tour italiano e cosa possono aspettarsi i tuoi fan? Ci saranno momenti teatrali o scenografici che richiamano le tue esperienze nei musical? 

“Libera e se mi va” è un brano speciale, perché nasce da una sensibilità che Vasco ha saputo cogliere perfettamente. È riuscito a capire quanto per me sia importante essere se stessi e quanto il potere di prendere le proprie decisioni rappresenti, in fondo, la libertà più grande. Per questo motivo, ogni volta che canto “Libera e se mi va”, non è solo una canzone: è una dichiarazione di indipendenza, un messaggio che porto a chi mi ascolta. Adesso sto preparando un tour internazionale, forse il primo in cui il limite sarà soltanto l’immaginazione. Lo vedo come un viaggio: quel viaggio che è iniziato nei teatri italiani, che è continuato in giro per il mondo e che oggi si trasforma in uno spettacolo senza confini. Sarà la giusta combinazione tra semplicità e unicità, proprio come la vita di chi chiama “casa” tanti posti diversi. Vorrei che chi viene ai miei concerti possa vivere la sensazione di attraversare insieme a me tutti quei luoghi, quelle emozioni e quelle storie che mi hanno resa l’artista che sono oggi.Ci saranno tante sorprese, ma per scoprirle dovrete venire a vedermi. 

Dove ti vedi artisticamente nei prossimi cinque anni? C’è un sogno, magari cinematografico o teatrale, che vuoi ancora realizzare? Che consiglio daresti a un giovane artista che sogna di unire musica, teatro e TV? 

Nei prossimi cinque anni mi vedo ancora in viaggio con la mia musica, su palchi sempre diversi ma con la stessa emozione di quando ho iniziato. Mi piacerebbe portare la mia arte in progetti internazionali e in luoghi ancora “sconosciuti”. E se devo confessare un sogno nel cassetto… sarebbe quello di cantare in un duetto con Rosé delle Blackpink. La sua voce e la sua sensibilità mi ispirano tantissimo e credo che insieme potremmo creare qualcosa di davvero speciale. Ai giovani artisti che sognano di unire musica, teatro e TV direi una cosa semplice: coltivate la vostra unicità. Non abbiate paura di sbagliare, perché gli errori fanno parte del cammino. Circondatevi di persone che credono in voi e soprattutto non dimenticate mai perché avete iniziato: la passione è l’unica vera bussola che vi guiderà sempre, anche nei momenti più difficili. 

Immagine di Veronica Maffei

Veronica Maffei

Veronica Maffei, giornalista italiana a Los Angeles, racconta la West Coast attraverso cultura, lifestyle, tech e sport. Specializzata nel valorizzare le eccellenze italiane in America, collabora con Mediaset, RAI Cinema, Radio 24 e Italpress. Con passione e professionalità, intreccia storie che uniscono due mondi, portando il meglio dell’Italia negli USA e viceversa.

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