Stefano Luciani: visione italiana, sfide americane

Il racconto del Vice President Americas dello storico brand Bisazza tra artigianato, strategia e innovazione

Stefano Luciani è il Vice President Americas di Bisazza, storica azienda familiare italiana riconosciuta a livello internazionale per l’eccellenza nel mosaico di vetro e nell’interior design. Dopo una carriera che lo ha portato tra Europa, Asia e Medio Oriente, oggi vive a New York, dove guida l’espansione strategica del brand in tutto il continente Americano, con un focus particolare sugli Stati Uniti. L’esperienza internazionale mi ha insegnato che guidare un team significa creare le condizioni per far emergere competenze diverse, mantenendo sempre chiari gli obiettivi strategici. Il mio compito è coniugare la visione del brand con le esigenze di un mercato complesso come quello americano. Ogni decisione richiede un equilibrio tra identità aziendale e capacità di adattamento.

Il suo lavoro si muove tra visione imprenditoriale, artigianato di alta gamma e continua innovazione.

Il tuo percorso è partito da Viterbo, ha attraversato Dubai e ora ti porta a New York. Qual è stato il filo conduttore?

Il mio percorso è stato guidato da una costante apertura verso il contesto internazionale e da un interesse per il dialogo tra culture. Dopo la laurea in Lingue e civiltà orientali, e un master in comunicazione e mediazione culturale, ho sviluppato le competenze linguistiche e relazionali che ancora oggi considero fondamentali nel mio lavoro. Il passaggio al settore del design è avvenuto quasi per caso, ma è stato determinante: la mia prima esperienza con la Valli&Valli, storica azienda italiana di maniglie di design, mi ha portato a seguire i mercati esteri, con incarichi che mi hanno condotto prima in Asia, poi in Medio Oriente. A Dubai ho vissuto anni di forte crescita professionale, in un contesto competitivo e dinamico, dove ho imparato a leggere le diverse sensibilità del design in relazione alle specificità culturali dei clienti. Dal 2017 sono arrivato a New York, dove ho prima coordinato lo sviluppo del brand Valli&Valli e di recente quello di Bisazza per il mercato americano, con l’obiettivo di valorizzare l’identità del brand in un ambiente altamente esigente e in continua evoluzione.

Bisazza è uno dei nomi storici del design italiano. In che modo è nato il tuo incontro con l’azienda?

Dopo la conclusione del mio precedente progetto lavorativo, a cui avevo dedicato molto impegno, desideravo proseguire in un settore affine del design italiano, capace di coniugare una solida base industriale con una visione autenticamente internazionale. È stato proprio in quel momento che ho iniziato il dialogo con Bisazza, grazie all’introduzione del lungimirante direttore commerciale Marco Meli. L’azienda stava cercando una figura capace di interpretare il mercato americano con uno sguardo strategico, ma anche sensibile alla dimensione culturale del brand storico guidato dal Presidente Piero Bisazza e dalla sua famiglia. Il mosaico, in sé, non faceva parte del mio background, ma ciò che mi ha colpito è stato il valore che l’azienda attribuisce a ogni progetto: non si tratta di semplice decorazione o rivestimento, ma di una forma di espressione che tiene insieme il saper fare artigianale, la ricerca stilistica e la visione contemporanea. Ho riconosciuto una forte coerenza tra il mio approccio professionale, maturato fino a quel momento, e la direzione che l’azienda intendeva intraprendere con l’arrivo di un nuovo Amministratore Delegato e di un nuovo Direttore Commerciale. Da lì è nato un percorso di collaborazione davvero stimolante.

New York è una città spesso imprevedibile. Qual è la sfida più significativa che hai affrontato durante il tuo percorso negli Stati Uniti?

La sfida più grande, per me, è stata trovare un nuovo equilibrio. Quando sono arrivato a New York da Dubai, ho subito notato che tutto era accelerato: le dinamiche di lavoro, il modo in cui si costruiscono le relazioni, perfino il tempo libero. È stato un passaggio importante anche sul piano personale: mi ha spinto a fare leva sia sulle mie competenze professionali che sulle esperienze internazionali vissute in passato, grazie anche al supporto di figure di riferimento incontrate a New York, tra cui Bennett, Silvana e Andy, che sono stati per me dei veri mentori nel corso degli anni.
È un mercato in cui l’efficienza è un valore assoluto. Ma lavorare con materiali come il mosaico richiede cura, precisione e tempo. Ogni progetto nasce da una filiera fatta di competenze manuali, sensibilità estetica e attenzione al dettaglio. Comunicare questo valore aggiunto, in un contesto abituato alla velocità, è una sfida culturale prima ancora che commerciale. Richiede la capacità di costruire fiducia, di educare all’unicità del nostro approccio senza risultare rigidi o distanti.
Il mio ruolo, in questo senso, è quello di mediare tra due visioni del tempo e del lavoro: mantenere l’identità italiana e storica sapendo però adattarla a un ecosistema estremamente competitivo e in continua evoluzione come quello americano.

Qual è la tua visione del design oggi, anche alla luce delle numerose collaborazioni con designer e artisti internazionali?

Per i clienti degli Stati Uniti, quando si parla di mosaico, spesso si pensa alle piscine, o alle rifiniture di determinati ambienti come bagni o saune, e in effetti gran parte della nostra attività è in quel segmento. Bisazza è molto di più. È un modo di raccontare lo spazio. Lavoriamo con boutique, hotel, studi di architettura, e designer. In Europa, il mosaico è già riconosciuto come elemento d’arte applicata, negli Stati Uniti, invece, c’è ancora strada da fare per farlo conoscere in questa veste. Ma la risposta è molto positiva, soprattutto quando riusciamo a mostrare la varietà di linguaggi che questo materiale può esprimere: dal classico, al contemporaneo, fino a progetti d’artista. Il nostro punto di partenza è un saper fare artigianale che affonda le radici in quasi settant’anni di esperienza. Ma ciò che ci distingue è la capacità di reinterpretare questo patrimonio in chiave contemporanea, attraverso la ricerca estetica e il dialogo con il mondo del design e dell’arte. Le collaborazioni con designer e artisti come Alessandro Mendini, Ettore Sottsass, Marcel Wanders o Daniel Arsham sono parte integrante di questa visione: non si tratta solo di firmare una collezione o una decorazione, ma di costruire insieme un linguaggio visivo, di dare forma a superfici che raccontano una storia. Il nostro mosaico non è mai solo un rivestimento decorativo: è un’espressione di identità, un progetto che unisce materia, tecnica e immaginazione. Lavorare con creativi di questo calibro significa, ogni volta, mettersi in ascolto e trasformare idee complesse in qualcosa di concreto, senza mai perdere l’anima del brand.

Che cosa ti motiva oggi nel tuo lavoro e quale direzione immagini, sia per il tuo percorso personale che per l’evoluzione del brand negli Stati Uniti?

Ciò che mi motiva oggi è la possibilità di costruire connessioni reali, tra mondi, culture e competenze diverse. Il mio lavoro sta tutto lì: creare un ponte tra la tradizione italiana e le esigenze di un mercato come quello americano, estremamente dinamico e orientato al risultato.  La direzione su cui sto lavorando, sia a livello personale che professionale, è quella di rendere sempre più solido questo dialogo. Accompagniamo i progetti dall’inizio alla fine: collaboriamo con architetti, interior designer, studi creativi, ma anche con clienti privati che cercano soluzioni su misura. Ogni interlocutore ha aspettative diverse, e il nostro compito è trovare un linguaggio comune. In questo senso, il nuovo showroom di New York non è solo uno spazio espositivo: è un luogo di confronto, un punto d’incontro per il network creativo della città. Mi piacerebbe che continuasse a evolversi in questa direzione come piattaforma viva, capace di ascoltare le trasformazioni del mercato.

Immagine di Elide Vincenti

Elide Vincenti

Laureata con lode in Letteratura Comparata e Arti dello Spettacolo presso la Sapienza di Roma, ha lavorato come Project Manager presso Italy-America Chamber of Commerce Southeast di Miami. Vive a New York, dove frequenta il corso di Master in Critical Journalism e Creative Publishing presso l’Università di New York, Parsons - The New School.

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